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Spagna: il punto ad un mese dal voto

Tra un mese si vota in Spagna per la terza volta in meno di tre anni e mezzo. Socialisti in testa ma il grande rischio è l’instabilità.

di Luca Magrone

 

Il 20 dicembre 2015 la Spagna dava luce al parlamento più frammentato della sua storia. L’ingresso di Ciudadanos e Unidos Podemos (insieme al flop del PSOE) aveva consegnato lo scettro di primo partito ai popolari di Mariano Rajoy, ma formare un governo si rivelò impossibile e fu necessario tornare alle elezioni sei mesi dopo (peraltro replicando quasi esattamente i risultati del primo voto). Tre anni dopo il nuovo premier socialista Pedro Sánchez ha indetto nuove elezioni per il 28 aprile. Si tratta della terza chiamata alle urne in meno di tre anni e mezzo: basta questo a certificare chiaramente l’instabilità politica che perseguita la Spagna proprio da quel 20 dicembre 2015.

Così come fu per quelle elezioni, anche oggi la situazione è a dir poco confusa e l’ingresso di Vox nella partita politica spagnola ha complicato ulteriormente lo scenario. Ma allora, in questa situazione, cosa possono dirci i numeri dei sondaggi? Diamo un’occhiata alla media delle rilevazioni.

Spagna – Le intenzioni di voto di marzo

Al momento i socialisti di Sánchez si trovano in testa con il 27,3% dei consensi. Dunque il PSOE vede una crescita del 2,9% rispetto a febbraio: si tratta di un dato unico, perché tutte le altre forze politiche (compresa Vox) sono in calo. Difatti il Partito Popolare (PP) scende al 20,1% (-0,7%) e Ciudadanos arretra di 0,6 punti percentuali toccando quota 18,4%. Il peso del segno negativo si fa ancora più importante a sinistra con Unidos Podemos che perde un punto intero e scivola al 13,2%. Infine, per la prima volta assistiamo a una frenata di Vox che scende appena sotto la soglia del 10% (-0,7%).

Spagna – Storico delle intenzioni di voto

Il dato che fa più rumore è senza dubbio quello di Podemos. La formazione di sinistra continua a perdere consensi, ma non ci sono solo i sondaggi a preoccupare il leader Pablo Iglesias. Dopo la decisione di Iñigo Errejón(cofondatore ed ex numero due di UP) di presentarsi alle elezioni regionali della Comunità di Madrid del 26 maggio con il movimento Más Madrid, anche gli alleati di Izquierda Unida potrebbero abbandonare la nave. In fin dei conti una rottura c’è già stata e riguarda proprio il voto di maggio a Madrid. Infatti la base di IU ha deciso con un referendum interno di presentarsi da sola e svincolarsi dal partito di Iglesias. Secondo molti giornali spagnoli questa situazione potrebbe essere il preludio di importanti cambiamenti nella sinistra iberica. Quel che è certo, tuttavia, è che in questo contesto la chiamata del PSOE all’unità contro le destre risuona ancora più invitante per gli elettori di sinistra.

Spagna – L’orientamento di voto attuale a confronto con le Politiche 2016

Nonostante la flessione di UP e l’attuale primato del partito, per i socialisti la strada non è affatto in discesa. Anzi, ci sono diversi fattori ad ostacolare la formazione di un governo per il PSOE. Innanzitutto la legge elettoralespagnola che non attribuisce premi di maggioranza e prevede che i deputati vengano eletti proporzionalmente ai voti presi nelle singole circoscrizioni (corrispondenti alle province), senza tener conto del risultato del partito a livello nazionale. Inoltre non tutte le circoscrizioni hanno lo stesso peso: il numero di deputati eletti varia a seconda della grandezza delle circoscrizioni e ciò rende alcune zone ben più influenti. Tra queste, ci sono le aree della “Spagna vuota”, così come l’ha denominata il giornalista spagnolo Sergio del Molino. Si tratta della zona interna della penisola iberica, un territorio enorme (268 mila chilometri quadrati) con una bassa densità di popolazione che elegge però più del 22% dei deputati. Quanto sia importante la “España vacía” lo sa bene Pedro Sánchez. Infatti il premier uscente si è preoccupato di tenere il voto nazionale a debita distanza dalle elezioni amministrative che avrebbero coinvolto anche questa zona. In queste aree, infatti, il leader del PSOE non gode di particolari simpatie presso i dirigenti locali del partito e con questa mossa vorrebbe invece spingerli tutti a remare nella stessa direzione.

A destra, invece, sebbene non vi siano più molte esitazioni a profilare un’alleanza tra PP, Ciudadanos e Vox assistiamo ad un generale calo dei consensi. Difatti, mentre prosegue la campagna di comunicazione che presenta i socialisti come nemici della patria e alleati degli indipendentisti catalani, il PSOE risponde con un’agenda politica piena di proposte sociali, dall’aumento del salario minimo fino a norme per rendere meno cari gli affitti delle case. A questo, inoltre, si accompagnano anche i movimenti interni al Partito Popolare che pare stia tentando di arginare la perdita di voti a favore di Vox. Come? Recentemente ha fatto notizia un video attribuito al PP e circolato su WhatsApp che prendeva di mira proprio il numero uno di Vox, Santiago Abascal. Del resto, i voti dell’ultraderecha rimangono fondamentali per un progetto di governo di maggioranza, ma se la brusca frenata nei sondaggi dovesse confermarsi alle urne, anche per PP, Cs e Vox, questi numeri potrebbero non essere sufficienti.

Diviene allora sempre più palpabile il fantasma di quel dicembre 2015. Con attori diversi, ovviamente, ma con un’atmosfera molto simile. A conferma arrivano i numeri dei sondaggi: proprio secondo una ricerca di IMOP Insights per El Confidencial ad oggi il numero degli indecisi sfiora i quattro milioni. Certo, a dirci chi riuscirà a spuntarla saranno solo urne, tuttavia appare chiaro come la prima ad essere sconfitta in Spagna potrebbe essere proprio la stabilità politica.

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