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Segni particolari: cacciatore di acquedotti

Alto, biondo, occhiali dalla montatura leggera ma soprattutto uno spiccato accento inglese. Signori e signore ecco Ted O’Neill, il primo ed unico “cacciatore di acquedotti” che abbia mai incontrato. 

Ci siamo conosciuti per la prima volta durante la sagra della castagna locale di Manziana (Rm): era vicino ad uno degli stand dove si stava esibendo un gruppo di musica popolare. In mano aveva una telecamera e sulle spalle un piccolo zaino. Chi l’avrebbe mai detto che quello che sembrava il prototipo del turista inglese, in realtà fosse un profondo conoscitore ed amante del territorio a nord di Roma (e non solo)?

L’idea di intervistarlo è nata proprio da qui, dalla curiosità di sapere come mai un simpatico signore inglese dedicasse del tempo alla nostra storia ed alla nostra tradizione. Quindi, armata di computer e quaderno per gli appunti, ecco il resoconto di un colloquio a distanza tra Italia ed Inghilterra, alla scoperta di acquedotti antichi.

Ciao Ted, raccontaci la tua storia…chi è davvero Ted O’Neill?

Ciao Sara. Be', non potevi farmi domanda più semplice ed al tempo stesso complicata. Ted O’Neill è un attore mancato, sicuramente un intrattenitore ma soprattutto un appassionato di Shakespeare, Molière e Tennessee Williams. Ma forse, più di tutto, Ted è il figlio di Mike O’Neill, il fondatore e presidente del MEON HDTV Productions, nata nel 2008 per documentare in Alta Definizione tesori dell’archeologia e della cultura Italiana.

Una casa di produzione che si occupa solo di archeologia ed in particolare di quella italiana. Abbastanza curiosa come scelta. Prova a darci qualche dettaglio in più.

No, dai! Non è poi così strano. Il nostro obiettivo è quello di ricercare e filmare gli acquedotti antichi romani. E’ proprio per questo che siamo arrivati a Manziana, a pochi Km dal lago di Bracciano, a nord di Roma. Qui abbiamo ritrovato il sito più affascinante e finora meno conosciuto: le sorgenti monumentali ed i ninfei di Santa Fiora e del Poggio del Nespolo. 

Quindi è stata questa passione a portarti via dall’Inghilterra e a catapultarti nel nostro paese?

Ho sempre amato stare con gli italiani. Sono venuto a Roma a Natale del 1996: fu amore a prima vista! Venni letteralmente stregato dalle sculture del Bernini e del Canova: da allora non ho mai smesso di amare la Città Eterna. Ho iniziato ad appassionarmi all’arte, all’architettura, alla storia ed alla lingua italiana. Poi vogliamo mettere il valore aggiunto dato dal Chianti Classico, dal Morellino di Scansano e dal Passito di Pantelleria (ride). Se mai dovessi tornare in pianta stabile in Inghilterra, dovrò prendere una macchina solo per portare tutti gli ingredienti per preparare una perfetta parmigiana di melanzane!

Buongustaio! Direi che, dopo questa dichiarazione d’amore, possiamo a tutti gli effetti darti la cittadinanza italiana.

Forse sì, anche se, ad essere sincero, il mio accento non è proprio quello tipico di un italiano modello! Nonostante sia ormai da tempo che provo ad avvicinarmi alla vostra lingua, ho fallito per ben tre volte: per esempio dal 1997 al 2001 ho frequentato un corso di Italiano in Inghilterra e sono perfino stato per tre settimane nell’eccellente Scuola Leonardo da Vinci a Firenze. Ma i risultati non sono stati proprio buoni! (Rde). Dopo questo “corteggiamento” alla fine, nel novembre del 2002, ho deciso di lasciare l’Inghilterra con un biglietto di sola andata per Fiumicino. Appena sceso, sono andato dritto al Museo Borghese per vedere la statua di Proserpina del Bernini. Ritornando però alla tua domanda, posso sicuramente dirti che la cosa che mi ha fatto venire e mi ha rapito e convinto a restare sono proprio gli italiani. Dopo aver trascorso dieci anni in un paese di persone così calde, generose, attraenti e appassionate, come potrei vivere altrove? Chiudo con un ricordo che mi è venuto ora alla mente e che forse potrà sembrare strano e decontestualizzato: gli attentati dell’11 settembre per me sono proprio legati al vostro paese ed in particolare alla città di Firenze dove risiedevo per studio.

Ora abbiamo capito meglio il tuo attaccamento all’Italia, ma come mai questa passione da “cacciatore di acquedotti”?

La risposta può sembrare anche troppo semplice: gli acquedotti sono la prova tangibile di 2000 anni di storia dell’uomo. Sono enormi e riescono ancora oggi ad incutere timore e rispetto in chi li guarda. In Inghilterra non abbiamo questi ruderi straordinari. E non sbaglio ad affermare che fu proprio l’abbondanza di acqua e la capacità di fornirla in maniera capillare alla città di Roma (e non solo) che ha permesso la crescita della sua popolazione e la costruzione dell’impero. Si tratta di monumenti che erano parte viva ed integrante della società romana: alcuni di questi (in particolare l’Acqua Felice, Paola Acqua e Acqua Virgine) sono ancora in vita dopo 2000 anni! E’ una cosa meravigliosa che lascia senza parole! La mia azienda sta studiando gli Acquedotti dal 2008 ma, onestamente, dobbiamo dire di stare in piedi sulle spalle di giganti: nei nostri studi seguiamo infatti le orme di alcuni grandi archeologi che hanno studiato l’approvvigionamento idrico dell’antica Roma dal 1500. Infatti sono stati proprio gli acquedotti ad ispirare alcuni nomi importanti dell’archeologia: Rodolfo Lanciani, Esther van Deman, Thomas Ashby e ora Rabun Taylor e il grande Lorenzo Quilici, solo per citarne alcuni.

Ma nel dettaglio cosa significa cacciare acquedotti?

Il titolo “Roman Aqueduct Hunting” deriva dal nome del libro del professore americano Harry. B. Evans (Roman Aqueduct Hunting in the Seventeeth Century – trad. Caccia al Acquedotto romano nel Seicento). Il volume studiava da vicino il lavoro di Raffaele Fabretti, il primo “cacciatore di acquedotti”. E’ stato proprio Fabretti il primo storico a condurre uno studio dettagliato e scientifico degli antichi acquedotti: fu il primo a rendersi conto che i condotti principali del lago Sabatino appartenevano ad un acquedotto costruito dall’imperatore Traiano. L’importanza di questo acquedotto venne celebrata nel 110 d. C. addirittura dal conio di una moneta.
Per noi, invece, “Cacciare gli Acquedotti” significa fare delle riprese in luoghi bui come l’Aqua Virgo, a 25 metri sotto il livello della Chiesa di Trinità dei Monti nei pressi di Piazza di Spagna a Roma. Ma soprattutto, cacciare un acquedotto significa dare tanto, tantissimo spazio alla ricerca. La ricerca in profondità, quella negli archivi, nel Biasa di piazza Venezia (Biblioteca Archeologia) e nelle ricche biblioteche e nei ricordi della popolazione locale. Una delle fonti locali più importanti per noi è stato Livio Vecchiarelli, cittadino di Manziana: il suo lavoro è stato davvero prezioso!

Quindi non sbaglio a dire che forse la “scoperta” più sorprendente che avete fatto è stata quella dell’Acquedotto di Traiano. Raccontaci meglio di cosa si tratta.

Le Sorgenti Monumentali dell’Acquedotto di Traiano a Manziana sono gioielli che sono stati da sempre noti agli studiosi locali: il professore Lidio Gasperini e Livio Vecchiarelli sono solo due dei nomi più importanti che si possono fare a questo riguardo. Ma i testi classici sugli acquedotti romani a malapena fanno degli accenni all’antico ninfeo. Thomas Ashby, per esempio, tra il 1890 ed il 1924 era arrivato a circa 125 metri ad est della chiesa ma non vide mai la camera sotterranea di captazione e questo perché era piena d’acqua e quindi inaccessibile. E’ per questo che molti si sono sbilanciati e hanno definito la nostra una “scoperta”.

Nonostante questa “lacuna” bibliografica, Santa Fiora è sicuramente uno dei siti più importanti nello studio degli acquedotti perché, tutt’oggi, non c’è altra fonte di acqua del genere. Il monumento fu costruito con i profitti dalla guerra di Traiano in Dacia e per anni ha rappresentato il livello più alto e compiuto dell’ingegneria romana. Ora, anche grazie al nostro lavoro, c’è maggiore conoscenza e consapevolezza della valenza del sito archeologico sia da parte dei politici locali che della Soprintendenza. Queste sono delle ottime premesse per preservare questi antichi monumenti e soprattutto per continuare in modo corretto le ricerche.

Un territorio quello a nord di Roma, definito Tuscia Romana, che è ancora molto “inesplorato” soprattutto da parte dei turisti. Quale pensi possa essere il suo futuro? Quali le strategie per promuoverlo e rilanciarlo?

La risposta a questa domanda è molto impegnativa. La mia idea è che tutto il mondo desidera vedere Roma e non i suoi dintorni. Ed il motivo è abbastanza intuitivo: quale altra città ha praticamente invaso tutto il mondo conosciuto? Detto questo, considerando che l’antica civiltà della Tuscia, gli Etruschi, erano una popolazione pacifica ed amante dell’arte, è forse naturale che faccia più presa su un turista l’idea del gladiatore e degli imperatori romani. Gli Etruschi, infatti, non invasero la Francia, né la Dacia, nè l’Inghilterra: è anche per questo che noi cittadini di lingua inglese a scuola non studiamo il popolo etrusco ma solo quello romano. Non impariamo la lingua etrusca né siamo abituati a visitare l’Etruria (o Tuscia). I romani, invece, con l’imperatore Giulio Cesare arrivarono fin nel mio paese (Gran Bretagna) nel55 ace nel 43 c.c. con Claudio lo invasero definitivamente, tanto che nel 122 cc Adriano costruì un muro fortificato lungo il confine settentrionale d’Inghilterra per tenere fuori “i selvaggi dai capelli rossi”, gli scozzesi. Quindi noi britannici, per 2000 anni abbiamo conosciuto molto bene il mondo dei romani. Se la storia fosse stata diversa, se fossero stati gli Etruschi a costruire gli acquedotti, allora magari le città che tutti gli inglesi vorrebbero visitare sarebbero Tarquinia, Cerveteri, Veio e Pirgi.

Nel tuo futuro da “cacciatore di acquedotti” cosa vedi?

Se possibile, vorrei filmare tutti gli antichi acquedotti di Roma, tracciandone con precisione i loro percorsi, dalle sorgenti fino al centro della Capitale. Mi piacerebbe poi produrre modelli informatici tridimensionali, includendo tutte le loro caratteristiche principali. Infine vorrei raccogliere tutto in un libro che unisca insieme gli aspetti archeologici con quelli ingegneristici legati all’approvigionamento dell’acqua nella Roma antica.

Ci sono alcuni altri siti particolarmente interessanti sulle rotte degli acquedotti, proprio nei dintorni di Roma, dove è probabile che sia possibile fare nuove sorprendenti scoperte. Tra questi ci sono l’Aqua Iulia e quella Tepula nei Castelli Romani. Ma l’acquedotto che forse è avvolto dal mistero più fitto è quello dell’Aqua Alsietina che io chiamo “Rome’s Lost Aqueduct” (l’Acquedotto Perduto di Roma). La maggior parte di questo acquedotto scorre sotterraneo e mi piacerebbe sfruttare la Geofisica per tracciare il percorso che dal Lago di Martignano (vicino Bracciano) attraverso il Monte Maiale, Cesano di Roma, Santa Maria di Galera giungeva fino a Piazza San Cosimato in Trastevere, dove forniva l’acqua alla Naumachia di Augusto. Tuttavia, i siti più importanti e più interessanti nello studio intero degli Acquedotti si trovano proprio intorno al Lago di Bracciano e in particolare a Pisciarelli e Manziana. Dobbiamo studiare accuratamente questi monumenti, facendo scansioni laser con il sistema Lidar e conducendo rilievi geofisici: solo al termine di questi ed altri studi sarà possibile affermare di avere realmente conosciuto il modo di gestione dell’acqua ai temi dei romani.

In che modo le realtà presenti sul territorio possono contribuire attivamente alla valorizzazione di siti archeologici come quelli di S.Fiora a Manziana?

Santa Fiora, come già ho affermato, è il più importante sito archeologico nello studio contemporaneo degli acquedotti romani. Da lì partiva l’acqua che forniva Trastevere, il Colle Oppio e l’Aventino. Enti locali no-profit, cooperative, provincia, regione, comune, banche, università locali e le organizzazioni non governative possono aiutare in tanti modi. Provo ad elencarne alcuni in modo schematico, cercando di non dimenticare nulla:

1. Raccogliere fondi per pagare le riprese e la rilevazione iniziale di Santa Fiora e di altre fonti di acquedotto. La mia società: MEON HDTV ha già investito parecchio denaro, materiali, tempo e campagne, e abbiamo bisogno del sostegno della popolazione locale.

2. Trovare dei fondi per acquistare la terra di Santa Fiora che insiste su proprietà privata.

3. Raccogliere fondi per pagare un conservatore archeologico per preservare la vernice blu d’Egitto e cemento idraulico.

4. Avviare una campagna, in collaborazione con le Soprintendenze di Archeologia di riferimento, per completare il processo di ottenimento di un “vincolo archeologico” per salvaguardare il posto.

5. Coinvolgere società ed esperti in geofisica che, volontariamente, potrebbero dedicare il loro tempo, e la loro esperienza a completare le indagini geofisiche con Magnetometria, GPR, ecc.

6. Coinvolgere un’organizzazione con personale esperto nella produzione di modelli di laser 3D prima che Santa Fiora cada sotto il peso del tempo e dell’incuria.

Da quello che dici, quindi, il problema più serio sembra essere quello relativo alla proprietà dell’area.

Assolutamente sì. Secondo la legge italiana, infatti, finchè la proprietà non diventa pubblica, non è possibile investire fondi comunali, provinciali, regionali o statali. Ed anche l’Unione Europea per stanziare fondi ha bisogno della stesso requisito. E’ per questo che la prima cosa da fare è l’esproprio del terreno. Santa Fiora è una parte significativa del patrimonio del popolo di Manziana e dell’intero comprensorio. Non è solo la chiesa più antica di Manziana ma una fonte di acqua sacra che ha sostenuto molte vite e ha fornito acqua di sorgente alla popolazione, per oltre 2000 anni.

L’esproprio quindi è la prima azione da compiere per la valorizzazione del sito. Ma poi quali sono i passi da fare?

Il primo è quello di compiere i rilievi. Il disegno della chiesa, infatti, non è geometricamente semplice e per questo fin qui non è stato facile fare le misurazioni. Un team di architetti dell’Università di Bologna nel 2010 è stata incaricata di fare degli studi ma proprio per i problemi legati alla proprietà, ancora oggi è impossibile accedere al sito. Il secondo passo è quello di rendere il sito accessibile (chiesa/ninfeo, acquedotto, pozzo principale, chiusino) per potere poi provvedere con lo scanner laser Lidar alla realizzazione di modelli in 3D. Inoltre, è urgente porre un adesivo speciale alle pareti del ninfeo nella camera di captazione. Ci sono infatti tracce evidenti di vernice di colore blu egiziano.

Questo intervento deve essere fatto tempestivamente, prima che le piante di fico possano fare “crollare” i resti ancora in piedi. Infine bisogna provvedere a scavare il terreno del “cimitero” davanti ed intorno alla chiesa di Santa Fiora, studiandone sia le caratteristiche geofisiche che quelle archeologiche classiche. Ed il pensiero va sicuramente al Prof. Lorenzo Quilici. Le future generazioni, a partire da quelle di Manziana e Bracciano, non possono vedere crollare un pezzo di storia, oltre che un valore artistico di questa valenza.

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