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 Home page > Tribuna Libera > Si può essere "ovunque" senza essere da "nessuna parte"?

Si può essere "ovunque" senza essere da "nessuna parte"?

T. S. Eliot, nei suoi “Quattro Quartetti”, nel lontano 1930, scrisse “siamo distratti dalla distrazione a causa della distrazione”. Sembra quasi descrivere il momento in cui viviamo. Come sempre, la grande poesia e i grandi poeti anticipano la storia. La vita di oggi è fatta appunto di grandi ed incessanti connessioni che portano a continue interruzioni e quindi “distrazioni”. Siamo come dei criceti su di una ruota dalla quale non possiamo scendere. La nostra vita, le nostre relazioni, la politica, le istituzioni, le religioni, tutto è modulato da un ecosistema fatto da tecnologie basate su interruzioni. Tra cellulari, tablet, personal pc, possiamo accedere ovunque ed in qualsiasi momento alla Rete. Apparentemente un grande vantaggio, in effetti siamo sottoposti a continue interruzioni, in qualsiasi momento. Non importa cosa stiamo facendo. Il che non sembra essere affatto un elemento positivo.

Nella storia degli uomini la tecnologia ha sempre interagito con chi la usa in maniera del tutto imprevedibile. Essa altera i comportamenti, il modo di pensare, le norme sociali e persino la struttura fisica del nostro cervello, come dimostrano recenti studi in merito. Gli strumenti che di giorno in giorno vengono fuori dal cilindro del mercato tendono sempre di più a controllarci. Del resto sembra che tutti abbiano accettata l'idea che si è diffusa e cioè che non possiamo non pensare in maniera globale e agire di conseguenza in modo locale. 
 
Una volta che la tecnologia entra nella cultura, ha sempre la meglio. Si nutre di se stessa, ma lusinga l'altra e la fa sua. Le strutture sociali, i valori, i comportamenti, le politiche non possono non organizzarsi intorno ad essa. Questo accade a scapito dei precedenti valori e tradizioni. Nasce così una cultura diversa. L'invenzione della stampa significò mettere nelle mani di tutti l'informazione, il che provocò la nascita dell'individualismo, dell'alfabetizzazione, della lingua complessa, della tradizione. Soltanto pochi decenni dopo l'invenzione della tipografia a caratteri mobili si erano stampati in Europa oltre dieci milioni di libri. Qualcuno ebbe a dire che erano troppi!
 
Mi rendo conto che forse non tutti concorderanno con questo quadro della situazione, ma le cose stanno esattamente così, se le paragoniamo a quello che sta accadendo oggi. Vi ricordate di quando i nostri genitori ci raccomandavano di non parlare ad alta voce? Di quando ci si intratteneva in conversazioni a bassa voce? Delle discussioni sotto voce in famiglia? Di quando tra colleghi in ufficio ci si scambiavano idee e consigli invece di messaggini? Quante volte siete stati distratti nel leggere questo post?
 
Questa e' la prova di come l'ecosistema delle interruzioni tecnologiche stia condizionando la cultura. Esiste ancora, e' ovvio, il valore della curiosità, della privacy, della contemplazione, della conversazione, del lavoro di gruppo. Ma sono sempre valori rari ad essere applicati. Non si tratta tanto di ipocrisia, anche se aleggia sempre nella cultura umana. Il fatto e' che la tecnologia la fa da padrona.
 
Non ci rendiamo conto che essere dappertutto significa essere da nessuna parte. Internet, la Rete, i siti sociali, i cellulari, i satelliti sono senza dubbio utili ed opportuni. Ci rendono non solo più efficienti ma anche più efficaci. Ma non dobbiamo perdere però di vista il contenuto della comunicazione e la sua decisiva importanza. Marshall McLuhan, molti anni fa ormai, scrisse che il contenuto di un mezzo e' "il gustoso pezzo di carne che il ladro offre al cane della mente". Dobbiamo considerare bene il modo con il quale siamo condizionati da tutti questi messaggi, chiamate, posting, linking, scanning, ricerche e via dicendo.
 
Internet, più che creare distrazione, nella crescente dipendenza, ci sta facendo dimenticare le capacità della memoria, la concentrazione, il riconoscimento dei modelli, la formazione del significato, il senso della privatezza. Siamo sempre più irrequieti, impazientì, vogliamo ogni giorno di più, siamo sempre più assetati di sapere, vogliamo essere sempre connessi e creativi. Stiamo perdendo la capacità di pensare a lungo termine su qualunque cosa. Saltiamo da un link all'altro, illudendoci di andare alla scoperta di nuove realtà. Invece, con tutte quelle foto, collegamenti, video, testi e contro testi, non impariamo molto. Sopratutto, non ricordiamo, non memorizziamo, non elaboriamo, perché sovraccarichiamo i nostri circuiti cerebrali.
 
In una frase, la nostra mente e' appesantita dal mezzo. Paradossalmente è rallentata dal mezzo stesso che ci illude di farci volare nel suo "stream", il suo inarrestabile flusso. Ci illude di essere dappertutto, ma in effetti non siamo da nessuna parte. Siamo rimasti sulla nostra sedia davanti al pc o alla tv. E' vero che Internet ci aiuta a semplificare, frammentare, parcellizzare l'informazione e usarla quando vogliamo. Ma e' anche vero che non ci aiuta ad essere coerenti, consecutivi, continuativi verso una sistematizzatione della conoscenza. Siamo tante entità individuali brillanti ma frastagliate e spesso contraddittorie, senza una coerenza che ci metta in condizione di fronteggiare, confrontare e condividere percezioni diverse del mondo e della realtà che esso ci propone.
 
Siamo sempre più affamati di creatività e auto-espressione, cacciatori di collegamenti superficiali che si chiudono in se stessi, in cerchi concentrici non comunicanti. Il ruolo dell'informazione risulta così radicalmente mutata. In tutti i sistemi viventi l'informazione genera il cambiamento e questo fa la differenza. Oggi invece non ha la forza ne' la capacità di far mutare idea, opinione, modello. Insomma non riesce a generare mutamento. Serve soltanto per attaccare l'altro, chi non la pensa come te. Quando, allora, ci si limita a contrapporre le informazioni, quando ci limitiamo soltanto a difendere le nostre opinioni, ma non convergiamo su una decisione comune, il mondo diventa imprevedibile e cade sotto l'effetto del caso, l'effetto "random". Non sembra esserci un ordine, siamo in preda del caos. Se non lo siamo ancora, presto lo saremo.
 
Quando noi rinunciamo a pensare e a discriminare i modelli, gli eventi sembrano andare e venire senza un senso preciso. Siamo estremamente reattivi, senza una minima capacità di analisi. Il mondo, invece, non accade a caso, non è caotico. È la nostra assenza di pensiero logico, coordinato e coerente, a farlo sembrare così. Prima che accadano tanti disastri sia naturali che umani ci sono stati diversi messaggi che non abbiamo saputo o voluto leggere. Abbiamo trasformato il mondo in un mostro imprevedibile perché abbiamo preferito non leggere i suoi messaggi in maniera intelligente. Chi reagisce d'istinto sotto l'effetto della paura sbaglia sempre.
 
L'unica maniera per difendersi da questa cultura della interruzione tecnologica e' quella di assumere il controllo. Se non è possibile fermare questa tecnologia possiamo però modificare il nostro comportamento. Recuperare le capacità di pensare, discernere facendo senso, e con senso di disciplina. Ancora una volta la sintesi e': C.A.C. - Connessione Accesso Controllo. Non potremo mai essere "everywhere", "dappertutto". C'è il rischio di essere da "nessuna parte" - "nowhere". Siamo destinati non solo ad appartenerci con la nostra individualità, ma anche ad appartenere ad una realtà che ci accompagnerà per tutta la nostra vita.  
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