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Un Rambo chiamato Osama – Quando la realtà supera la fantasia

Il vostro cronista chiede innanzitutto scusa al lettore per il parlargli ancora del “principe del terrore” malgrado la scorpacciata che i media gli hanno già fatto fare sull’argomento. Non riesce proprio a trattenersi perché la propria lettura degli avvenimenti non l’ha già trovata in giro. Questa lettura gli deriva da una sua vecchia diretta conoscenza sia del mondo arabo sia di quello americano, dovuta ad una lunga permanenza per lavoro in un Paese che è un autentico mix di mondo arabo e di mondo statunitense, ossia l’Arabia Saudita.

Cominciamo dal film di Ted Kotcheff, cui Rambo, un ex militare particolarmente addestrato alla guerriglia dalle Forze Armate dello Zio Sam, riesce da solo a mettere a ferro e fuoco un sonnecchioso paesino dell’interno degli Stati Uniti.

In genere è nel sogno del cinematografo che le vicende assumono dimensioni eccezionali. Nel caso nostro, invece, è andata esattamente al contrario: l’undici settembre, al posto dell’anonimo paesino rurale, ad essere messa a ferro e fuoco dall’ex militare addestrato alla guerriglia è stata la Grande Mela, New York City. Perché Osama ibn Laden era proprio un frutto della macchina bellica statunitense fuori controllo, una involontaria creazione di quei pasticcioni di Washington che volevano contrapporsi all’Armata Rossa impegnata nella conquista dell’Afganistan.

Ma chi era realmente Osama bin Laden?

Era figlio di uno yemenita, divenuto potente alla corte wahabita dei Saud, e di madre siriana. Insomma era il figlio di un self made man; per di più di un self made man originario del solo regime repubblicano della penisola arabica, lo Yemen, un Paese povero e popoloso.

La cosa potrebbe apparire abbastanza anomala. Nell’Arabia Saudita lavorano persone che provengono da tutte le parti del mondo. Gli americani, quelli che vivono nel compound dell’ARAMCO- Arabian American Oil Company di Dhahran e che pensano a succhiare l’oro nero dalle viscere della terra, sono i più ricercati ed i più pagati; poi vengono gli europei come noi; poi i palestinesi; poi i filippini, gli indiani ed i pakistani; solo dopo gli yemeniti, spesso bassa forza nei cantieri edili. Però il mondo arabo non è un mondo statico come quello occidentale: lo stesso Profeta era un semplice membro di un clan di mercanti alquanto facilitato dal matrimonio con una ricca e colta vedova. Gli arabi sono commercianti ed accettano in toto la selezione della legge del mercato.

Così il figlio del ricco yemenita ha potuto frequentare l’università di Gedda e prendervi due lauree. E’ passato quindi ad occuparsi di politica, o meglio di guerriglia a fianco dei Mujahiddin afgani in lotta contro i russi ed alleati degli americani. Ecco perché Osama è stata una creazione involontaria proprio dello Zio Sam. Ma le cose, nel tempo, hanno preso un piega diversa, sino alla completa rottura di Osama con la monarchia saudita e con l’alleato a stelle e strisce ; sino allo scontro armato che ne ha fatto il “principe del terrore”.

Lunghi anni di lotta armata, di attentati, di proclami alle televisioni arabe; con gli Stati Uniti in guerra, guerra vera, non contro l’Islam ma contro Al Qaida. Dieci anni. Sono veramente tanti, se pensiamo che la seconda guerra mondiale ne è durata sei. Oggi l’epilogo proprio mentre la rivoluzione per i diritti umani infiamma tutto il mondo arabo, proprio mentre dai forzieri dell’Occidente escono fuori gli immensi tesori dei vecchi principi dell’assolutismo arabo, tutto denaro negato allo sviluppo delle popolazioni arabe. E’ una coincidenza? Il vostro cronista, diventato di suo un poco levantino, non crede a questo tipo di coincidenze. Osama si è ritrovato dapprima negli stessi panni dei reduci dal Vietnam quando la guerra era finita e di loro lo Zio Sam non aveva più bisogno; dopo dieci anni la stessa cosa gli è successa con gli arabi e con l’Islam, che stanno facendo la loro brava rivoluzione. E’ rimasto indifeso ed inutile per tutti; proprio come Rambo. Solo che non era nella finzione del cinematografo. 

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