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Speculazioni e vecchie ricette economiche

Il titolo "suggestivo" della Stampa del 04/08/2011, appena partita la borsa, è stato: "Mercati - l'incubo speculazione".

La Borsa parte col turbo, sui bancari. Oggi l'incontro governo-parti sociali dopo un'ora la situazione era quella fotografata dal grafico qui sotto, il titolo lo stesso

Certi discorsi e certi titoli non hanno nessun senso e dovrebbero quantomeno essere più "prudenti".
 
Se questo è l'andamento del "mercato" finanziario mi sono chiesto qual'è stato l'andamento, negli anni, di uno dei fattori che in modo strutturale possono influenzare questo mercato. Per fare questo mi sono letto qualcosa sul potere d'acquisto dei salari e, risparmiandomi un po' di considerazioni da capopopolo, metto qui un grafico dell'Istat che fotografa molto bene la situazione fino all'anno 2009.

La spiegazione in dettaglio la potete leggere qui. Aggiungo solo che nel 2010 le cose sono ulteriormente peggiorate: "L'andamento dei consumi delle famiglie è stato condizionato dal calo del potere d'acquisto, diminuito del 3,1 per cento nel 2009 e poi ancora dello 0,6 per cento nel 2010".

Vi risparmio poi il rapporto della IRES CGIL sulla questione che, sintetizzato molto bene,potete trovare qui.

Da questo estrapolo però un passaggio significativo: "classificando i 30 paesi OCSE attraverso l’indice di concentrazione del reddito l’Italia risulta il sesto paese più diseguale. Come ci ha insegnato la crisi, a generare bassa crescita e zero sviluppo contribuisce anche un’iniqua distribuzione del reddito. In Italia, la distanza tra reddito medio e reddito mediano (del 50% popolazione più povera) risulta invece essere cresciuta più di tutti gli altri paesi OCSE, passando, negli ultimi 15 anni, dal 10,5% al 17,3% (prima della crisi). La nostra previsione è che nel 2011 tale distanza raddoppierà, superando il 20%. Già oggi, oltre 15 milioni di lavoratori dipendenti guadagnano meno di 1.300 euro netti al mese. Circa 7 milioni ne guadagnano meno di 1.000, di cui oltre il 60% sono donne. Oltre 7 milioni (63%) di pensionati di vecchiaia o anzianità guadagna meno di mille euro netti mensili. Da chi è composto il ventaglio delle disuguaglianze italiane? Elaborando i microdati dell’indagine sulle Forze di Lavoro ISTAT e prendendo come riferimento il salario netto medio mensile di 1.260 euro, emerge che: una lavoratrice guadagna il 12% in meno; un lavoratore di una piccola impresa (1-19 addetti) il 18,2% in meno; un lavoratore del Mezzogiorno il 20,0% in meno; un lavoratore immigrato (extra-UE) il 24,7%; un lavoratore a tempo determinato il 26,2%; un giovane lavoratore (15-34 anni) il 27,0% in meno e un lavoratore in collaborazione il 33,3% in meno".
 
Ieri il miliardario ci ha raccontato che "è in trincea con le sue aziende e che anche lui soffre la crisi", questo dopo aver detto per anni che tutto andava bene madama la marchesa.
 
Il capo dell'opposizione (tale Crozza-Bersani) narrava che loro le proposte per migliorare la situazione economica le hanno depositate agli atti in parlamento, ma che non aveva tempo per sintetizzarle preferendo fare un discorso così confuso che ci si è avvitato pure lui.
 
La mia mente è riandata al libro di economia di mio figlio (17 anni) che nel trattare la questione della misurazione del PIL dice, tra le altre cose, che questo cresce in modo "sano" se alimentato da tre fattori due dei quali sono la crescita dei redditi e quella dell'occupazione.
 
Già, l'occupazione! e allora vediamolo quest'altro fattore (il grafico è sempre dell'Istat e indica l'andamento negli anni 2008/2009):
 
 
La Banca d'Italia lo scorso anno scrisse che il 10% delle famiglie detiene il 50% della "ricchezza" finanziaria (mobiliare) del paese e che questa ammonta al doppio dell'indebitamento dello stato (1.870 miliardi di euro).
 
A fronte di questa situazione ci raccontano che è necessario versare dell'altro sangue e questo lo chiedono ai soliti noti. Gente a cui hanno raccontato in passato che serviva maggiore flessibilità sul lavoro, che bisognava fare sacrifici e rinunciare a diritti e parti di salario. 
 
Il messaggio che ho ascoltato ieri è lo stesso con in più la revisione dello statuto dei lavoratori. Quindi la ricetta sarà maggiore flessibilità, salari più bassi, niente diritti e pensioni ancora più basse. Una novità!
 
La manovra che è appena passata prevede, tra gli altri balzelli, la reintroduzione in modo subdolo dell'I.C.I. Questo significa che, in funzione delle diverse aliquote fiscali, chi ha un appartamento di 80 mq in proprietà dovrà dichiarare 2.000 euro di rendita che si sommerà al reddito.
 
In soldoni, se questo è di 15.000 euro all'anno si pagheranno circa 47 euro in più di tasse, se di 100.000 circa 80. Questi semplici numeretti fotografano più di altri tante questioni. Chi è "povero" sarà schiacciato in modo più che proporzionale rispetto al proprio reddito rispetto a chi è più ricco, e finanzierà il giochino del "siamo in mutande la casa brucia" oltre ogni ragionevole idea di giustizia sociale.
 
Lo spauracchio dei mercati nasconde le questioni vere che rimangono le stesse: perché dobbiamo pagare una crisi che stiamo già pagando da anni? con ricette che fino ad oggi non hanno portato un solo vantaggio a chi ha già dato? Ricette che vengono riproposte in modo trasversale senza nessuno ragionamento diverso?
 
Nell'attesa di un pò di luce registro il nuovo titolo della Stampa: La Borsa parte bene, poi frena.
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