Tra anoressia e fame di Dio
Rifiutare le cure mediche nella convinzione che Dio possa guarire e morire. L’ultimo caso che ha destato scalpore è quello di Antonella Mirabelli, una diciannovenne di Rosario del Tala in Argentina. La ragazza, affetta da una grave forma di anoressia, era arrivata a pesare solo 31 kg. Ma sulla base di una fervente fede religiosa rifiutava le cure, con il sostegno della madre e della nonna. Il padre, Cristián Mirabelli, temendo per la sua vita si era invece rivolto al tribunale per farle somministrarle trattamenti sanitari obbligatori, ma lei ogni volta fuggiva.
Secondo il padre, che ha divorziato dalla moglie sette anni fa, la ragazza avrebbe fatto parte di una setta e la madre si sarebbe mostrata negligente. Ha chiesto l’intervento della magistratura per indagare sulla morte della figlia, ma il procuratore di Rosario del Tala, Elbio Rojin, ha ribadito che si era fatto tutto il possibile e che la giovane non era in una “setta” ma in un gruppo di preghiera. Dal canto suo la madre, Veronica Rodriguez Roccia, ha scritto in una lettera: “Fino all’ultimo momento della sua vita abbiamo avuto fede che sarebbe stata guarita, così come in altre circostanze il Signore l’aveva liberata dalla schizofrenia e dalla trombosi”.
Casi simili non sono rari. La secolarizzazione avanza ma ci sembra che i credenti, di fronte a un mondo che cambia, stiano rispondendo estremizzandosi. C’è anche da dire che queste storie oggi sono più evidenti e rilanciate dai mass media.
In Italia, nel 2006 un altro testimone di Geova dopo un incidente sul lavoro viene ricoverato d’urgenza a Torino. Per salvarlo i dottori amputano la mano destra, ma a causa di complicazioni è necessaria una trasfusione. L’interessato però esprime ripetutamente il suo rifiuto; i medici si rivolgo alla procura, che autorizza l’intervento. Ribadiamo quanto scrivevamo allora, cioè che occorre lasciare al singolo, cosciente e consapevole delle sue scelte, il diritto di autodeterminarsi, anche se ciò comporta il rifiuto delle cure. A prescindere se sia credente o meno, perché l’appartenenza religiosa non è una ragione per costringere qualcuno a subire trattamenti sanitari.
Ricevemmo allora molte lettere (alcune scritte da ex testimoni di Geova) che sottolineavano quanto poco consapevoli siano in realtà persone deboli cresciute in ambienti estremamente chiusi. È evidente che, ai nostri occhi, sia un modo assurdo di affrontare la malattia. È anzi un modo per non affrontarla affatto. Tuttavia, laddove siano scelte consapevoli compiute da maggiorenni, non abbiamo da obiettare. Non si può certo sottoporre a TSO la maggior parte della popolazione: è la morale cattolica che vorrebbe importi le sue scelte per il tuo bene. Un caposaldo del pensiero illuminista è invece riconoscere la libertà di fare coscientemente scelte che riteniamo discutibili. Anche le più estreme.
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