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Turchia: pestaggi, torture e stupri. Amnesty chiede osservatori indipendenti

In un lungo comunicato Amnesty International ha reso noto di raccolto credibili informazioni sui pestaggi e le torture, compresi gli stupri, che stanno avendo luogo in centri di detenzione ufficiali e non ufficiali della Turchia.

Amnesty International ha raccolto le informazioni attraverso incontri con avvocati e medici e anche una persona in servizio all’interno di una struttura detentiva, che ovviamente ha chiesto l’anonimato.

Ne è emerso un quadro estremamente allarmante di maltrattamenti e torture, soprattutto nel centro sportivo della polizia di Ankara, nel palazzetto dello sport Başkent e nelle stalle di un centro ippico, sempre nella capitale.

Secondo queste denunce, la polizia costringe i detenuti a rimanere in posizioni che causano dolore fisiconega loro cibo acqua e cure mediche, li sottopone a insulti e minacce e infligge loro pestaggi e torture, compresi gli stupri e le aggressioni sessuali.

Due avvocati di Ankara hanno riferito ad Amnesty International che i loro clienti hanno assistito allo stupro, con un manganello e con le dita, di un militare di alto grado ad opera di agenti di polizia.

Una persona in servizio presso il centro sportivo della polizia di Ankara ha visto un detenuto con gravi ferite da colpi contundenti, tra cui un grande ematoma sulla testa. In alcuni casi i detenuti hanno ricevuto una seppur minima assistenza medica, ma a quello gravemente ferito la polizia ha rifiutato di fornire cure mediche. Uno dei medici in servizio, udito dal testimone, ha detto: “Lasciatelo morire. Diremo che quando è arrivato qui era già morto”.

La persona in servizio ha riferito ad Amnesty International che nel centro sportivo della polizia erano detenuti da 650 a 800 soldati e che almeno 300 di essi mostravano segni di pestaggi, tra cui ematomi, tagli e fratture. Almeno 40 erano in così gravi condizioni da non poter camminare. Una donna, tenuta separata dagli altri, aveva ferite sul volto e sul tronco.

Sempre questa persona ha riferito di aver ascoltato agenti di polizia rivendicare la responsabilità dei pestaggi e dire che questi sarebbero andati avanti fino a quando i detenuti non avessero parlato.

In generale, pare che i trattamenti peggiori siano riservati ai militari di alto grado.

Molti dei detenuti hanno i polsi legati dietro la schiena con lacci di plastica e sonocostretti a rimanere in ginocchio per ore. I lacci di plastica sono così stretti da provocare ferite. Alcuni detenuti sono anche bendati.

Gli avvocati incontrati da Amnesty International hanno denunciato che detenuti sono comparsi di fronte ai procuratori coi vestiti ricoperti di sangue. Hanno anche riferito di detenuti privati di cibo per tre giorni e di acqua per due giorni.

Un avvocato che lavora presso il tribunale di Caglayan, a Istanbul, ha riferito che alcuni detenuti erano in fortissimo stress emotivo; uno ha tentato di gettarsi da una finestra al sesto piano, un altro colpiva ripetutamente con la testa un muro.

Due giorni fa il governo turco ha emesso il primo decreto dello stato d’emergenza, che aumenta da quattro a 30 giorni il periodo di detenzione senza incriminazione. Questa modifica rischia di esporre i detenuti ad altre torture.

Amnesty International ha sollecitato il Comitato europeo per la prevenzione della tortura a svolgere una visita d’emergenza in Turchia, per verificare le condizioni di detenzione. In quanto stato membro del Consiglio d’Europa, la Turchia ha l’obbligo di cooperare col Comitato, che è l’unico organo indipendente autorizzato a effettuare visite ad hoc in tutti i centri di detenzione in Turchia, nei tempi di sua scelta.

Nell’attuale situazione in cui migliaia di persone sono detenute in luoghi sconosciuti, senza contatti con avvocati e familiari, per lunghi periodi di tempo in attesa del processo e di fronte alle tante denunce di tortura, è fondamentale che sia consentito l’accesso agli osservatori nei centri di detenzione.

Per chiudere, va segnalato che l’Istituzione nazionale sui diritti umani della Turchia, che aveva accesso alle strutture detentive del paese, è stata abolita nell’aprile 2016senza essere rimpiazzata da alcun altro organo con pari mandato.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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