Senzatetto a Sapri: Viri a chillo, s’è fatt pure u’cane
Così è, a citar l’esempio, il caso di taluni addetti alle pulizie in quel d’una stazione ferroviaria a Sapri che, a conoscenza dalle primissime ore del disagio, non pongono alcun freno all’esercizio d’un abuso di potere immaginato:
- le ripetute denunce alla Polizia Ferroviaria per atti mai campati volte esclusivamente alla cacciata dalle aree di sosta d’un pubblico in genere;
- le minacce verbali di procedere in maniera aggressiva (giustizia fai da te) qualora ci trovassero ancora in sede il giorno a seguire;
- la totale noncuranza nei confronti di quei pochi effetti personali, unico conforto di chi è già privato d’ogni altro (una coperta buttata di proposito nella spazzatura, una borsa presa a calci, l’asciugamano insozzato di polvere e via dicendo);
- il personale amministrativo (o sedicente) che in malo modo e assai scortese vuol liquidarci in occasione d’un reperimento di informazioni di ben pubblico dominio;
- e ancora tutte quelle volte, che al passaggio d’uno di noi, a canzonare sono lesti, a burlarsi sono svelti degli sfregi in viva mostra d’un infelice già denudato delle vesti sue appropriate, per affondare ancor più le lame quando il volto è quel di donna.
Vien spontaneo dalle nostre parti interrogarsi sulla natura d’un tal eguale, pur umano sedicente, che pianta i suoi coltelli in quel corpo già steso e morto: è quella d’un ignorante che il morto non va vedendo o è, forse lei, quella della bestia (l’animale tralasciando), che il piacere va traendo proprio dall’accanimento su quell’Altro già bell’e morto. A ciascuno la sua scelta!
Viene ancora da interrogarsi, se il tempo speso a vessare, non è meglio investito nella qualità d’esecuzione del proprio lavoro (bontà loro, pur salariato!), nella fattispecie quello delle pulizie d’una stazione ferroviaria in quel di Sapri, qui scrivendo. Al principale i suoi onori!
Seppur caduti e già in terra ci aspettiamo sul piano umano (perlomeno sì supposto!), se non amati, ch’è eresia, perlomeno d’esser rispettati in quella parte che fa di noi l’eguale, l’umano Altro, magari povero (solo di quattrini!) e anche lordo (vuol natura!), ma non nemico o diverso. Abbiamo fatto e facciamo ancora un lavoro, che è il nostro, ogni giorno e senza sosta, con passione e pur l’amore che in esso è già dato, nel silenzio di una terra inospitale e desolata e alla vista assai cieca di un umano assetato sempre e solo di condanna.
Abbiamo fatto quello che il mondo ignora, non abbiamo fatto quel di cui ci accusa e, grazie a Dio, lo sa almeno il cane, pure lui ahimè randagio, che fedele e dal cuor sereno, l’altro giorno si mise fiero a sfilare con me barbone sulla via per andare al bagno, giustappunto sotto agl’occhi d’un addetto prepotente, che col ghigno, sola voglia, sputò nuovo il suo veleno… “viri a chillo, s’è fatt pure u’cane!”
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