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Siamo alle soglie di un cataclisma finanziario?

Gli analisti di tutto il mondo in questi ultimi mesi stanno con il fiato sospeso per l’incombente possibilità che la Grecia possa incorrere in un default tecnico dei suoi titoli di stato. Spiego che il default temuto è l’incapacità da parte dello stato di onorare il pagamento degli interessi. Se qualcuno avesse la bontà e soprattutto la pazienza di andare a leggere qualche mio vecchio scritto in merito, noterà come già in tempi meno sospetti, questa situazione era stata ipotizzata. Attenzione, non appartengo a quella schiera di persone che gioiscono di vedere realizzate le proprie ipotesi, soprattutto quando queste sono di devastante impatto per tutta l’Europa. Il governatore della banca centrale ellenica, al momento (e per fortuna direi io) non ritiene ipotizzabile il default tecnico dei titoli di stato.

Se invece leggiamo i pareri o meglio le analisi che possiamo agevolmente reperire in rete, la situazione appare molto preoccupante. Situazione che peraltro è stata ulteriormente aggravata dall’aumento del costo del denaro già attuato dalla BCE e che verosimilmente è ipotizzabile un ulteriore rialzo entro la fine dell’anno. L’aumento dei tassi è stato giustificato  per contenere l’inflazione. Scusatemi, se per inflazione intendiamo la lievitazione dei costi finanziari, nonchè per rallentare la circolazione monetaria, guarda caso quest’ultima  probabilmente più necessaria al sistema bancario che alla reale economia, allora potrei esserne d’accordo. Se invece è riferibile ad un processo generalizzato di sviluppo economico, allora dovrei asserire, con enorme preoccupazione e con rigorosa perentorietà di non essere d’accordo, proprio per la presenza di stati membri dell’Europa che versano in condizioni di debito pubblico da paura. Non vorrei essere tacciato di presunzione, però non riesco a digerire un aumento del costo del denaro in presenza di , Irlanda, Spagna Italia e Grecia, le cui finanze ed il relativo  debito pubblico li costringe a destinare ingenti risorse del proprio prodotto interno lordo al pagamento degli  interesse, strozzando l’economia reale generando, oltre che condizioni di recessione,  che in presenza di plateali ed inconfutabili manovre speculative sulle materie prime e sui prodotti petroliferi, ulteriore inflazione.  Se pensiamo che  i tassi d’interesse sui bond decennali ellenici pare si siano attestati a circa il 14%,  ci si rende conto quale  difficoltà abbia oggi il sistema economico ellenico a  onorare detto pagamento. Se questo poi è ulteriormente suscettibile di variazione negativa,  per effetto dell’aumento generalizzato del costo del denaro, è chiaro che le condizioni già precarie dell’economia greca, ingessata da tagli e da aumenti delle tasse, non può che nel breve termine portare ad una vera e propria incapacità di onorare i propri debiti e quindi aprire scenari di disordine sociale veramente preoccupanti.

In questa sede stiamo parlando di problematiche economiche che dovremmo cercare di risolvere applicando le regole dell’economia, che per certi versi potrebbero sembrare elementari o quanto meno risolte in buona parte attraverso l’applicazione della logica del buon senso. A quanto pare, ed è il mio presuntuoso parere, l’Europa non ha ancora trovato in se la capacità di saper applicare per la soluzione dei suoi problemi , la cosiddetta logica del buon senso. Tutti i paesi membri, indistintamente, sono tutt’ora arroccati a salvaguardare, i propri interessi a scapito degli altri. Ancora peggiore è l’incapacità di saper affrontare serie programmazioni pluriennali, mettendo al primo posto lo sviluppo generale degli stati membri e non solo di quelli che in certe occasioni riescono a fare la voce più grossa o perchè più credibili.  Sarei tentato di affermare che la politica che viene posta in essere non è più quella atta a favorire il progresso sociale ed economico dei cittadini, bensì quella di tutelare interessi ben diversi e molto lontani da quelli di carattere sociale.

Quello che poi più di tutto mi fa rabbia in questi momenti è la miopia e l’indifferenza con cui certe problematiche vengono affrontate. Che il deficit ellenico è colpa dei malgoverni che si sono succeduti ed avvicendati in Grecia, è ovvio e lampante. Ma nel periodo in cui il debito pubblico ellenico si procedeva nella sua spaventosa crescita, gli altri stati d’Europa, i grandi analisti, le banche centrali dov’erano? Non posso immaginare che Karamanlis o Papandreu ad ogni seduta del governo si portassero a casa, nascosti nelle tasche qualche centinaio di migliaia di euro. Smettiamola di ritenere la gente stupida o incapace di poter capire che qui stiamo parlando di centinaia di miliardi di euro che sino a quando a qualcuno,  o meglio più di qualcuno faceva comodo, è stato zitto, adesso invece potrebbe trovarsi in prima fila ad additare la Grecia come la grande spendacciona. In Grecia in questi ultimi anni soprattutto in prossimità del periodo delle Olimpiadi tenutasi ad Atene,  il paese ha effettuato una vera e propria ristrutturazione. Potremmo sicuramente ipotizzare che buona parte di quei soldi siano stati spesi male oc che siano stati destinati ad attività di natura diversa, ma guarda caso soldi che sono usciti dalla Grecia, soldi che venivano regolarmente registrati nella movimentazione delle banche centrali, frutto di pagamenti di opere pubbliche e di chi sa quante altre cose. Perché allora quando avvenivano questi grandi movimenti di masse monetarie nessuno ci ha messo il naso? Come mai a nessuno è venuto in mente la riflessione più banale del buon padre di famiglia cioè, ma come fanno a spendere tutti quei soldi? Attenzioni riflessioni di questo tipo non sono dovute al buon padre di famiglia ma a tutti quegli analisti che quando vogliono sanno condizionare i mercati, sanno puntare il dito sulle piaghe dell’economia. Forse nel caso della Grecia, tutti questi soggetti, deputati a monitorare i flussi finanziari, erano stati tutti invitati, a spese del governo greco a trascorrere delle felici vacanze nelle splendide isole dell’Egeo.

Pertanto l’ostracismo di alcuni stati nei confronti dei debiti pubblici oramai inguaribili attraverso l’applicazione del “fai da te perché sono fatti tuoi” è il modo peggiore di affrontare la problematica. Se in tempi brevi l’Europa non trova un rimedio condiviso da tutti, di rigorosa solidarietà ed altrettanta fermezza nel controllo interno degli stati più allegri, allora l’Europa si dovrà preparare ad affrontare il peggior periodo storico che a memoria d’uomo si ricordi. Non è catastrofismo è puro realismo.

Se la Grecia dovesse veramente entrare in Default, per primi gli interessi sul debito pubblico non verrebbero più onorati. I maggiori sottoscrittori del debito pubblico non è rappresentato dal popolo greco, bensì da alcuni stati europei le cui casse dovranno non solo risentire del mancato incasso delle cedole, ma subiranno delle notevoli perdite sul valore nominale dei titoli in loro possesso. Tali perdite dovranno essere ripianate riducendo gli investimenti nei propri territori e questo non consentirebbe di poter essere d’aiuto agli altri stati quali Irlanda, Spagna e Italia che indirettamente subirebbero il contraccolpo non disponendo più l’Europa della necessaria liquidità a fronteggiare la crisi ellenica che peraltro sarebbe fonte di disordini sociali che facilmente dilagabili in altri stati europei. Non potremmo contare nemmeno sull’aiuto degli USA i quali pare stiano più inguaiati di noi. Il loro debito pubblico si è attestato sui 16.000 miliardi, una cifra spaventosa mai raggiunta sin’ora. Penso che il popolo americano debba svegliarsi dal suo “Obama dream” prima che il problema serio non sia più l’Europa.

In scenari di tale drammaticità, la cui analisi non necessita di quattro lauree e ventidue master per capire lo stato dei fatti, riesce veramente difficile e per certi versi anche irritante vedere che questa vecchia Europa è ancora seduta su se stessa ed apaticamente attende che qualcuno gli tolga le castagne dal fuoco. Penso però che la verità sta nel fatto che in questi ultimi decenni in tutto il mondo la politica ha cessato di essere tale e sia diventata lo strumento in mano dei grandi interessi  finanziari.  La democrazia, la sovranità popolare, la politica intesa quale sviluppo sociale ed economico dei popoli è tale se coincide con gli interessi di chi oggi nel mondo detiene le redini della finanza.

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