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Se volessi diventare famoso

Se volessi diventare famoso probabilmente farei così:

Provvisto di cameraman e del vestito della festa andrei, che so, davanti alla Stazione Centrale di Milano. Sceglierei un vagabondo, l’ideale sarebbe un punkabbestia col cane spelacchiato e la ragazza addormentata piena di pircing. Lo farei alzare in piedi accanto a me (i punkabbestia in genere stanno seduti) e esibirei una banconota da 500 euro a favore di telecamera, lo inviterei a tenere con due dita l’altra estremità e declamerei qualcosa del genere:
 
Con questo piccolo gesto, che sia il primo passo di un lungo cammino di solidarietà per il nostro movimento, io per primo voglio dimostrare il mio impegno personale e politico al sostegno di chi è meno abbiente, al sostegno degli sfruttati, dei disadattati, degli handicappati e degli animali”.
 
Sorriso stereotipato al centro dell’obiettivo. Uno, due, tre e poi swiss... sfilerei la banconota dalle dita del punkabbestia. Con un’amichevole pacca sulla spalla lo congederei: “Beh... grazie amico, finirai al Tg1!” e rimarrei a fissarlo in attesa della reazione.
 
Gomitata sui denti? Ginocchiata nei scilipoti? Mi aizza contro il cane? Mi aizza contro la fidanzata? Qualsiasi violenza fisica o verbale subita nei sessanta secondi successivi mi renderebbe famoso.
 
...
 
Pensate invece se non accadesse nulla di tutto questo, se il punkabbestia semplicemente tirasse un sospiro e tornasse a sedersi senza nemmeno mandarmi affanculo.
 
Un flop.
 
“Questa società gioca una strana partita: l’unico modo di vincere una mano pare essere d’astenersi dal giocare”.

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