• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Siria, il ruolo degli "Osservatori". Prevedere gli attacchi guardando il (...)

Siria, il ruolo degli "Osservatori". Prevedere gli attacchi guardando il cielo

Alcuni degli osservatori di Kafranbel (Foto di Omar al Hussein)

(di Omar al Hussein, per Damascus Bureau. Traduzione dall’inglese di Claudia Avolio).

 

“Qusair a Kafranbel, mi sentite? Passo”, dice Muhammad al Akel cercando di raggiungere gli altri membri di una rete di osservatori messa su da sostenitori dell’opposizione siriana a Jabal al Zawiya, nel nord del Paese.

Akel apparteneva a un gruppo di rivoluzionari a Kafranbel che nel 2013 ha sostenuto le forze di opposizione nella battaglia di Qusair a Homs. Dall’inizio della guerra civile in Siria, sostenitori della rivolta hanno cercato di monitorare le mosse delle forze del regime. Molta gente ha iniziato a portare con sé delle radioline divenendo parte di una rete di “osservatori” che hanno fornito informazioni all’opposizione armata.

“Dopo che la rivolta ha assunto un carattere militare è stato difficile per noi attaccare i checkpoint del regime nelle città e nei paesi dei sobborghi meridionali di Idlib”, racconta Wahid al Husni, un osservatore nel nord del Paese. “Dovevamo trovare dei metodi di comunicazione tra i comandanti nelle sale di controllo dell’Esercito libero e le squadre mediche. Abbiamo creato una rete di osservatori fidati per aiutare a collegare tra loro i comandanti dei battaglioni”.

Molti osservatori nella provincia meridionale di Idlib, nella Siria nord-occidentale, comunicano tra loro utilizzando speciali frequenze sulle radioline. Ogni osservatore porta con sé una ricetrasmittente che può intercettare le frequenze degli aerei governativi che si preparano ad attaccare. Quando un osservatore identifica un potenziale obiettivo dell’attacco lo comunica alle forze ribelli e ai civili cosicché trovino riparo.

Abd al Razzaq Sultan, che prima della guerra civile era un insegnante di inglese, è ora un osservatore. “Intercettavo le comunicazioni dell’esercito del regime e le riferivo ai nostri combattenti così che potessero evitare gli attacchi”, racconta. “Dopo l’inasprirsi della brutalità del regime nel febbraio 2013 abbiamo iniziato ad avvertire i civili degli attacchi aerei così da farli mettere al sicuro”.

I civili hanno apprezzato molto il lavoro degli osservatori che sono stati in grado di informarli in anticipo degli attacchi.

“Quando il regime si mette a bombardare possiamo evitare di essere colpiti perché gli osservatori ci avvertono”, dice Rami al Mahruq che lavora come operaio edile. “Nel momento in cui gli aerei decollano dall’aeroporto sappiamo la loro destinazione grazie agli osservatori”. Il figlio dodicenne di Wahid al Husni è contento che suo padre stia monitorando il conflitto. “Mi piace il lavoro degli osservatori perché salvano la vita di molti bambini”, dice. “Quando il regime bombarda le città mio padre dà l’allarme ai civili che si riparano nei rifugi”.

Ahmad al Nahar è il comandante sul campo della brigata Fursan al Haq, parte dell’Esercito libero, nei sobborghi meridionali di Idlib. Spiega che, oltre ad avvertire di attacchi imminenti, gli osservatori aiutano anche a identificare le vittime. “Sul campo di battaglia il ruolo degli osservatori consiste nel rivelare le mosse degli armamenti pesanti del regime, cosa di cui è difficile per i combattenti tenere traccia e comunicare i risultati alla sala di controllo”, spiega al Nahar. “Aiutano anche a mettere in salvo i feriti durante gli scontri, essendo in grado di comunicare con le squadre delle ambulanze e con i comandanti sul campo”.

“Gli osservatori agiscono come bussole per dirigere gli squadroni dei combattenti monitorando le mosse delle forze di regime”, aggiunge.

Anche se la rete di osservatori ha ottenuto i suoi successi, non sono mancati i problemi. Abd al Razzaq Sultan chiarisce che la rete “è riuscita ha raggiungere risultati enormi con una semplice attrezzatura”, ma evidenzia anche le numerose sfide che si incontrano nel monitorare le mosse delle forze di regime e nel prevedere gli attacchi. “Dobbiamo affrontare alcune difficoltà dovute alle nostre attrezzature rudimentali e alla mancanza di sostegno finanziario”, dice. “Gli osservatori si spostano in moto e in auto. Sono in pochi a ricevere un contributo per le spese del carburante”.

Un’altra sfida è rappresentata dall’assicurarsi che gli osservatori forniscano informazioni accurate e che i messaggi non vengano intercettati dal regime. “A volte gli osservatori diffondono notizie false per sollevare il morale dei civili”, racconta Qaddor al Hamido che lavorava come poliziotto a Kafranbel ma ha disertato dalle file del regime dopo che l’opposizione ha preso il controllo della città. “Inoltre, i sostenitori del regime tentano di sovrapporsi alle comunicazioni degli osservatori, cosa che provoca panico tra i civili che smettono di ricevere notizie dal campo di battaglia”.

Wahid al Husni attribuisce la diffusione di notizie false alle persone che hanno poca esperienza: “Se sentono qualcosa la comunicano ai civili anche se è falsa, cosa che abbatte il morale sia tra i civili che tra i combattenti sui fronti”, dice.

(Damascus Bureau, 7 gennaio 2015).

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità