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Tornano i Radicali Ecologisti-EcoRadicali

Nel mirino la caccia, OGM e biogas. E la canapa è un’opportunità.

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Meeting Radicali Ecologisti (da sinistra Manuela Zambrano , Alessandro Massari, Fabrizio Cianci, Simone Lelli, Giovanna Casalini
Roma, 29 novembre 2014

ROMA. Era il 1985 quando l’Associazione Radicale Ecologista (ARE), guidata da Primo Mastrantoni e Paolo Guerra, decise di confluire negli Amici della Terra di Rosa Filippini. Si pensava che lo sviluppo delle attività in regioni diverse avrebbe consentito di coinvolgere un numero crescente di persone e di inquadrare meglio obiettivi e criticità locali. Da allora, e non solo per i radicali, la galassia verde che pure aveva vinto sul nucleare, ha subito non poche sconfitte a livello politico e elettorale. In questo periodo non tutto però è andato male. Alle organizzazioni storiche – WWF, Greenpeace, LIPU, Amici della terra, Legambiente e altre – si sono aggiunti comitati locali di cittadini preoccupati per le minacce ravvicinate alla salute provenienti da centrali a carbone, acciaierie ma anche da impianti a biogas, porti, traffico veicolare, autostrade spesso considerate inutili ma che alcune delle maggiori organizzazioni verdi guardavano con favore.

Oggi è tutto in movimento e in uno scenario dove governi e istituzioni parlano molto di ambiente per poi combinare poco di buono, nuove opportunità di espressione sono aperte anche per i Radicali Ecologisti, che in questo Meeting annuale provano a misurarsi su vecchie e nuove sfide per la salvaguardia ambientale e non solo.

Alessandro Massari, del direttivo dei Radicali Italiani, apre l’incontro con il ricordo di Ernesto Rossi, sottosegretario alla Ricostruzione nell’immediato dopo guerra, figura carismatica, laica e scomoda, ispiratore di un’Europa federale e di uno Stato di diritto in grado di avversare monopoli di tutti i tipi (vedi I padroni del vapore del 1955) e ruberie di qualsiasi genere, ma allo stesso tempo sostenitore della utilità di servizi pubblici per tutti.

È con il segretario uscente dei Radicali Ecologisti, Fabrizio Cianci, che ci si avvicina ai temi più qualificanti della giornata. La relazione denuncia il degrado del territorio attribuito al partito del cemento e della rendita, da decenni considerato l’invincibile saccheggiatore seriale del territorio della Capitale. In barba a regole, direttive europee e Valutazioni d’Impatto Ambientale, questo partito trasversale è anche il probabile ispiratore di quel decreto “Sblocca Italia” o, come lo definisce Cianci “Sfascia Italia”, che con deroghe di tutti i tipi sta per sferrare un attacco senza precedenti a un sistema di norme che sino ad oggi hanno consentito, e non sempre, la conservazione di centri storici, aree archeologiche e naturalistiche.

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La campagna "Cacciamo la caccia"

Altre emergenze vengono individuate negli OGM, nel biogas e nella caccia, oggetto della campagna #scacciamoli!. Riceve pieno sostegno la campagna End Ecocide per il riconoscimento del reato di distruzione di ecosistemi e l’istituzione di una Corte penale internazionale competente su reati ambientali di particolare rilevanza non ancora perseguiti e perseguibili. L’intervento, via Skype, di Lucia Jane Beltrame, portavoce italiana del comitato organizzatore, ha contribuito a spiegare le origini lontane di End Ecocide e la necessità di assicurare alla giustizia gli ormai troppi impuniti colpevoli di danni ambientali quali l'inquinamento massivo di fiumi e l'estrazione di petrolio da acque profonde oggi solo puniti con risarcimenti economici a popolazioni che non potranno più abitare in quelle aree devastate.

Per Cianci, gli OGM sono l’espressione più evidente di aziende monopolistiche e incompatibili con un “modello agricolo amico della biodiversità naturale come culturale”. Con i vari diritti e brevetti, gli OGM assicurano royalty infinite sulla vendita e l’uso delle sementi da parte dei piccoli produttori.

C’è poi la caccia nel mirino del movimento radicale, tanto che nel 1990 il diritto di esercizio fu oggetto di un referendum che per poco non raggiunse il quorum previsto. Oggi con la campagna #scacciamoli! , e con una proposta di legge già depositata da alcuni parlamentari alla Camera dei deputati, i Radicali Ecologisti tentano di aggirare i prevedibili sgambetti di una lobby potente pur contando meno dell’1% della popolazione italiana. Non si tratta più di vietare tout court, ma di limitare le attività venatorie con vari dispositivi, tra i quali l’introduzione di divieti di caccia su tutte le aree tutelate (aree umide, coste, boschi), abolizione del diritto dei cacciatori a entrare nei fondi agricoli senza rendere obbligatorio per gli agricoltori l’adesione ai Piani faunistico-venatori. Certo è che se andasse in porto questa proposta di legge, sarebbe una vera rivoluzione per un Paese che è il passaggio obbligato per un grande numero di uccelli migratori.

I vari argomenti della relazione del segretario sono stati integrati dalle comunicazioni di iscritti e invitati esterni. Manuela Zambrano si è soffermata sull’utilizzazione dei richiami vivi da parte dei cacciatori con possibile apertura di procedura di infrazione dell’Unione Europea, sul bracconaggio, una pratica in uso quasi ovunque in Italia e attuata con modalità illegali diverse, sulle migliaia di cani e altri animali che finiscono nelle mani di quella organizzazione criminale indefinita nota come “Zoomafia”, sui canili lager.

Diritti degli animali e divieto di impiegare gli animali vivi hanno ricevuto il sostegno di Carla Rocchi, presidente dell’ENPA, per la quale rimane comunque fondamentale la necessità di cambiare l’opinione pubblica fornendo una visione olistica del mondo. Un percorso logico sicuro ma indubbiamente lungo.

Sull’emergenza biogas, venduto all’opinione pubblica come miracolosa energia rinnovabile, Giovanna Casalini ha descritto la brutta esperienza dei residenti di San Foca, una frazione di San Quirino in provincia di Pordenone, che ad appena trecento metri dalle abitazioni dovrebbero tollerare le emissioni del processo di produzione di gas in digestione anaerobica (senza ossigeno), prodotto da insilati di mais e altre coltivazioni e persino con integrazione di escrementi di animali, a tutti gli effetti rifiuti. Questi impianti devono la loro fortuna solo agli incentivi sostanziosi alle rinnovabili, anche quando non lo sono, che gli italiani pagano con le loro bollette elettriche. Non vengono invece quasi mai forniti ai cittadini particolari come il cattivo odore emanato, la pericolosità per possibili fuoriuscite di botulino o l’inutilizzabilità del compost ottenuto come ammendante in agricoltura, visto che è un rifiuto contenente sostanze chimiche di cui è vietato l’impiego.

Per Simone Lelli, tesoriere di Radicali Ecologisti, meritevoli di maggiore attenzione dovrebbero essere i nostri consumi alimentari, protagonisti di un inquinamento dell’ambiente spesso sottovalutato e soprattutto ignorato. E’ il caso degli allevamenti e dei crescenti consumi di carne che contribuiscono all’immissione di CO2 e quindi gas serra in atmosfera per il 18%, stima 2006 Worldwatch Institute. Considerato poi che è stata superata la soglia dei 7 miliardi di abitanti e che raggiungeremo i 9 entro i prossimi trenta anni, sarebbe consigliabile rimodulare i consumi di carne. Gli allevamenti, se non bastasse, richiedono enormi quantità di acqua e producono l’inquinamento delle falde acquifere cui si aggiunge la deforestazione crescente, testimoniata dal caso Amazzonia.

A conclusione di questo meeting, tra le proposte votate c’è anche quella di promuovere la coltivazione della canapa, una nuova opportunità per risollevare le sorti dei piccoli agricoltori e una materia prima di pregio per la produzione di carta, l’edilizia e il tessile.

L’intero dibattito sembra collegare gli Ecoradicali (questa la nuova denominazione approvata dall’assemblea di Radicali Ecologisti) ai movimenti ambientalisti e, anzi, su alcuni temi, come la caccia, il consumo di suolo e la necessità di modificare gli stili alimentari sembrano essere più avanti di organizzazioni più note.

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Valerio Federico, tesoriere Radicali Italiani

Il tesoriere di Radicali Italiani, Valerio Federico, iscritto anche a Ecoradicali, portando i saluti del partito ha confermato il sostegno a questo nuovo soggetto ma è parso non del tutto convincente quando ha sottolineato la necessità di coniugare l’ecologismo con le politiche liberali di tutela dell’ambiente, per la verità poco conosciute. Non è stato compreso l'appello a una certa cautela e attenzione alle scelte depressive come la perplessità sui beni comuni. Per Federico, la strada giusta per salvare l'ambiente sarebbe quella di disincentivare chi inquina attraverso leve fiscali, “meno inquino-meno pago”. Un meccanismo che appare tutt’altro che collaudato e troppo incerto per evitare i rischi di catastrofi, soprattutto se la salute di intere collettività corre seri pericoli.

A chiusura di questo meeting congressuale, la decisione di cambiare il nome del movimento da Radicali Ecologisti a EcoRadicali. Nella prossima riunione del direttivo, verranno decise le cariche di segretario e tesoriere. Sembrerebbe scontata la conferma di Fabrizio Cianci e Simone Lelli.

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