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Stupri e molestie nell’Egitto in piazza per ricordare la “rivoluzione”

 

Almeno 45 mortioltre un migliaio di feriti in tutto il paese, scontri e barricate, violenza da parte della poliziaatti di vandalismo dei manifestantiscuole incendiate, un primo processo per la strage del 1° febbraio allo stadio di Port-Said che si chiude con 21 condanne a morte.

Le giornate intorno al secondo anniversario della “rivoluzione del 25 gennaio”, che costrinse Hosni Mubarak a lasciare il potere, raccontano questo.

Raccontano anche di centinaia di migliaia di persone, che hanno manifestato pacificamente per gridare che ciò per cui avevano rischiato la vita, e ciò per cui molti loro amici e parenti l’avevano persa, non era ancora arrivato.

Raccontano pure, però, di un fenomeno odioso e che ormai flagella la vita pubblica egiziana, specialmente in occasione dei grandi assembramenti come le manifestazioni a piazza Tahrir, al Cairo: la violenza contro le donne.

Venerdì, durante una manifestazione, una donna è stata aggredita e ferita ai genitali con un’arma da taglio. Non è stata l’unica a essere attaccata in questo modo. Altre donne sono state umiliate, denudate e stuprate, in mezzo alla gente.

Branchi di uomini, raccontano gli attivisti dell’Operazione antimolestie sessuali, si divertivano a circondare le donne, a palpeggiarle e a penetrarle con le dita.

Secondo un’altra organizzazione, Tahrir Bodyguardle aggressioni sono state almeno 25. Almeno sei manifestanti hanno dovuto ricevere cure mediche.

È possibile che si tratti di balordi pagati per infiltrarsi nelle manifestazioni e attaccare le donne, tanto le egiziane quanto le straniere, meglio se giornaliste: in quel caso, farà più scalpore. Certo, sono tanti e succede con regolarità.

Che si tratti di provocazioni o che vi sia nella società egiziana, e dunque anche nel movimento rivoluzionario, una componente profondamente misogina, alimentata dalla totale impunità di cui godono gli aggressori, anche quando sonopubblici ufficiali, il risultato è quello di allontanare le donne dalle piazze e, più in generale, dalla possibilità di prendere parte alle decisioni sul futuro dell’Egitto. Non credo che il principale obiettivo del presidente Morsi e dei Fratelli musulmani sia garantire la loro incolumità.

Contro tutto questo, le attiviste continuano a tenere alta la testa, a organizzarsi e a denunciare, come fa il movimento Nazda. Perché, scrive una sopravvissuta alla violenza sessuale a Tahrir, quando una donna viene aggredita, viene aggredito tutto il paese.

Per fortuna, il Cairo è pieno di graffiti (come quello che apre il post) che ricordano come, per il futuro dell’Egitto, queste aggressioni devono essere fermate.

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