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 Home page > Attualità > Cronaca > Si pente Antonino Lo Giudice, però... Tra ’ndrangheta e pentitismo

Si pente Antonino Lo Giudice, però... Tra ’ndrangheta e pentitismo

E' notizia recente che il c.d. boss Lo Giudice abbia ammesso di aver collocato la bomba alla Dda di Reggio Calabria.

Per dare conferma della sua volontà di collaborare con la giustizia di Stato e di essere quindi, pentito, ecco che vengono scoperte, su sue indicazioni, in un'armeria reggina, undici armi da fuoco.

Secondo il pentito Antonino Lo Giudice farebbero parte della «Santabarbara» della cosca di cui lui era esponente di primo piano. Da quello che è dato comprendere le armi erano regolarmente detenute ed al titolare dell'armeria non viene addebitata alcuna violazione di legge.

Il pentito Lo Giudice, si è anche addebitato la responsabilità dell’organizzazione degli attentati alla Procura generale e al procuratore Salvatore Di Landro, nonchè del ritrovamento del bazooka annunciato da una telefonata anonima, e quelle armi sono riconducibili al suo clan. Sulle rivelazioni, la polizia sta effettuando dei riscontri al fine di valutare la posizione del titolare dell’armeria e di chi avrebbe ceduto i fucili e le pistole messi in vendita (fonte "Il quotidano della Calabria")

Antonino Lo Giudice dopo una sola settimana nel carcere romano di Rebibbia, si pente. Prima di lui, lo aveva fatto il fratello Maurizio, nel 1999.

Particolare da non poco conto è che oggi a Reggio Calabria arriverà l'esercito per garantire la vigilanza fissa in particolar modo negli uffici della Procura generale e della Dda, alla Corte d’appello.

Come riconosciuto dai più la 'ndrangheta ha pochi, pochissimi pentiti.

Ha una strutturazione così familiare, così stretta da rendere sia per ragioni di onore che di fedeltà quasi impossibile il fenomeno del pentitismo. Le pene previste per i traditori sono pesanti. Si può entrare nel rango della c.d. essere carogna ovvero macchiarsi di un tradimento così grave da permettere che il colpevole sia, appunto, assimilabile ad una carogna.



La pena sarà la morte tramite asfissia con sassi, o con una fucilata alla schiena. Tale morte può essere riservata e quindi applicata nei confronti dei familiari stretti e dei parenti del collaboratore.

Quindi, dopo neanche una settimana di carcere il boss si pente. Permette di far ritrovare armi in armeria, ed erano anche regolarmente detenute, e si "prende" le colpe della strategia della tensione nei confronti dello Stato in Calabria.
Perché tutto ciò?

Come ricordato a Reggio arriva l'esercito. L'esercito presidierà solo edifici istituzionali. Ma è pur sempre esercito ed in Calabria nel territorio controllato dalla mafia.

Pentirsi, allentare la tensione, deviare le indagini.
La 'ndrangheta non ha fretta.
Attende, e colpisce e colpirà.
Il controllo del territorio è una "brutta" cosa per i mafiosi e per chi li sostiene, politici ivi inclusi.

Il boss, che io credo sia falso pentito, si sacrificherà in nome di un qualcosa di più importante, ovvero nel nome dell'onore di una terra che non deve avere l'esercito, nel nome di un territorio che deve essere libero dai controlli di Stato, nel nome del potere gestito dalle loro marionette istituzionali.

Invito la magistratura ad essere cauta per questo eventuale nuovo caso di pentitismo. Ovviamente sono il primo ad augurarmi di sbagliare in tale analisi, e di credere che dopo una settimana di carcere anche duro il boss abbia ceduto alle pressioni.

Ma sarà per i tempismi, sarà per le coincidenze, io, in tale anomala situazione calabrese e da calabrese, un certo grado di diffidenza tendo a maturarlo in merito alla reale collaborazione di quell'essere mafioso quale Antonino Lo Giudice.

Commenti all'articolo

  • Di Gian Carlo Zanon (---.---.---.15) 18 ottobre 2010 11:02
    Gian Carlo Zanon

    Il "pentitismo" in Italia ha funzionato veramente solo con il terrorismo.
    Il motivi sono molteplici ma semplici: la diversa intenzionalità, la diversa "etica", la diversa mentalità, la diversa estrazione sociale, tra terroristi e affliliati alla criminalità organizzata.
    Ma come si può credere ad un pentito che un giorno prima ha ucciso, non per un accecamento ideologico, come nel caso dei terroristi, e poi dopo l’arresto, solo dopo l’arresto, si "pente".
    Basta saper leggere i giornali per capire che, anche se, il "pentito" dice una parte di verità questa ormai in sede processuale non ha più alcun valore. Forse non è completamente giusto ma è logico che sia così.
    O addirittura, come dice l’articolo, il "pentimento" è un modo per depistare le indagini e/o per ridicolizzarle. Dicono una piccola parte di verità e un mucchio di falsità ... che abbiano imparato da certi politici che però non si pentono?

  • Di l’incarcerato (---.---.---.83) 18 ottobre 2010 11:54
    l'incarcerato

    Antonino Lo giudice è legato ad un altra donna scomparsa in Umbria. Presto ne scriverò un articolo.

    Sulla questione pentitismo legato agli uomini della ’ndrangheta anche io nutro molti dubbi visto il loro forte legame di sangue! E infatti sono curioso se si saprà anche quell’altra verità di cui parlo sopra.

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