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Studenti universitari italiani: tutti cattolici e di destra

Studenti universitari italiani: tutti cattolici e di destra

Alle ultime elezioni universitarie gli studenti italiani hanno votato a destra, confermando il loro alto gradimento sia nei confronti del governo Berlusconi sia nel programma della Gelmini.

 

Sembrerebbe una notizia di scarso interesse nazionale, una notizia esclusivamente per gli

- addetti ai lavori - invece è sorprendente come siano state dimenticate tutte le manifestazioni, gli scioperi e i cortei di protesta contro il governo e soprattutto contro la Gelmini che tanto hanno infiammato l’autunno 2009; cosa è successo?

Il 12 e il 13 Maggio si sono svolte le elezioni universitarie, ogni studente doveva esprimere ben sei preferenze per eleggere: il ’’ Rappresentante”, gli ’’ organi amministrativi ’’, il ’’ consiglio di facoltà ’’ gli ’’ organi superiori ’’, il ’’ senato accademico ’’, il ’’ consiglio di amministrazione ’’, il ’’ Cus ’’, il ’’ Cars ’’, l’ ’’ Ersu ’’, (borse di studio, vitto, alloggio etc…)

Quattro i collegi che racchiudevano il voto degli studenti universitari di tutta la penisola, Nord Est, Nord Ovest, Centro e Sud. Il risultato spiazzante, sinistra ko. La destra trionfa.

«Tra gli studenti c’è un forte desiderio di voltare pagina - spiega il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni -, i proclami contro la riforma Gelmini, i sit-in e le occupazioni si sono rivelate un vero bluff». Intanto arrivano i primi dati romani per l’elezione del Senato accademico degli atenei di Tor Vergata e Roma Tre. In tutte e due le università vince il centrodestra. E a Tor Vergata il Blocco Studentesco, movimento legato a CasaPound, conquista un seggio.

Ma se al centro e al sud la destra padroneggia al nord, a dettar legge è Comunione e Liberazione, movimento ecclesiale cattolico. I ciellini conquistano il primo posto all’Università degli studi, in Bocconi, all’Università Cattolica e al Politecnico, ma portano a casa nel collegio del Nord Ovest quasi il 50% delle preferenze, seguiti dal 36% delle liste di sinistra. Questo in una Nazione fortemente attaccata dal punto di vista dell’istruzione dove, proprio qui, nel cuore del sapere, si attua il più feroce divisionismo di tipo classista. Se hai i soldi studi, altrimenti arrangiati, è così che funziona? Qualcuno li chiama ’’ Baroni’.’

I ’’baroni’’ non amano la pubblicità. Molti pm hanno indagato sui privilegi, concorsi truccati, cognomi che si ricorrono di generazione in generazione, infiltrazioni mafiose a gestire le scelte dei candidati, lobby bianche e nere e rosse, collegamenti con l’alta politica apparentata con l’alta finanza e quindi, gli stanziamenti pubblici.

Professori, ricercatori e dottori coinvolti nelle inchieste, primari che si suicidano misteriosamente, come il cardiochirurgo Marcelletti, morto per una overdose di un medicinale che agiva sul cuore. Le indagini svolte per istigazione al suicidio sono finite in un vicolo cieco.

L’università italiana è un sistema che si autoalimenta.

Due giornalisti, uno della Repubblica Carlucci e l’altro del Corriere della Sera Castaldo, affiancarono al sistema universitario mafioso il sistema di chi dignitosamente lavora seriamente e viene sotto pagato. Del resto basta fare qualche domanda ai laureandi sul metodo usato agli esami, dove i collaboratori vengono sovraccaricati di lavoro e i professoroni si dividono tra una partita di golf e un pranzo mondano. E gli studenti che si ribellano e si sono ribellati al sistema truccato, che fine hanno fatto? Hanno votato a destra?

Stando a quanto riportano Paolo Bertinetti e Stefano Podestà ex ministro delle università nel 1996, nei nostri atenei la meritocrazia non trova posto e la metà dei rettori è iscritto alla Massoneria.

Carlucci e Castaldo riportano inoltre che, da una verifica fatta e confrontata con vecchie inchieste, i nostri rettori hanno famiglia in 25 delle 59 università statali italiane, il 50% dei rettori ha un parente stretto nella stessa o altra università e sempre con un ruolo di tutto onore, e il merito?

Più chiara ancora la ricostruzione di un dialogo tra docenti nella deposizione rilasciata all’autorità giudiziaria da Massimo Del Vecchio, professore di matematica a Bari – «Se non vengo io, tu non sarai nominato preside» – «Che cosa vuoi in cambio?» – «Due miei parenti falli entrare…». Carlo Sabba, uno dei professori che si è ribellato al sistema dei concorsi truccati, conclude amaramente: «Se non si spezza questa catena, i giovani saranno a immagine e somiglianza di chi li ha arruolati, e tutto rimarrà uguale». Questa affermazione è una pugnalata al cuore di chi, nella giustizia e nella democrazia ci crede. Una affermazione che ha l’effetto di un terremoto distruttore e vigliacco.

La mafia non è la Sicilia, la mafia è questo sistema che percorre l’Italia in lungo e il largo e ha conquistato le scuole come le università, come gli ospedali e le cliniche private e ogni ente pubblico o privato. Questa è la mafia, la mafia che non permette indagini, che depista e allontana i pm, che impedisce il decorso giuridico e affossa la democrazia. Anche l’Opus dei ha le sue università, anche il Vaticano ha le sue personalissime università super pagate e con lo stessa sistema. Il figlio dell’operaio è costretto a pagarsi l’affitto per una camera vicina all’ateneo, il ’’baronetto’’ ottiene aiuti e appartamenti ovunque desideri andare.

Descrizione dettagliata del “sistema mafioso” che vige all’interno di alcune università, a Messina ad esempio alcune indagini evidenziarono «...infiltrazioni mafiose e della ‘ndrangheta, la cosca Morabito, penetrata profondamente all’interno della Facoltà di medicina e chirurgia» come scriveva il pm Gratteri della dda di Reggio Calabria.

Nel filone investigativo viene raccontato come agisce la massoneria in cattedra, «A Bologna ci sono due lobby, massoneria e Comunione e liberazione controllano la sanità e la facoltà di Medicina. E’ sempre stato così. E’ uno spaccato inquietante» dice Libero Mancuso, ex magistrato.

Continuano a spiegare il meccanismo della grande truffa dei concorsi «C’è l’assenza di qualsiasi trasparenza nello stabilire chi merita e chi no. Pilotare i concorsi è una pratica assolutamente sicura e quasi indolore. I docenti sanno di partecipare a un teatrino. Il nome di chi deve vincere si conosce in anticipo. Talvolta è davvero la migliore delle scelte possibili. Altre volte decisamente no. Ma la domanda è: se già si conosce il vincitore perché spendere tanti soldi per indire i concorsi?» scrivono Carlucci e Castaldo. Parentopoli d’Italia «A Roma il rettore è Luigi Frati, ex preside di facoltà di Medicina dove c’era la moglie, ex professoressa di liceo diventata ordinario, il figlio, chiamato a insegnare sotto la presidenza del padre, e la figlia, laureata in giurisprudenza…A Napoli nelle facoltà di Economia e Commercio della Federico II sono state rintracciate 140 parentele accademiche su un totale di 877 docenti... A Bari a Economia imperversano famiglie come i Massari: otto i docenti con questo cognome, tutti imparentati tra loro». Si spiegano i meccanismi delle commistioni dei poteri trasversali, poteri politici e interessi economici che determinano assunzioni e vincitori di concorsi. Tutto sempre più spesso inter nos. Difficile stabilire quanti hanno pagato il loro conto alla giustizia ma, per ogni condannato una schiera di parenti era pronta a prenderne il posto e continuare ad alimentare il sistema.

Se andate a vedere, molti degli stemmi delle più blasonate università sono un chiaro richiamo al simbolismo, questo a conferma che le sette dei baroni nascono nella storia e vivono il nostro presente. A questo scopo servivano e servono le riforme della Gelmini a dare maggior spazio al potere calcolatore e ad indebolire maggiormente la già fascia debole della nostra società.

L’eterna estrazione sociale che ha conosciuto solo sporadiche battaglie, ma che adesso incita alla guerra. Una guerra non sanguinaria ma intellettuale, combattuta a colpi di segnalazioni e denunce, una guerra fredda che vuole invadere le piazze pacificamente ma continuamente, che si organizza e mette in scena la propria popolare genialità. La genialità di un popolo oppresso che ha imparato, grazie alla memoria storica, che non c’è pace senza giustizia.

La scuola pubblica non ha mai conosciuto anni peggiori di questi. Il governo ha tagliato profondamente gli stanziamenti per il pubblico, aumentandoli alle scuole private di ogni ordine e grado. Tuttavia resta una amara domanda, quella iniziale: come hanno potuto gli studenti universitari italiani votare a destra? I conti, come sempre, non tornano.

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