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Un episodio di transfobia che lancia un allarme

Un altro episodio di violenza giovanile a pochi giorni dalla tragedia di Willy Monteiro a Colleferro. Violenza che sfocia nell’omicidio. Questa volta si tratta addirittura di un fratricidio.

di Gabriella De Rosa

(Foto di https://www.facebook.com/arcigaynapoli)

Una ragazza di 20 anni, Maria Paola Gaglione, è stata speronata e uccisa ad Acerra, nella periferia di Napoli. A farla cadere fatalmente dal motorino sulla strada per Caivano è stato il fratello, che “voleva darle una lezione perché infetta”. Il ragazzo di 30 anni non accettava la sua relazione con il compagno transgender. La famiglia aveva osteggiato questa relazione sin dal principio, ma questo rifiuto si è tramutato da un episodio di transfobia in un drammatico fratricidio.

La Procura di Nola ha arrestato il fratello Michele con l’accusa di omicidio preterintenzionale. Questi ha dichiarato che non voleva ammazzare sua sorella, ma semplicemente “darle una lezione”. Un’assurda giustificazione che lascia ancor più a bocca aperta. L’accusato si è trovato quasi “costretto” a compiere questo tremendo gesto data la forza del legame della coppia, che l’aveva portata alla decisione di andare a convivere fuori città. Una fuga e un desiderio di libertà di vivere il loro amore e la loro relazione che non si avvererà mai.

Il ragazzo, ferito ma vivo, era nato di sesso femminile, ma stava compiendo il suo percorso di affermazione di genere per diventare finalmente ciò che si sentiva dentro: un uomo. Una storia negata, una felicità negata che suscita la rabbia della madre del ragazzo e della presidente di Antinoo Arci Gay Napoli, Daniela Falanga che chiede giustizia. “Non si potranno abbassare sipari di omertà. Troppo spesso i compagni e le compagne delle persone trans diventano prede della transfobia, subendo offese e umiliazioni”.

Un gesto atroce e sconvolgente che racchiude sentimenti di odio, che dovranno essere puniti. Parole di condanna arrivano anche dai politici, come dalla vicepresidente della Camera Mara Carfagna, che lo descrive come “un insieme di misoginia, transfobia e omofobia, sentimenti ignobili che vanno combattuti con fermezza e sradicati con l’educazione.” E di educazione si parla, educare alla libertà di scelta, all’apertura mentale per vivere la propria vita, il proprio amore e le proprie relazioni come si vuole.

Nello sterile massacro compiuto dai bulli nei confronti di Willy, un puerile atto di violenza inaudita e ingiustificata, per gli inquirenti era escluso il fattore razzismo. Oggi siamo evidentemente davanti a un episodio mosso dall’odio e dalla mancanza di accettazione dell’altro e delle diversità.

Un femminicidio, un fratricidio dovuto all’intolleranza. La coppia aveva subito minacce da tempo; purtroppo casi di intolleranza, mancanza di accettazione e di comprensione di relazioni omosessuali o con persone transgender sono all’ordine del giorno. E i media che dovrebbero promuovere una svolta culturale cadono spesso in una comunicazione vergognosa: un esempio è il servizio del Tg1 – servizio di informazione nazionale – che chiama il ragazzo trans “Cira”.

Sono comparsi in rete commenti pieni di rabbia e vergogna, come la giusta reazione della Falanga: “Intanto si consuma un dramma terribile, nella peggiore negazione e Ciro in questa violenza inaudita subisce pure la condanna dell’ignoranza di pseudo giornalisti e l’omertà della stampa. […] Se vogliamo capire cosa vuol significare che bisogna avere una legge contro l’omolesbobitransfobia, questo è uno dei casi più espliciti. Qui c’è un omicida, c’è la violenza di genere, c’è la negazione da parte di una stampa che non sa definire fatti e persone e l’Italia da cambiare”.

Il colpevole di questo omicidio non è solo il fratello che l’ha compiuto, ma anche la famiglia che osteggiava la relazione, che minacciava e maltrattava continuamente Maria Paola, insieme a tutti coloro che si comportano allo stesso modo e vanno fermati.

La normalità parte dall’accettazione della diversità, la tolleranza parte dalla convivenza di moltitudini, il cambiamento parte dall’apertura del pensiero e il pensiero forma la cultura e a sua volta è formato dalla lingua che parliamo tutti i giorni e che forgia la nostra società. Parole di odio e appellativi errati creano una società dell’ignoranza. L’informazione pubblica deve impegnarsi a promuovere una cultura fondata sui diritti e le libertà umane. Ormai i tempi sono più che maturi.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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