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Tutti i dati dell’immigrazione in Italia

Il tema dell’immigrazione è un argomento irrimediabilmente fluido: ci parla di fughe, di esodi e di spostamenti di persone e popoli fuori e dentro i confini degli Stati del mondo. A ciò si aggiunga che troppo spesso il flusso migratorio internazionale si svolge al di fuori di ogni regola del diritto, da quelle degli Stati a quelle dell’Uomo, e per questo pretendere dati sicuri e soprattutto “definitivi” in merito alle masse immigrate, seppure solo all’interno del nostro Paese, è non solo improbabile ma addirittura espressione di una ipocrita velleità.

Tuttavia l’azione dei governi per arginare e tenere sotto controllo il fenomeno, porta ad avere dei dati relativi all’ingresso, al trattamento e al destino degli immigrati che illegalmente cercano dai propri Paesi di origine un varco che seppure di primo acchito si apre verso l’Italia mira in realtà alla ricca Europa, o in generale a quell’idea di “occidente sviluppato” che molto spesso, in via sempre più fallace, viene percepito dalle popolazioni più povere disposte lungo i confini dell’Unione.

Ecco in primo piano la mappa interattiva che ci mostra i Paesi di origine degli oltre 10.000 immigrati entrati all’interno delle nostre frontiere nel 2009:


via chartsbin.com

Non è difficile evincere, come del resto sappiamo da tempo, che è il nord dell’Africa ad essere il protagonista assoluto del flusso di persone in entrata nei nostri confini. Tuttavia, grazie all’aiuto delle mappe che seguono e che visualizzano l’Indice di Sviluppo Umano (HDI, per una breve spiegazione da wikipedia) ed il tasso di crescita della popolazione dei primi 12 Paesi “immigranti” in Italia, è possibile argomentare “in controluce” il peso del fattore prettamente geografico all’interno delle considerazioni e degli intimi travagli che possono portare decine di migliaia di persone a lasciare il proprio luogo di origine per cercare nuove vite altrove; considerazioni che ad un approccio superficiale restano nascoste, incomprese e ingiustamente sottovalutate.

L’Italia secondo i dati del UNDP aggiornati al 2011, si situa al 24esimo posto nella graduatoria mondiale con un HDI dello 0,84; mentre la crescita annua della popolazione italiana secondo i dati di CIA World Factbook si attesta intorno allo 0,38%. Quali sono i relativi livelli dei Paesi da cui proviene la maggior parte dei “nostri stranieri”:

Questa la mappa del HDI:


via chartsbin.com

Questa invece, quella dei tassi di crescita della popolazione:


via chartsbin.com

Quello che è possibile evincere dall’incrocio dei dati è che non ci sono differenze estreme fra gli HDI dei tre Paesi da cui in assoluto si emigra di più verso il nostro Paese, e che sono Marocco Algeria e Tunisia, e l’Italia. Certo è inutile nascondere le grandissime differenze macro-economiche che costituiscono quel decimale di differenza fra “noi” e “loro”, tuttavia sarebbe altrettanto sbagliato continuare a pensare agli immigranti come individui che vengono per rubare la nostra ricchezza, i nostri lavori, i nostri salari. I dati stanno qui a dirci che non è l’Eldorado economico quello che cerca in primo luogo l’emigrante tipo.

Allo stesso modo i tassi di crescita annua della popolazione ci mostrano come i tre Paesi sopra citati non vivono di certo una situazione di cosiddetto “boom demografico”; ben altri sono i livelli di crescita annua che potrebbero, e comunque sempre solo in parte, giustificare un fenomeno complesso e spinoso come quello delle migrazioni. Allora anche l’idea che l’immigrato arriva in cerca e a danno del nostro “spazio vitale” va assolutamente degradata al posto che merita, ovvero al livello dei risultati più abominevoli del pensiero umano.

Perché allora si intraprendono viaggi tanto costosi, tanto pericolosi e forieri di sole incognite? Si è detto che a monte non c’è un calcolo “utilitaristico” dell’immigrato che studia a tavolino dati economici e sociali per scegliere il paese migliore in cui entrare, il Paese che gli offre a parità di rischi le opportunità maggiori. Sembra piuttosto di essere di fronte a delle vere e proprie fughe; si pensa prima di tutto a scappare dal proprio Paese, è quindi una libertà negativa, una “libertà da” che cerca l’immigrato. Partono come ultima alternativa, alla ricerca di un qualcosa che può anche rimanere incognito perché di sicuro migliore della loro vita attuale. Allora si lascia la propria casa per approdare alla più vicina spiaggia estera, oppure dove storicamente flussi migratori si sono già affermati, dove magari altri conoscenti, altri parenti hanno provato fortuna. Si viaggia in direzioni accessibili a qualsiasi mezzo di trasporto, che spesso è davvero di fortuna. Ed ecco allora spiegato perché l’elemento geografico resta in definitiva l’elemento dirimente nella “scelta”, se di scelta in senso pieno si può parlare, di arrivare nel nostro Paese. Ma cosa succede a chi entra nei nostri confini?!

Il nostro Paese articola e concretizza la propria politica sull’immigrazione in una serie di centri predisposti all’accoglienza ed al trattenimento degli immigrati, in attesa di una loro destinazione definitiva. I centri si distinguono fra loro a seconda dell’obiettivo che gli compete, abbiamo perciò:

CDA: Centri di accoglienza;

CARA: Centri di accoglienza richiedenti asilo;

CIE: Centri di identificazione ed espulsione.

Sono i CIE a rappresentare il “pugno duro” della politica sull’immigrazione in Italia, è in questi centri infatti che si raccolgono gli immigrati al solo fine di essere appunto identificati e poi rispediti neiPaesi di partenza. Ecco i CIE attivi in Italia, presentati in questa mappa interattiva navigabile:

Qual è stato il destino degli oltre 10.000 arrivati nel 2009?! Ecco un sintetico grafico che ce lo spiega:

 

Destinazione degli immigrati entrati nei CIE Tutti i dati dellimmigrazione in Italia

Il grafico appena sopra ci dice un altra cosa molto importante: l’immigrazione è un fenomeno prettamente maschile. Sono gli uomini a partire nella maggior parte dei casi. Tuttavia questo grafico ci lascia ignoto l’aspetto che forse è il più inquietante riguardo le migrazioni: la presenza di bambini. In questi dati ci sono i numeri di maschi e femmine, ma non si dice nulla della ripartizione fra adulti e bambini, e questa mancanza resta davvero una finestra chiusa sull’abisso. Nonostante il destino di chi arriva nei CIE possa sembrare già molto vicino al peggio, ovvero, agli occhi del migrante, al rimpatrio, ben peggiore è il destino di chissà quante altre persone.

Sono tutti quegli uomini, donne e bambini che la terra ferma non riescono neanche a toccarla. Sono quegli “invisibili2 che spariscono al di sotto di una crudele superficie marina, che li accoglie per non rilasciarli mai più. Questo il numero delle vittime in base alla zona di naufragio dal 2006 al 2008:

totale vittime 2006 08 Tutti i dati dellimmigrazione in Italia

E questi invece sono i dati scissi in base al singolo anno di rilevamento, che ci fa capire l’andamento l’evoluzione dei flussi migratori nel triennio considerato:

Vittime alle frontiere europee dal 2006 al 2008 Tutti i dati dellimmigrazione in Italia

 

Si vede chiaramente come il flusso principale nel Mediterraneo sia diventato il Canale di Sicilia.

Un ultima considerazione merita di essere fatta, seppure molto amaramente. I dati presentati si fermano in definitiva al 2009, tralasciando perciò la vera fase esplosiva del fenomeno migratorio in entrata in Italia. Nel 2011 gli sconvolgimenti politici creati dalla cosiddetta”Primavera Araba” hanno portato la cifra degli immigrati in Italia a moltiplicarsi, facendola arrivare ad oltre 62.000 unità. Ora se i dati presentati in questo articolo mostrano un quadro fatto di circa 10.000 arrivi, che non considerano perciò i morti per strada, basta solo considerare un numero quasi quintuplicato per immaginare di quale fenomeno stiamo parlando, di quale ecatombe siamo stati silenziosi testimoni. Chiudo con un video che presenta proprio i disordini esplosi nei CIE, sovrappopolati all’inverosimile da questa marea umana montata dal nord Africa:

La cosa davvero drammatica è che questi sono i “fortunati” che ad arrivare in Italia, almeno ci riescono.

Di Matteo Di Renzoni

Questo articolo è stato pubblicato qui

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