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Telecom Italia: vivi e lascia morire

Franco Bernabè torna a casa con 6,6 milioni di euro in tasca, tra Tfr e contratto di non concorrenza. Ospitiamo l’opinione di Eduardo Improta, ex lavoratore Telecom, licenziato via email in seguito all’accordo del 27 marzo 2013: “Non si tratta di salvaguardare l’italianità, ma il patrimonio sociale e i livelli occupazionali dei dipendenti”. 

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LA PROTESTA | L’ACCORDO DEL 27 MARZO | BERNABÈ SALUTA I DIPENDENTI | ¡ADIÓS ITALIA!

Il 27 marzo 2013 i sindacati Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Telecomunicazioni firmarono un accordo con Telecom Italia che portò a 250 licenziamenti coatti, 250 contratti di mobilità, 32.000 contratti di solidarietà e l’abolizione del premio di risultato. “Ci dissero che era un sacrificio necessario, che sarebbe servito a salvare l’azienda. Noi dipendenti abbiamo sempre denunciato quell’inganno: oggi sappiamo di avere ragione”.

A parlare è Eduardo Improta, 63 anni, dipendente Telecom dal 1972, licenziato via email in seguito all’accordo firmato tra i sindacati di categoria e l’azienda. Secondo Eduardo gli sviluppi degli ultimi giorni espongono ancora di più i lavoratori, vanificando i pesanti sacrifici imposti appena sei mesi fa ai dipendenti.

Non si tratta di salvaguardare l’italianità, ma il patrimonio sociale e i livelli occupazionali dei dipendenti dell’azienda”. Si riaffaccia il pericolo della societarizzazione della divisione Caring (call center): decisione accantonata in seguito alla sottoscrizione del famoso accordo di marzo. ”Altro schiaffo ai lavoratori è la delibera del Consiglio di Amministrazione che ha concesso al presidente dimissionario 3,7 milioni per il trattamento di fine rapporto e circa 2,9 milioni per la stipula di un accordo di non concorrenza per una durata pari a 12 mesi”. 

Franco Bernabè torna a casa con circa 6,6 milioni euro in tasca. Del sacrificio fatto dai lavoratori quel 27 marzo 2013 non rimane neanche il ricordo.

Negli ultimi decenni Telecom Italia è stata spolpata, ridotta all’osso e gettata via. Siamo davanti al fallimento di una classe dirigente che continua ad occupare i posti chiave della politica e della finanza. Ma nella sala dei bottoni vige una sola regola: vivi e lascia morire.

di Marco Nurra | @marconurra

Questo articolo è stato pubblicato qui

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