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Strage di Parigi: chi ha vinto e chi ha perso nella grande manifestazione parigina

Tirato il respiro di sollievo per la manifestazione conclusasi senza nessuna aggressione jihadista, possiamo fare qualche considerazione sugli effetti politici della manifestazione che è stata un avvenimento di notevole rilievo politico.

La partecipazione è andata molto al di là delle previsioni, che parlavano di qualche centinaio di migliaia di manifestanti, al massimo un milione; non so se siano stati davvero i due milioni di cui dice la stampa, ma foto e filmati sono chiari nel dimostrare che si è trattato di ben più di un milione. Anche il confronto di immagini con la manifestazione convocata sugli Champs Elisèe da De Gaulle nel giugno 1968 (alla quale parteciparono circa 800.000 persone secondo le stime generalmente accettate) conferma che si è trattato di una manifestazione ben più numerosa.

Dunque, in primo luogo questo dimostra che il morale dei francesi è alto e non si sono fatti abbattere né dalla strage né dall’allucinante venerdì che ha trasformato Parigi in un campo di battaglia. Buon segno, così come è buon segno il fatto che i francesi abbiano scelto questa manifestazione e non quella della Le Pen in Provenza, che, al confronto, semplicemente scompare. E la Le Pen accusa il colpo facendo un comizio molto moderato in cui parla “a tutti i francesi” e chiama all’unità nazionale.

I francesi (grande popolo!) vogliono lottare contro il terrorismo degli jihiadisti ma non cedono alle sirene dell’islamofobia. E’ troppo presto per cantare vittoria e dire che il Fn non tragga giovamento elettorale da questa storia o, addirittura che si stia sgonfiando, ma il segnale è buono: per oggi, la Le Pen ne esce sconfitta ed il suo appello a ripristinare la pena di morte cade nel vuoto.

Di riflesso ne esce abbastanza bene Hollande, che rimedia in buona parte al disastro di immagine combinato dalla sua polizia e dai suoi servizi. Indirettamente ricevono un beneficio anche i partiti del centro e della destra moderata come i gaullisti, che si giovano del tonfo del Fn.

Ma chi registra il successo maggiore è la Francia in quanto tale, oggi emersa come punto di riferimento mondiale. Non è affatto irrilevante la presenza contemporanea di Netanyahu ed Abu Mazen, la presenza di diversi capi di Stato islamici, primo fra tutti quello nigeriano; tutto questo fa della Francia un punto di riferimento mondiale. Parigi è una delle capitali del Mondo che, obiettivamente, mette un po’ in ombra Berlino.

Certo, il fatto che la strage sia avvenuta della capitale francese è il primo motivo di questo successo, ma chiediamoci: qualora la strage fosse avvenuta in quella tedesca, ci sarebbero state la stessa partecipazione dei capi di stato stranieri e le stesse manifestazioni in tutto il mondo? Dunque oggi la Francia conquista una centralità, soprattutto in Europa che deve sapersi spendere: se Berlino è la capitale economica del continente, oggi si capisce che quella politica non può essere che Parigi, sempre che l’Europa decida di esistere. Certo, il fatto che questo bottino di consensi debba essere gestito da un genio come Hollande non induce all’ottimismo, ma speriamo bene.

Certamente la manifestazione ridimensiona molto il successo ottenuto dai terroristi con l’attentato a Charlie Hebdo e per aver tenuto in scacco l’intera polizia francese per due giorni e mezzo. Nella battaglia dei simboli, la manifestazione contrappesa abbastanza bene l’attentato che non riesce ad essere l’11 settembre europeo, anzi, neppure l’equivalente di Atocha e di Londra. Però, manteniamo i piedi per terra: la battaglia non è finita e dobbiamo vedere se gli jihadisti hanno forza e volontà di continuare l’attacco, con che tempi e con che modi.

Uno degli elementi interessanti di queste due giornate è la vistosa partecipazione di islamici sia alla manifestazione parigina, che a molte altre svoltesi in Europa: segno che il mondo islamico in Europa inizia a prendere apertamente le distanze dai terroristi che condanna. Il che non vuol dire che tutti i problemi siano risolti, ma che si è aperto un processo che autorizza buone speranze. Sarebbe criminale non cogliere l’occasione (ma su questo torneremo).

Fra i “ridimensionati” della giornata io inserirei anche Obama che è mancato all’appuntamento, non rendendosi conto che la sua assenza è stata un vantaggio per gli europei in generale e per i francesi in particolare. Peggio ancora è andata a Putin, che è restato assente lasciando tutta la scena a Poroshenko: brutto affare.

Ma ora vediamo come si sviluppa il tutto.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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