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Serie A: riflessioni sull’epopea della Juventus

Nihil sub sole novum. Ovvero, niente di nuovo sotto il sole. Come da copione anche il Campionato di Serie A 2018-2019 è terminato nelle fauci del Tirannosauro Juventus. Pure codesto torneo italiano, infatti, ha visto i bianconeri piemontesi fare un sol boccone della concorrenza, masticata e digerita in un baleno, per una “procedura” ormai ben collaudata, perdurante da ben 8 (otto) lunghi anni.

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 Un arco temporale sterminato nel corso del quale Madama ha instaurato e consolidato un autentico regime totalitario efferato, di quelli che non concedono dimora alla benchè minima forma di ...contestazione. Un dominio iperbolico, iniziato a bassa voce nel 2011-2012, che ha sostanzialmente disintegrato, anno dopo anno, gli argini della normalità, facendo esondare il proprio strapotere al di fuori di ogni ragionevole previsione.

Una sovranità inusuale resa possibile da qualità tecniche ed umane non indifferenti, certo, ma che ha trovato la decisiva complicità di competitors non proprio d'alto rango. E proprio nella presenza di rivali molto accondiscendenti sarebbe da ricondurre l'epopea zebrata, per uno scenario che in parte tende a svilire i meriti del team di M. Allegri. Non a caso la squadra juventina, in questi ultimi due lustri, non è riuscita a riproporre i propri trionfi al di là dei confini, faticando a signoreggiare anche in questa stagione, rimediando una cocente amarezza contro i baby dell'Ajax. Eh già, che il torneo italiano stia deprezzandosi notevolmente rispetto agli altri grandi campionati nazionali non è più un segreto. Certi, magari non siamo ai livelli di Turchia e Grecia, come qualcuno vorrebbe farci credere, ma è chiaro, alla pari della miglior acqua delle sorgenti alpine, come la Serie A attuale stenti a tenere il passo di Liga e Premier, insinuando pensieri nostalgici in chi ha vissuto i fulgidi anni Ottanta e Novanta, quando le nostre rappresentative facevano la voce grossa in Coppa dei Campioni e giù di lì. La sensazione è che, se si vorrà risalire sul treno dell'autorevolezza internazionale, ci si dovrà impegnare alacremente, senza soluzione di continuità, possibilmente mettendo al bando quella mentalità ottusa e miope che in molte compagini la fa da padrone, rimpiazzandola col buon senso e la lungimiranza più acuta.

Ad ogni modo, al netto di ogni qualsivoglia considerazione, non possiamo esimerci dal ritenere da leggenda l'impresa della Juventus. Perché, a prescindere dal valore non eccelso del nostro brand, non è per nulla semplice confermarsi sulla vetta d'Italia per 8 anni consecutivi, tanto più se si tiene conto che si usciva dal terremoto di Calciopoli che aveva squassato tutto l'ambiente bianconero. Non è per nulla semplice far funzionare a pieni giri un motore turbo per un lasso di tempo così vasto, senza incorrere nella pur minima avaria. Non è per nulla semplice trovare sempre e comunque le motivazioni per vincere (e stravincere), senza palesare alcuna flessione o titubanza, che a certe latitudini può anche essere fisiologica e quindi comprensibilissima. Sicchè l'exploit della Juve se da una parte non deve indurci nell'esaltarne in maniera sconsiderata il potenziale, dall'altra non può farci cadere nella tentazione di pensare che gli Scudetti conquistati dalla Vecchia Signora siano stati un effetto dovuto, quasi obbligato, sminuendo oltremisura la reale valenza di quanto conseguito nonchè il coefficiente di difficoltà della competizione. Che magari non sarà equiparabile agli anni Ottanta, ma da qui a far passare la nostra Serie A ad un concorso amatoriale ve ne corre.

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