State Uniti Italiani

Proviamo a festeggiare l’anniversario dell’Unità d’Italia attraverso una sintesi storica (www.italia150giovani.it).
Dopo l’impresa dei “Mille” e di Garibaldi ci furono le annessioni dei nuovi territori e i plebisciti che legalizzarono il riconoscimento del nuovo sovrano. Il Re di Sardegna Vittorio Emanuele II di Savoia, prese possesso del Regno delle Due Sicilie, dello Stato della Chiesa, dei Ducati di Parma e Modena, del Granducato di Toscana (anche i re possono usufruire di una dose sfacciata di fortuna). Nel gennaio 1861 si tennero le elezioni per il primo Parlamento italiano. Il 18 febbraio 1861 si riunì il primo parlamento italiano. Il Regno d’Italia nacque ufficialmente il 17 marzo 1861. Pertanto vi segnalo la bella e snella biografia di Garibaldi di Andrea Possieri, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze storiche dell’Università di Perugia: “Garibaldi” (www.mulino.it, novembre 2010). Ricordo che Garibaldi ha reso all’Italia “i più grandi servigi che un uomo possa renderle: ha dato agli italiani la fiducia in se stessi” (Cavour). Garibaldi è stato “più che un eroe; egli creava eroi, perché accanto a lui non si poteva esser codardi” (Francesco Crispi).
Perciò caro cittadino, “Ciò che hai ereditato dai padri, riconquistalo se vuoi possederlo davvero” (Goethe). Comunque ho deciso di approfondire i festeggiamenti per i 150 anni della nascita dell’Italia Unita proponendovi la lettura integrale dell’inno nazionale:
Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa,
Dov’è la vittoria?
Le porga la chioma,
Chè schiava di Roma,
Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte,
Siam pronti alla morte,
Italia chiamò.
Noi siamo da secoli
Calpesti e derisi,
Perché non siam popoli
Perché siam divisi;
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme,
Di fonderci assieme
Già l’ora suonò.
Stringiamoci a coorte,
Siam pronti alla morte,
Italia chiamò.
Uniamoci, uniamoci,
L’unione e l’amore
Rivelano ai popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo,
Uniti, perdio,
chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte,
Siam pronti alla morte,
Italia chiamò.
Dall’Alpi a Sicilia
Ovunque è Legnano
Ogni uom di Ferruccio
Ha il cuore, ha la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d’ogni squilla
I vespri suonò.
Stringiamoci a coorte,
Siam pronti alla morte,
Italia chiamò.
Son giunchi che piegano
Le spade vendute,
Già l’aquila d’Austria
Le penne ha perdute;
Il sangue d’Italia
Il sangue polacco
Bevè col cosacco,
Ma il sen le bruciò.
Stringiamoci a coorte,
Siam pronti alla morte,
Italia chiamò.
Bisogna ammettere che questo inno è un po’ troppo guerreggiante data l’evoluzione dei tempi. E anche piuttosto maschilista. Proporrei alle anime più giovani e creative di scrivere un inno più moderno e sintetico che consideri pure le sorelle d’Italia, che si potrebbe votare nel Web e poi sottoporre a Referendum (la cadenza musicale potrebbe rimanere la stessa). Così possiamo provare a rinnovare la politica e lo spirito di una nazione in pochi mesi. E bisognerebbe sempre tenere presente che i due migliori politici italiani sono stati Cavour, che era mezzo francese e De Gasperi, che era mezzo austriaco. Il primo ha fatto l’Italia, il secondo ha ricostruito il Paese dopo la Seconda Guerra Mondiale grazie al Piano Marshall degli americani. E gli attuali esponenti politici sopravvivono ancora oggi grazie alla rendita del lavoro fatto dai politici più onesti, più acculturati e più professionali del dopoguerra. Ma oramai queste possibilità di rendita stanno finendo tutte…
Inoltre, siccome l’educazione nazionalista ha i suoi limiti e i suoi rischi (figuriamoci dunque gli svantaggi di quella localista e regionalista), segnalo un concorso aperto a tutti gli studenti italiani di ogni livello, compreso quello universitario: www.centroculturapordenone.it. L’iniziativa è dedicata al rapporto tra i giovani e l’Europa nel 2011 ed è organizzato dall’Istituto Regionale di Studi Europei del Friuli Venezia Giulia.
Infine vi lascio la citazione più importante di oggi: “Bisogna convincere gli uomini che lo scopo della loro vita non è quello d’essere più o meno felici, ma di rendere se stessi e gli altri migliori” (Giuseppe Mazzini, 1805-1872; Dei doveri dell’uomo, Bur-rizzoli, 2010).
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