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The Handmaid’s Tale: cosa succede se la religione giustifica i mezzi?

A breve sarà disponibile il primo numero del bimestrale dell’Uaar: Nessun Dogma – Agire laico per un mondo più umano. Dopo quello di ieri , vi presentiamo in anteprima un altro articolo . Volete saperne di più? Consultate il sommario sul sito della rivista. 
Buona lettura!

Il racconto dell’ancella di Margareth Atwood ci mostra (anche sul piccolo schermo) quali possono essere i rischi. Soprattutto per le donne.

Il racconto dell’ancella (The Handmaid’s Tale) è un romanzo pubblicato da Margareth Atwood nel 1985 che si è meritato, a onor del vero, un posto nella lista dei 100 mostfrequentlychallenged books: 1990–1999.

Atwood ha da poco pubblicato, dopo più di un trentennio, il romanzo I Testamenti, un sequel ambientato quindici anni dopo rispetto al tempo in cui si svolge la trama finora nota de Il racconto dell’ancella.

L’autrice, che ha ricevuto ben ventitrè lauree honoris causa e ha recentemente rinnovato la propria fama grazie alla serie televisiva ricavata dal libro, ha dichiarato di aver tratto ispirazione per la stesura da un viaggio compiuto negli anni ’70 in Afghanistan. Nel corso della visita la scrittrice aveva infatti provato grande sgomento per la posizione sociale della donna, il cui spazio era ristretto al punto da ridurla al totale silenzio pubblico. In un’intervista successiva, Atwood ha affermato di aver elaborato Il racconto dell’ancella, esempio di distopia, dopo essersi posta una domanda su come gli Stati Uniti avrebbero gestito un regime totalitario, se mai ve ne fosse stato uno. A tutti gli effetti, il registro narrativo adottato dalla scrittrice e il suo potente impianto simbolico religioso e sociale hanno avuto una risonanza tale da implicare, recentemente, ricadute sull’attualità. In Italia, per esempio, circa un anno fa le attiviste femministe del movimento Non Una di Meno hanno protestato per i diritti della donna all’interruzione di gravidanza con costumi da ancelle, mentre nel gennaio 2018 alcune manifestanti hanno partecipato alla Women’s March di Washington ugualmente travestite e munite di cartelli allusivi a frasi della serie; qualche tempo dopo, altre contestatrici hanno replicato la loro protesta negli stessi termini e panni, stavolta ai danni del Senato del Texas e di una legge particolarmente svantaggiosa per le donne con gravidanze problematiche.

In generale, il romanzo e la serie televisiva presentano un mondo asservito al dogma religioso e influenzato da una fede monoteistica strumentale all’esercizio della supremazia, che porta i segni di una profonda compromissione di pressoché ogni aspetto sociale, giacché ogni diritto umano primario è annientato.

Il racconto è ambientato negli Stati Uniti e prende luogo dal golpe perpetrato dai Figli di Giacobbe, un gruppo auto costituitosi che, dopo aver ucciso il presidente e diversi membri del Congresso degli Stati Uniti d’America, stabilisce la Repubblica di Gilead. In un’epoca in cui la natalità ha subìto una minacciosa flessione negativa per colpa delle frequenti guerre chimiche, le ragazze fertili vengono sequestrate e ridotte in schiavitù, al servizio della casta dei Comandanti e delle Mogli. Separate dalle loro famiglie e dalla loro quotidianità sono trasformate in ancelle, “uteri su due gambe” che prestano la loro fertilità al nucleo familiare di cui entrano a far parte, con il solo scopo di procreare. Le donne vengono private di libertà, individualità, privacy e di ogni proprietà personale, asservite alla causa superiore dell’espansione societaria, avvolte come suore in tonache scarlatte, coperte in volto da copricapi bianchi muniti di piccole ali simili a paraocchi. Non possono scrivere né leggere; per fare la spesa nei negozi si devono accontentare di distinguere cibi e prodotti su cartelli raffiguranti icone grafiche. Le più ribelli vengono sottoposte a punizioni corporali, mutilazioni ed esecuzioni. Ogni ancella ha il compito e il dovere di assicurare una discendenza al Comandante cui viene assegnata, perciò è mensilmente sottoposta alla Cerimonia: uno stupro perpetrato dal proprio padrone nel talamo coniugale, alla presenza della padrona di casa – cui, nella coppia, viene normalmente attribuita la colpa dell’infertilità. Il figlio che eventualmente nascerà sarà assegnato alla padrona, che da quel momento si considererà madre grazie al provvidenziale, magnanimo volere di Dio.

La Repubblica di Gilead è uno stato totalitario teocratico, guidato da una dottrina puritana e cristiana che si ispira a una lettura biblica del tutto aderente all’Antico Testamento. In particolare, il concetto della fertilità usurpata si riferisce al passo della Genesi 30, 1-6: «Rachele, vedendo che non le era concesso di dare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: ‘Dammi dei figli, se no io muoio!’. Giacobbe s’irritò contro Rachele e disse: ‘Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?’. Allora ella rispose: ‘Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, partorisca sulle mie ginocchia cosicché, per mezzo di lei, abbia anch’io una mia prole’. Così ella gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei. Bila concepì e partorì a Giacobbe un figlio. Rachele disse: ‘Dio mi ha fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce, dandomi un figlio’».

La concezione religiosa presente a Gilead è soffocante e convoglia nella sua società teocratica una serie di effetti collaterali: la presenza stringente di una struttura patriarcale che promuove la continua oppressione della donna a prescindere dal suo ceto sociale, il rifiuto di altri credi – agli ebrei, per esempio è concessa la possibilità di convertirsi, in alternativa alla morte –, l’abuso di violenza e soprusi per il controllo pubblico e, in generale, la giustificazione di qualsiasi azione con la scusante della religione. Quest’ultima costituisce il collante sociale e si ispira alla Bibbia per ogni aspetto della vita, influenzando perfino l’impianto linguistico. La parola propaga l’ideologia fallocentrica e fanatica, contaminando politica e società, sfera pubblica e privata. In questo modo, i soldati vengono chiamati Angeli, le forze dell’ordine sono Guardiani e Occhi della Fede, i nomi dei negozi si ispirano al Levitico e all’Esodo, le ancelle perdono il nome proprio per assumere il patronimico del gerarca che (e a cui) servono: la protagonista è inizialmente Difred – poiché appartiene al comandante Fred – ma diventa in seguito Dijoseph; le sue compagne sono Diglen o Disteven, Diwarren o Didaniel.

A Gilead si assiste al un trionfo elitario della legge cieca del più forte e irragionevole, in cui i ruoli sociali sono fissi e assegnati a priori, in una struttura verticale irremovibile stabilita dagli alti vertici del regime. Le donne sono segregate nella loro routine domestica, sono obbligate a ripetere formule fisse di saluto, preghiera e augurio, a esprimersi unicamente con battute tanto aride e abusate che nel momento in cui sono pronunciate, perdono di significato. I dissidenti rispetto al regime quali omosessuali, medici rei di praticare aborti clandestini, seguaci di altre religioni vengono impiccati pubblicamente, per polverizzare ogni sentimento eversivo.

In un’intervista rilasciata al The Guardian nel 2003, Margareth Atwood ha dichiarato che Il racconto dell’ancella non è ascrivibile al genere della science fiction (fantascienza), bensì a quello della speculative fiction (finzione speculativa) perché, a differenza di quest’ultima che tratta di mostri, teletrasporto e astronavi, la speculative fiction si occupa di eventi e oggetti che potrebbero realmente accadere. In effetti, in diversi casi è possibile affermare che Atwood non ha inventato nulla, ma semplicemente traslato la realtà, allegorizzandola. A riprova è sufficiente pensare a Iran e Somalia in cui è tuttora legale l’impiccagione sulla pubblica piazza, a Colombia, Ecuador e Russia in cui dissidenti e oppositori sono uccisi senza scrupoli, a Senegal, Etiopia, Indonesia, Malesia e Medio Oriente per le comuni mutilazioni genitali, ad Arabia Saudita e Sudan in cui ancora vige la pena di morte per apostasia.

Di quasi tutti questi spazi, il minimo comun denominatore è l’esercizio del controllo e del potere, che spesso passa attraverso patriarcato, supremazia, credo religioso. La presunta libertà occidentale di cui ci illudiamo di godere, quindi, non è al sicuro né altrove né tantomeno qui, se si ripercorre la storia. Di fatto, Il racconto dell’ancella ricorda a tutti il rischio apportato da questa fragilità strutturale, che viene spesso occultata dall’illusione del progresso.

Come sostiene Laurence Coupe, insomma: «La repubblica di Gilead […] è un’istanza immaginaria di come il mito della liberazione possa essere appropriato per giustificare la gerarchia sociale, nonostante la sua traiettoria orientata al futuro. In particolare, il romanzo ci ricorda che la ‘storia della salvezza’ narrata nella Bibbia può essere asservita all’uso patriarcale, giustificando la sottomissione delle donne. La liberazione è diventata dominio».

Micaela Grosso

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Questo articolo è stato pubblicato qui

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