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Tecnofollie, storie ordinarie di scorie

Stando alle dichiarazioni di Tyrone Benton, operaio che lavorava sulla Deepwater Horizon, probabilmente la catastrofe petrolifera del golfo del Messico avrebbe potuto essere evitata (il tutto potrebbe infatti esser stato originato dalla deliberata mancanza di manutenzione a uno dei sistemi di sicurezza, il cosiddetto "blowout preventer", solo perché il rallentamento che tale manutenzione avrebbe comportato sarebbe costato alla BP 500.000 dollari al giorno).

A proposito della nostra tragedia di Viareggio (32 morti, 1000 evacuati), causata dall’esplosione di un convoglio contenente GPL, si indaga oggi sulle responsabilità dei dirigenti e sulla negligenza verso la sicurezza.

Perfino nel caso della tragedia-simbolo del disastro nucleare, quello di Chernobyl, si parla di responsabilità dell’uomo (o addirittura di "follia" legata all’elemento umano).

Sono solo tre esempi di un utilizzo inadeguato di una tecnologia di per sé esposta a rischi, aggravati dall’imperizia, dalla stoltezza, dall’avidità dell’uomo. Cui vorrei aggiungere tre esempi di "smaltimento" delle scorie nucleari.

Il primo, più lontano da noi, riguarda le scorie ritrovate sotto allo stadio di Londra: si parla di centinaia di tonnellate di rifiuti radioattivi rinvenuti per un caso fortuito, cioè i lavori intorno allo stadio in occasione delle prossime olimpiadi. Un deposito illegale che potremmo non aver mai scoperto.

In Germania, si sta organizzando l’evacuazione di un deposito di scorie nucleari che avrebbe dovuto durare per l’eternità, e che invece non è durato nemmeno trent’anni: una recente infiltrazione d’acqua ha infatti convinto il governo ad evacuare e a ricollocare i rifiuti altrove, con un costo per lo Stato di circa 3 miliardi di euro (talmente alto da indurre lo stesso governo a parlare dell’introduzione di una "tassa nucleare" per coprire la spesa).

In questo variopinto scenario internazionale, tinteggiato d’illegalità e d’imperizia, non potevamo mancare noi italiani. In una cantina di Castelmauro (CB), di proprità del fisico Quintino De Notariis, recentemente morto a Cuba, sono depositati circa 4.000 fusti di scorie nucleari che adesso lo Stato italiano dovrà mettere da qualche parte. Lo so, sembra una battuta, ma non è così. Pare che alcuni fusti contenenti materiale radioattivo siano addirittura stati bruciati in aperta campagna. Difficile da immaginare, se non fosse per le testimonianze che ne parlano (il caso è stato ampiamente indagato da Milena Gabanelli nel videodocumentario Ecofollie, ed. BUR, 2009, al cui nome è evidentemente ispirato il titolo di questo articolo. Su «Primonumero» c’è al riguardo un dossier con galleria fotografica).

Proviamo a tirare le somme. Da questi fatti apprendiamo qualcosa che, a ben vedere, sapevamo già: cioè che tante di quelle cose che l’uomo avrebbe potuto evitare, ebbene, le ha fatte, ripetute, fino a far diventare globali fenomeni come il surriscaldamento del pianeta, l’inquinamento del suolo, il disboscamento e via discorrendo. Gli uomini sono spesso inaffidabili, incapaci quando non apertamente irresponsabili. Progettare opere dell’ingegno come se tutti i partecipanti fossero delle persone per bene è un grave errore di progettazione. Si ha voglia di minacciare le sanzioni e di invocare la forza della legge: come nel caso dello stadio londinese, arrestare i colpevoli non decontaminerà il territorio circostante. Perché purtroppo assistiamo a due tipi di follia: quella di chi compie atti irresponsabili e criminali, ma anche quella di chi fa finta che la prima non esista (o che sia sufficiente preseguirla a norma di legge) e progetta imprese rischiose senza chiedersi, ad esempio: cosa accadrebbe se una centrale nucleare venisse scelta come bersaglio di un attentato terroristico? Oppure: come potrò impedire che alcuni fusti di materiale radioattivo "spariscano", per venir poi ritrovati dopo qualche anno nella stiva di una nave affondata, magari al largo delle coste di Cetraro, o di quelle della Somalia?

Di fronte a questo scenario non c’è prevenzione che tenga. Purtroppo la storia ci insegna che - nonostante tutte le precauzioni - le catastrofi possono essere scongiurate in un unico solo modo: evitando di mettere in moto il meccanismo che può innescarle. Dobbiamo cominciare a prendere le distanze, con convinzione, da ogni velleità di produzione nucleare, di trivellazione in profondità, di tutto ciò che possa esporci a disastri irreparabili. Citando il motto dell’AIPRI (Associazione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Ionizzanti), "la Terra non ha uscite di emergenza".

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