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Torna l’NBA. Lo speciale di Agoravox (1)

Stanotte con la già imperdibile (quando gioca la NBA le giornate dovrebbero durare almeno 65 ore) Boston Celtics – Cleveland Cavaliers, parte la stagione NBA e noi siamo già pronti per seguirla con attenzione e passione. Per i lettori di Agoravox, ecco uno speciale in 3 parti nel quale andiamo ad indagare i roster delle diverse squadre, cercando di capire dove si anniderà lo spettacolo e quali atleti e squadre seguire con maggiore interesse.

 

- Boston Celtics: Sono i campioni in carica e i big three (Garnett, Ray Allen, Pierce) sembrano avere ancora fame. Sono quindi i favoriti anche se hanno perso un tuttofare meraviglioso o, per dirla al “calcistichese”, un mediano di copertura tutto polmoni come James Posey. Però c’è il play Rajon Rondo e il centro Kendrick Perkins con un anno in più di esperienza e il cervellotico Darius Miles che sa sempre quel che bisogna fare.

 

- New Jersey Nets: Nella squadra sempre offuscata dai tesori e i disastri di New York, in estate si è deciso di cambiare rotta. Via Kidd a febbraio e Jefferson a luglio, scambiato con Simmons e il cinese Jianlian dei Milwaukee Bucks. Più che scelte per il presente, queste sembrano mosse per un futuro prossimo. Via i vecchi cavalli per puntare su giovani vogliosi di mettersi in mostra. E soprattutto via salari cospicui per lasciare spazio salariale in vista di un colpo gigante tra due estati, quando andranno in scadenza Lebron James, Dwayne Wade e Chris Bosh.

 

- New York Knicks: Qui c’è stata vera rivoluzione. Via Isaiah Thomas, che ha cercato di non suicidarsi con dei sonniferi potentissimi (tipica dicotomia italica da uffici stampa frizzanti, che negli U.S.A. sta iniziando a spopolare), dentro il coach più europeo e vivace degli ultimi 5 anni: Mike D’Antoni. Via le spese insopportabili (soprattutto per come e quanto giocavano) Freddi Johnson, e Randolph Morris, e sulla intelaiatura della mediocre squadra dello scorso anno sono stati aggiunti due rookies potenzialmente spettacolosi come Gallinari e Pat Ewing Junior (gli ’80 dei figli d’arte che ritornano alla grande). Anche qui vale il discorso fatto coi Nets. Nell’estate 2010 arriva di sicuro il colpone da 50 milioni e più di dollari. Mi sbilancio: Lebron James, stanco di vincere da solo a Cleveland.

 

- Philadelphia Sixers: Grande acquisto di servizio con Elton Brand sotto le tabelle e firma prolungata dell’uomo franchigia Andre Iguoadala. In queste due semplici mosse c’è tutta la strategia dei Sixers, intelligenti sul mercato e in banca come forse non lo erano mai stati. Se poi Andrè Miller fa girare un po’ più velocemente il pallone e Willie Green perfeziona il tiro da tre, allora Phila diventa una squadra tosta e molto complicata.

 

- Toronto Raptors: Se prendi Jermain O’Neal da Indiana per spostare Bosh ala grande, allora vuol dire che Bargnani non ti dà poi tutta questa fiducia, oppure lo vuoi far giocare sesto uomo, scaricandolo dalle responsabilità del quintetto. La scelta può valere la candela, ma si può anche deprezzare troppo la prima scelta assoluta del draft 2006. Per un O’Neal che entra, inoltre, partono Nesterovic e T.J. Ford come controparte ai Pacers e Delfino e Brezec verso l’Europa. Da Roma è arrivato quello che per me è un campione: Roko Ukic. Roko è forse un po’ troppo di cristallo per gli americani, ma ha una classe nelle scelte davvero superiore. Se usato bene, farà faville.

 

- Chicago Bulls: A Chicago si inizia da zero. E chi meglio della prima scelta del draft, da mettere in regia e a far punti? Derrick Rose ha dimostrato in pre-season di essere un potenziale grande giocatore. Basta intendersi con gli altri e aumentare la personalità nelle decisioni. Al suo fianco molti combattenti come Nocioni, Hinrich, Noah. A Chicago tutti suderanno la maglia, ma servirebbe più qualità.

 

- Cleveland Cavaliers: Si accontenterà Lebron James di dividere il tetto del palazzetto ancora per due anni con una squadra che spesso non riesce a stare dietro alle sue pensate folli e meravigliose? Nel 2010 il contratto gli scade e New York sbava da un po’. Quest’anno per convincerlo a restare è arrivato il play Mo Williams da Milwaukee e il quintetto titolare non è stato intaccato. Per me Varejao e Ilgauskas faranno scappare Lebron. Scommettiamo?

 

- Indiana Pacers: Il gioco è semplice: do O’Neal, il mio uomo-franchigia, a Toronto che ne ha bisogno perché è leggera sotto i tabelloni, e prendo Ford e Nesterovic che, abbinati a un Dunleavy migliorato e un Troy Murphy più presente, mi faranno veleggiare in una posizione dignitosa ma senza squilli. Così arrivo lontano dai Playoff per due anni, non scontento la piazza con qualche partita decente e punto su due gioielli da draft, sperando che Dio me li mandi buoni. L’investimento è a rischio, ma i titoli ormai sono già crollati. Non mi sembra che si possa anche scavare. O no?

 

- Detroit Pistons: Smuovere qualcosa nel motore dei Pistoni è troppo complesso. Lasciare le cose come stanno, fa il gioco dell’Ovest, dove molte si sono rinforzate. Il compromesso è: tutti i grandi del titolo 2004 restano nel roster. Saranno loro a giocare i minuti fondamentali e nessuna protesterà. Intanto si fa fare esperienza a Kwame Brown e Walter Sharpe, senza responsabilizzarli troppo. La tattica potrà anche essere giusta in teoria, ma nella NBA le gerarchie cambiano troppo velocemente per restare un anno bloccati.

 

- Milwaukee Bucks: Quest’anno a Milwaukee si divertono un casino. A un tiratore formidabile (se vi capita di vedere una partita dei Bucks, attenti alla frustrata da tre di Reed, è uno spettacolo degno della danza classica o del lancio del giavellotto) come Michael Reed hanno aggiunto un’ala piccola che punta il canestro come Richard Jefferson e un play tutto fantasia e regolarità come Luke Ridnour. Se a questo uniamo la saggezza feroce dell’aussie Bogut sotto canestro, Milwaukee è la squadra meglio trasformata e riassemblata dopo il mercato estivo. I playoff ad Est sono alla sua portata. Poi può essere sorpresa.

 

 

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