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Tour de France 2008: la vittoria di Jean Paul Sastre


Il ciclismo è uno sport filosofico: un uomo e i limiti di corpo e mente. Più filosofico di così. A pensarci bene è filosofico anche perché nelle vittorie e nelle sconfitte ciclistiche contemporanee non c’è mai la certezza della verità profonda, tutti i risultati possono essere in senso popperiano indimostrabili e per questo scientificamente da sviluppare.

 

In un ciclismo all’insegna dell’impossibilità del vero, domenica ha mestamente trionfato nella corsa ciclistica più famosa del mondo un atleta in minore, Carlos Sastre, vero esistenzialista delle due route.

 

Nato a Madrid il 22 gennaio 1975, è diventato professionista nel 1997 nella ONCE e si è sempre barcamenato tra l’essere un vincitore e il nulla del gregariato obbediente. Ha lavorato per molti capitani senza storcere il naso per il suo apprendistato proletario.

 

Ha vinto questo Tour più per improvvisa illuminazione newtoniana che per verace predominanza sugli altri. Sull’Alpe d’Huez ha capito che la strategia CSC gli avrebbe permesso di allungare sul gruppo senza mettere in allarme Kohl ed Evans concentrati nel marcare a uomo Frank Schleck.

 

Quella tappa l’ha vinta senza grandi sorrisi, perché il sabato successivo doveva esserci la cronometro aggiustatutto.

 

Mentre gli altri però, stanchi di un Tour pieno di saliscendi irrequieti, pedalavano le ultime energie per far girare ruote mai così lente in una crono lunga (la lotta al doping serve a qualcosa), Sastre dimostrava di aver appreso l’arte dello scivolare in pianura, dopo l’esercitazione nel campionato nazionale a cronometro che ha preceduto il Tour.

 

Insomma, Sastre ha sperimentato a fondo la cronometro per capire come limare i suoi limiti fisici ed esistenziali.

 

In questo modo semplice e chiaro ha vinto il Tour de France 2008, che finisce con pochi sospetti su questo corridore triste e affaticato. Per molti è la morte dello show anfetaminico. Per altri è l’esplosione fantasmagorica dell’acido lattico in tv. Quale strada perseguirà il ciclismo di fronte al bivio: show o low. Attendiamo.

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