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Strappa la "carta" dal giornale che ti passa

Tagli, tagli, tagli. In questi giorni caotici per il giornale di carta la parola d’ordine è solo ed esclusivamente questa. Una crisi preannunciata già da tempo, ma ampiamente accelerata dalla caduta libera delle borse e della finanza. In America dall’inizio dell’anno si stima che i tagli del personale abbiano raggiunto le 12.000 unità.

Una cronistoria, quella dei tagli e dei licenziamenti, degna dei bollettini di guerra. Alcuni giorni fa il debito del New York Times è stato declassato al livello junk, spazzatura. Con i ricavi pubblicitari su carta al -16% e quelli dell’online, +6%, ancora incapaci di tenere in piedi la “baracca”. Los Angeles Times, meno 75 unità. Il colosso Gannett meno 3000 dipendenti. Time Inc., licenzierà 600 dipendenti.

In questo cataclisma, The Christian Science Monitor, ha annunciato che dal prossimo aprile fermerà le rotative, e passerà tout-court al web. Decisione drastica ma quantomeno previdente. Quello della transizione è diventato un tabù, più che una possibilità. In un momento di difficoltà, ma probabilmente ci si poteva arrivare anche in anticipo, bisognerebbe abbandonare le tattiche difensive imbracciate dagli editori e fare il passo decisivo. Molto bella l’immagine usata da Massimo Russo per descrivere la situazione, La nave affonda. Bisogna provare a nuotare.

Ed invece a cosa si è pensato. Salvare il possibile. Caricare sulle scialuppe il salvabile, per ritrovarsi sprovvisti, in mare aperto, nel bel mezzo della tempesta. Abbandonare la carta e diventare delle internet company sono delle necessità improrogabili. La transizione, al tempo una possibilità, dovrebbe essere già il passato, anzichè un palliativo, al baratro imminente.

Commenti all'articolo

  • Di marcovalerio (---.---.---.13) 24 novembre 2008 16:15
    marcovalerio

    L’articolo di Luca Valente che inquadra un fenomeno in atto non solo nei lontani Stati Uniti, ma anche e ancora più drammaticamente in Italia. Solo che nel nostro Paese, come spesso accade, i normali fenomeni di evoluzione tecnologica ed economica vengono rallentati, quando non anche bloccati, da un protezionismo vano quanto costoso, con l’unico risultato di abbattere la competizione, creare anacronistici protezionismi e impedire la crescita di nuove opportunità.

    La maggior parte dei quotidiani italiani sta vivendo un vero e proprio crollo della diffusione in edicola. In alcune città, Roma prima fra tutte, i quotidiani vengono ancora distribuiti, ma ormai gli edicolanti neppure gestiscono le rese. Semplicemente perché nessuno si prende la briga di ritirare gli invenduti. Non stiamo parlando dei quotidiani di partito, da anni ormai distribuiti "a perdere", ma anche delle storiche testate della capitale. 

    A Torino, La Stampa perde decine di migliaia di copie di vendita e si arrocca in improbabili e poco credibili statistiche sul tasso di lettura. Ogni copia, viene detto algi inserzionisti, vale due lettori e mezzo, magari anche quattro. Il fatto è che una cosa è "sfogliare" il giornale, dando una distratta occhiata ai titoli principali mentre si sorseggia frettolosamente il caffé; altro è leggere il contenuto degli articoli stessi o guardare le inserzioni pubblicitarie. Nel campo culturale specifico, che è di nostro interesse, una recensione libraria su un quotidiano, con l’unica anomala eccezione de Il Sole 24 Ore, vale oggi un incremento di vendite pari a zero. Semplicemente perché nessuno sfoglia le togate pagine culturali, peraltro poco togate e molto ridotte a pagine di costume e ricette gastronomiche, cui la recensione distratta e approssimativa di un libro serve per dare tono autorevole.

    Quanto ai libri, non stiamo certo meglio. Nessun editore vorrebbe ammetterlo, ma le tirature da migliaia di copie sono ormai un fatto eccezionale, straordinario. I libri praticano il turismo, vanno in libreria a prendere aria e polvere e tornano indietro. La nuova frontiera della comunicazione è sul web. Che ci piaccia o no. Il "manifesto dell’editore del XII secolo", di Sara Lloyd, che riportiamo sul nostro sito, è un punto di partenza necessario. In alternativa, si può sempre fare temporaneo ricorso ai vari sussidi di Stato. Tanto per sopravvivere e rallentare il corso inevitabile dell’evoluzione tecnologica.

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