• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cronaca Locale > Rifiuti in Campania ecco tutti i problemi che nessuno prende in (...)

Rifiuti in Campania ecco tutti i problemi che nessuno prende in considerazione

In Campania si producono annualmente intorno a 2.500.00 tonnellate di rifiuti urbani e quasi il doppio di tipo industriale. Tutta l’attenzione è concentrata sui primi mentre dei secondi nessuno si preoccupa. Secondo “le carte” i rifiuti industriali sono virtuosamente smaltiti; chi ci crede è da considerare un “diversamente abile mentalmente”?

Degli industriali una buona parte viene smaltita mediante incenerimento abusivo (i così detti fuochi e contribuiscono significativamente all’inquinamento dell’aria, del suolo e delle acque). Un’altra parte, consistente, sembra che sia smaltita in maniera “lecita” secondo le carte; è inverosimile che, a quanto pare, le istituzioni addette alla tutela dell’ambiente non se ne preoccupino.

I rifiuti industriali sono liquidi e solidi ed hanno una elevata potenzialità inquinante. Tutti i rifiuti industriali accumulati sulla superficie del suolo, o interrati, (bruciati o no) vengono attraversati dall’acqua piovana che si arricchisce di sostanze in essi contenute; conseguentemente si inquina e può causare l’inquinamento della sottostante falda che nelle aree di pianura comprese nella Terra di Lavoro, nel Nolano e nell’Agro Nocerino-sarnese si trova a pochi metri di profondità.L’acqua inquinata al contatto con i rifiuti ci mette da alcune ore a qualche mese per raggiungere la falda, in relazione allo spessore dei terreni di copertura che la separano dalla superficie del suolo.

Nei rifiuti raccolti nelle aree urbane, non selezionati e non differenziati, si trovano inquinanti organici ed inorganici. Alcuni hanno una durata di mesi, di anni, altri sono eterni.

Come è noto la legge impone che i rifiuti vadano accumulati in un contenitore (discarica) che li deve isolare dall’ambiente circostante per evitare la dispersione di inquinanti nelle acque superficiali, nel suolo e sottosuolo e nelle eventuali falde idriche presenti nel sottosuolo.

Deve essere chiaro a tutti che i rifiuti accumulati in una discarica rappresentano un nuovo giacimento geologico che per sempre rimarrà in quel sito: conseguentemente si deve valutare l’impatto dei rifiuti sull’ambiente circostante e sulla salute non a scala di opera ingegneristica ma a scala plurisecolare, geologica. In pratica, deve essere valutato l’impatto sull’ambiente e sulla salute dei cittadini di oggi e di domani. Il comportamento della discarica di rifiuti, pertanto, va valutato tenendo presente che il “nuovo giacimento di rifiuti” può essere sollecitato da una serie di eventi geologici e pluviometrici che hanno caratterizzato le ultime migliaia di anni.

La legge vigente vieta accumuli di rifiuti nelle aree con vulcanismo attivo perché il substrato si può rigonfiare in occasione di eventi eruttivi con la conseguente rottura del sistema impermeabilizzante, ecc.

La legge vieta di realizzare discariche in zone con fenomeni carsici che potrebbero fare disperdere nel sottosuolo il percolato. Anche nelle aree con sismicità attiva è vietata la costruzione di discariche perché fratture e spostamenti verticali tipici di queste aree metterebbero istantaneamente fuori uso il sistema di impermeabilizzazione.

La legge vieta le discariche nelle aree ambientalmente protette (parchi naturali come quello del Vesuvio e della Collina dei Camaldoli).

La legge prescrive come deve essere fatto l’isolamento dei rifiuti; dice che la loro base deve stare al disopra di alcuni metri dalla falda idrica.

Si deve sempre tenere presente che altre leggi impongono di non inquinare e che deve essere preservata la salute di tutti i cittadini.

Un grave problema che non si prende mai in considerazione è rappresentato dalla durata dei sistemi impermeabilizzanti che isolano i rifiuti: per legge si deve usare argilla compattata fino a raggiungere determinati valori di permeabilità tali da non consentire l’attraversamento del percolato. Vanno applicati teli di vario tipo e livelli con argilla bentonitica.

I materiali usati saranno a contatto, per molti anni, con il percolato che li aggredirà: quanto tempo resisteranno i materiali sottoposti ad aggressione chimica? Da 10 a 20 anni al massimo in base alle garanzie fornite dalle ditte che costruiscono i teli. In pratica non si sa se il telo e lo strato argilloso alla base dei rifiuti delle discariche campane siano ancora in grado di evitare la dispersione del percolato. I minerali argillosi reagiscono con gli elementi contenuti nel percolato e si trasformano in nuovi minerali variando la permeabilità originaria che progressivamente diminuisce favorendo la circolazione dei liquidi.

La durata del sistema impermeabilizzante, in pratica è inferiore alla durata degli inquinanti più pericolosi. Come si può avviare? O si fa manutenzione alla base dei rifiuti, o si intercetta il liquido inquinante che fuoriesce dalla struttura impermeabilizzante quando il substrato della discarica è rappresentato da rocce argillose di spessore di centinaia di metri che rappresentano una naturale impermeabilizzazione.

Se la discarica è realizzata al di sopra o all’interno di rocce e sedimenti sciolti permeabili, l’inquinante scende per gravità verso il basso e in assenza di livelli naturali impermeabili può raggiungere la falda idrica e inquinarla. Si tratta di valutare in quanto tempo questo può accadere: ma sicuramente accadrà.

Se la discarica è realizzata in una ex cava a fossa, profonda decine di metri rispetto alla superficie del suolo circostante come quelle del Nolano, di Chiaiano, Terzigno, Giugliano, Villaricca, Lo Uttaro ecc., è evidente che non si potrà mai fare manutenzione alla base dei rifiuti e che conseguentemente in seguito alla immancabile corrosione e lacerazione della struttura impermeabilizzante avverrà dispersione di percolato nel
sottosuolo fino alla falda.

Un problema molto grave riguarda lo spessore della struttura impermeabilizzante che per legge può anche essere di un solo metro sia che debba sopportare il carico di 10 metri di spessore di rifiuti sia che ne debba sopportare molte decine. Ad esempio a Chiaiano in seguito alle nostre motivate critiche la servile struttura tecnica del sottosegretario Bertolaso, che aveva previsto un metro di spessore, lo raddoppiò.

Immaginate ora lo stato tecnico di 2 metri di argilla sottoposta al carico di circa 65 metri di rifiuti. Praticamente quei due metri di argilla ora stanno sopportando il peso di un grattacielo di circa 22 piani.

E’ evidente anche al più sprovveduto dei tecnici che l’argilla sarà stata interessata da rifluimenti con conseguenti deformazioni e lacerazioni dei teli con evidenti problemi di dispersione di percolato nel sottosuolo. Identico problema deve essersi verificato a Terzigno e nelle altre cave a fossa. E si verificherà anche nelle altre eventuali discariche che saranno, irresponsabilmente, costruite in cave a fossa.

Se la discarica è realizzata sulla superficie di rocce argillose di notevole spessore e in condizioni di assoluta stabilità geomorfologica il problema della probabile dispersione di inquinanti nel sottosuolo è molto più contenuto e controllabile. Nelle rocce argillose non si può formare una falda idrica al di sotto dello strato superficiale di alterazione che di solito ha spessore di alcuni metri. Solitamente al passaggio tra lo strato alterato superficiale ed il substrato compatto si individua una falda temporanea o perenne a pochi metri di profondità. Tale falda può essere agevolmente captata ed isolata in quanto verticalmente non si può verificare infiltrazione zenitale di percolato nel substrato compatto.

Questo è il motivo principale per cui è più sicura ambientalmente una discarica realizzata su un substrato argilloso di spessore di varie centinaia di metri e in una zona assolutamente stabile non interessata da fenomeni franosi attuali o futuri né da tettonica attiva che possa causare spostamenti istantanei del suolo di varie decine di centimetri come accaduto nell'area epicentrale del sisma del 1980. Può essere sufficiente realizzare una trincea drenante a valle della discarica per intercettare la esigua falda che defluisce al contatto tra lo strato alterato superficiale ed il substrato.

La carta idrogeologica redatta da Allocca e altri nel 2003 (sopra riportata) evidenzia che le pianure costiere dalla Piana del Garigliano a quella del Volturno, dei Regi Lagni e dell'Agro Nocerino-sarnese, alla Piana del Sele sono tutte caratterizzate da un substrato di rocce permeabili che ospitano falde idriche di importanza strategica per la Regione. Ogni anno dalla Pianura Campana vengono estratti circa 500-600 milioni di metri cubi di acqua per soddisfare gli usi agricoli, industriale e potabili. Tutta l'attività di trasformazione dei pomodori, e l'economia connessa, concentrata nell'agro nocerino-sarnese si basa sull'estrazione di circa 50- 60 milioni di metri cubi di acqua potabile dalle falde in circa 60 giorni.

Le discariche di Basso dell'Olmo a Campagna e di Macchia Soprana di Serre sono state realizzate poco sopra i prelievi di circa 250 milioni di metri cubi di acqua per l'irrigazione della Piana del Sele con grave rischio per tutta l'economia basata sui prodotti agricoli e attività zootecniche che devono usare acqua non inquinata.

Le discariche realizzate nelle pianure costiere inevitabilmente hanno un impatto sulle risorse idriche di importanza strategica in quanto, se inquinate, non possono essere sostituite con prelievi in altre aree. Nelle rocce vulcaniche sono state ubicate numerose cave prevalentemente a fossa per il prelievo di pozzolane, tufi e rocce laviche. Nei sedimenti alluvionali antichi affioranti lungo i margini della Piana del Sele sono state realizzate varie cave per il prelievo di detriti.

L'area centrale dell'Appennino è caratterizzata dalla presenza dei rilievi montuosi principali di natura prevalentemente calcarea che rappresentano i più importanti serbatoi idrici naturali. In essi si infiltra quasi tutta l'acqua di precipitazione che alimenta grandi sorgenti perenni che hanno una portata media superiore a 40.000 litri al secondo. L'acqua prelevata alle sorgenti soddisfa le esigenze idropotabili della Campania e di parte della Puglia. Nelle rocce calcaree sono state realizzate centinaia di cave per la produzione di inerti e materiali da costruzione. Le cave realizzate nei sedimenti alluvionali antichi, nelle vulcaniti e nelle rocce calcaree si trovano al di sopra delle falde di importanza strategica. Nelle aree dove affiorano le rocce argillose sono state realizzate poche cave per la costruzione di laterizi e la produzione di cemento.

L'esperienza maturata negli ultimi anni ha evidenziato che spesso la costruzione e gestione delle discariche in regime commissariale o di sottosegretariato è avvenuta senza l'attento controllo tecnico pubblico. Di conseguenza è stata lasciata mano libera alle ditte aggiudicatrici degli appalti di agire; la magistratura ha evidenziato, dove è intervenuta, che l'esecuzione e gestione delle discariche ha lasciato molto a desiderare creando facili ed illeciti guadagni e le premesse per diffuse situazioni preludenti a disastri ambientali. Società di ingegneria amiche, non controllate, hanno riprodotto progetti inadeguati a garantire la sicurezza ambientale in siti spesso non idonei in base ai parametri di legge. Le parcelle pagate, invece, sono state quelle relative a progetti originali e validi.

Oggi non è cambiata la situazione! Nuovi commissari con poteri speciali e poca "buona scienza e tecnica" si preparano a realizzare altre discariche in cave. Ciò si deduce dalle affermazioni dello stato maggiore che "comanda" l'ennesima crisi attuale.

I 17 anni di scandalo rifiuti non sono trascorsi senza lasciare tracce, ovviamente "puzzolenti" e dirompenti. Mentre si sono arricchite facilmente le così dette lobby che altro non sono che i gruppi industriali e le banche che detengono il potere economico e grazie ad esso, di fatto, comandano in Italia protette dai mass media che contano, imponendo i loro voleri ai governi nazionali e locali pro tempore grazie al controllo diretto esercitato su molte persone che si dedicano all'amministrazione della cosa pubblica, il prezzo da pagare per i cittadini campani è stato alto.

I 17 anni di scandalo rifiuti si sono retti grazie alla "fessaggine" della maggioranza dei cittadini campani (e tra questi si autoinserisce a pieno titolo anche lo scrivente) nei quali è stata forzata la convinzione che Napoli e la sua provincia volevano solo scaricare la loro immondizia nelle province interne senza fare alcuno sforzo per ridurre il volume dei rifiuti mediante una differenziazione e riciclaggio.

Gli ambienti commissariali hanno fatto di tutto per fomentare la contrapposizione e ci sono riusciti. Di fatto amministratori bipartisan di Regione, Provincia e di vari Comuni più popolosi si sono guardati bene dall'avviare la raccolta differenziata e il riciclaggio dei materiali riusabili.
Le sollecitazioni da parte commissariale (vale a dire da parte governativa bipartisan) sono state molto efficaci. Si ricordi ad esempio quanto accaduto tra la fine del 2007 e gennaio 2008 quando i Commissari Pansa (prima) e De Gennaro (poi) proposero di riaprire la discarica di Pianura suscitando la ribellione dei cittadini.

Scartata l'impossibile proposta Pianura, De Gennaro fu costretto ad attuare la legge approvata durante il Governo Prodi all'inizio dell'estate 2007 che prevedeva due discariche nelle aree interne, una a Sant'Arcangelo Trimonte e l'altra a Savignano Irpino.

I mass media che contano e personaggi "ambigui" fecero di tutto per convincere i cittadini del beneventano e avellinese che le due discariche nel loro territorio erano state imposte dai napoletani che si erano ribellati alla riapertura di Pianura (si ricorda che quest'ultima soluzione non era contenuta nella legge approvata dal governo Prodi per chiudere l'emergenza rifiuti; stranamente, divenne invece un cavallo di battaglia sostenuta dal governo Prodi).

La partecipazione alle vicende dello scandalo rifiuti come rappresentante di vari comuni e comitati di cittadini che hanno voluto conoscere a fondo la realtà e idoneità ambientale dei siti nei quali in maniera estemporanea, ma sembra premeditata, è stata proposta la realizzazione di impianti anche in siti non idonei mi consente di affermare che le vicende si sono svolte costantemente al di fuori della buona tecnica e scienza, della pianificazione concertata e condivisa.

Un elemento strategico è stato il dominio di fattori non tecnici inquadrabili nella diversificata e imponderabile fenomenologia del "sociale", quindi difficilmente quantizzabili, soggetti a rapide mutazioni in relazione al progredire degli "umori", facilmente "manovrabili" e "indirizzabili" anche con sapienti leggi ad hoc e ordinanze di protezione civile opportunamente cadenzate.

Nel 2009 quando fu imposta l'apertura della discarica di Chiaiano dai rappresentanti delle Istituzioni con poteri speciali e normali, benché avessi documentato che la struttura impermeabilizzante doveva essere rifatta e che il sito non era idoneo dal punto di vista idrogeologico, fu promesso solennemente, dai rappresentanti delle istituzioni, che non vi sarebbe stata nessun'altra discarica a Chiaiano. L'apertura è stata fatta con i poteri speciali e la promessa è sempre stata fatta con i poteri speciali!

Una promessa, non so se vi sia anche qualche cosa di scritto, fatta in un momento drammatico per rassicurare i cittadini, non può essere cancellata.

Un mese dopo l'emanazione del DL 90/08 scrissi, dopo avere verificato la "capienza" dei siti individuati per chiudere definitivamente lo scandalo rifiuti e avere verificato la irrealizzabilità dei quattro siti cancellati dopo due anni e mezzo con la legge n. 1/2011, che dopo circa 2-3 anni sarebbe riesplosa la crisi. E badate bene che la crisi non è scoppiata prima perché dopo poco avere emanato il DL 90 il governo impose una nuova discarica a San Tammaro non inclusa nell'elenco del DL 90. E' evidente che il problema non è solo trovare qualche posto dove smaltire i rifiuti giacenti lungo le strade ma risolvere definitivamente il problema.

Anche oggi, fine luglio 2011, ci troviamo in una simile situazione, cioè in un ennesimo stato di grave pericolo per l'ambiente e la salute, senza adeguate strutture per risolvere definitivamente i problemi, conflitti sociali tra cittadini all'interno della provincia di Napoli e tra i cittadini delle diverse province.

Una situazione ideale per esercitare "ricatti" da parte di coloro che detengono il potere economico extra parlamentare e il potere amministrativo di livello superiore; domina la frammentazione del "governo del problema rifiuti", sembra che tutti siano contro tutti. Si mescolano questioni di appartenenza varia (partitica, lobbistica, etnico-geografica, ecc.).

Manca ancora una volta la visione chiara del governo della regione, della necessità di garantire una base comune di sopravvivenza: oltre all'acqua potabile e al cibo, la pulizia del territorio con aria non inquinata, suoli non inquinati, strade che non siano sommerse dai rifiuti. Elementi indispensabili ma di importanza strategica per la tutela della salute dei cittadini di oggi e di domani, per la valorizzazione e conservazione delle risorse naturali e produttive, per una sopravvivenza salute-compatibile in un territorio decentemente mantenuto.

L'assenza di persone (amministratori, addetti alla politica, rappresentanti delle forze sociali e produttive e dei cittadini) in grado di capire che la realizzazione di una discarica è un'operazione delicata in quanto si va a costruire un nuovo giacimento geologico di materiale inquinante e che deve necessariamente essere valutata sia per gli aspetti ambientali che per quelli progettuali che devono tenere conto delle particolari caratteristiche del territorio, fa si che ripetitivamente si riproponga la ubicazione degli impianti in siti spesso non idonei e con modalità di costruzione e gestione assolutamente inadeguate a garantire la sicurezza dell'ambiente e della salute.

Oggi, di nuovo, lo stato maggiore della crisi attuale ripropone la realizzazione di discariche in cave abbandonate palesemente non idonee.Naturalmente si è subito costituito uno stato maggiore per l'attuale crisi: non esiste, invece, uno stato maggiore democraticamente costituito per la risoluzione definitiva e condivisa del problema rifiuti.

Siamo, o no, dei "fessi" inguaribili?

Ho l'impressione che con questi "attori rappresentanti pro tempore delle istituzioni da noi votati" fotocopia di quelli bipartisan precedenti, senza autonomia decisionale perché sembra che debbano obbedire agli ordini superiori che impongono di favorire non i cittadini ma gli interessi economici di chi ha "sapientemente diretto", magari con improvvisazioni, lo scandalo rifiuti per tanti anni.

Attori di questo tipo, per esperienza, si avvalgono di esperti assolutamente manovrabili senza autonomia tecnico-scientifica. Ancora una volta mancheranno le premesse per una "tempesta benefica di cervelli liberi" al servizio dei cittadini di oggi e di domani.

Con questi attori che si agitano senza buona scienza e buona tecnica in un "ambito sociale" si troverà una soluzione tampone, come al solito molto costosa, per garantire qualche mese di autonomia sotto condizione.

Il monito reiterato spesso è ben chiaro: finché non si faranno gli inceneritori non si risolverà degnamente e definitivamente la questione dei rifiuti.

Non si discute che in questi giorni, come nelle centinaia di altri giorni simili a questi che abbiamo vissuto negli anni passati, è prioritario togliere i rifiuti dalle strade; a costi esagerati, come sempre, facendo guadagnare i soliti trasportatori, come sempre. Azioni di tipo militare ci aspettano, come sempre! Rivolte dei cittadini che saranno interessati, in vario modo, dalle azioni militari di pulizia. Come sempre!

Cerchiamo di ragionare su quanto si dovrà e potrà fare nei prossimi anni, almeno fino al 2035 anno in cui gli inceneritori riordinati (il primo ordine risale al DL 90/08) dalla legge 1/2011 saranno invecchiati dopo avere prodotto ingenti guadagni per i loro gestori grazie alla gabella CIP 6 da noi pagata sulle bollette relative al consumo di elettricità.

Ragionevolmente la costruzione degli impianti previsti (inceneritore di Napoli Est, Salerno, Giugliano, gassificatore del casertano) non saranno ultimati prima del 2015. Tutti gli impianti, compreso quello di Acerra, potranno smaltire circa 1.400.000 tonnellate dei 2.500.000 tonnellate di rifiuti prodotti in Campania all'anno. Fino al 2015, pertanto, e per quattro anni ancora la regione si troverà a dovere smaltire circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti prevalentemente non differenziati in discariche.

Giusto per avere un'idea, si fa presente che occorreranno, quindi, altre 11-12 discariche simili quella di Chiaiano per soddisfare le esigenze regionali.

In che maniera l'incremento della raccolta differenziata e l'avvio della filiera del riciclaggio potrebbe migliorare la situazione fino al 2015?

In base alla progressiva differenziazione dei rifiuti (dati ufficiali ARPAC) che ha caratterizzato gli anni dal 2007 al 2009 si può ragionevolmente prevedere che nel 2015 il quantitativo di rifiuti che sarà effettivamente differenziato potrebbe sfiorare i 2.000.000 di tonnellate l'anno (nel 2009 erano oltre 800.000 tonnellate).

Intorno al 2019 la differenziazione potrebbe interessare quasi il 100% dei rifiuti urbani. Ne consegue che dal 2015 inizierà a diminuire sensibilmente la frazione combustibile fino a non garantire il funzionamento degli impianti previsti dalla legge 1/2011 che per operare a pieno regime e produrre più energia per circa 20 anni devono bruciare 1.400.000 tonnellate di materiale combustibile all'anno.

Solo nel 2023 l'energia elettrica venduta dagli impianti consentirà alle imprese che li gestiscono il rientro degli investimenti effettuati per la loro costruzione.
Il materiale combustibile derivato dai rifiuti campani differenziati è di circa il 35% del volume totale dei rifiuti.

Si prevede che il volume totale dei rifiuti che si produrranno in Campania fino al 2035 circa si aggirerà tra 2.500.000 e 3.000.000 tonnellate/anno: di questi, circa 1.000.000 di tonnellate alimenterebbe gli inceneritori.

Siccome occorreranno 1.400.000 tonnellate per fare funzionare a pieno regime gli impianti, che potrà accadere?

-sarà bruciata anche una parte di rifiuti tal quale;
-sarà importata da altre regioni la frazione secca da bruciare.

Ricordiamo sempre che circa il 30% del materiale bruciato si trasformerà in prodotti inquinanti dispersi per via aerea o accumulati in discariche.

Una volta realizzati tutti gli inceneritori a partire dal 2015 e fino al 2035, circa, dovranno essere smaltiti circa 20 milioni di tonnellate di rifiuti molto inquinanti prodotti dagli inceneritori.

Se invece la situazione rimane invariata rispetto ad oggi, fino al 2035 si dovranno smaltire circa 50 milioni di tonnellate di rifiuti.

Se si attuerà una spinta differenziazione e riciclaggio, fino al 2035 si recupereranno:
-circa 1 milione di tonnellate di materiale organico stabilizzato all'anno pari a circa 20 milioni di tonnellate;
-circa 1,5 milioni di tonnellate di materiale riutilizzabile all'anno pari a 30 milioni di tonnellate;
Circa 500.000 tonnellate di rifiuti all'anno andranno smaltiti in discarica pari a circa 10.000.000 di tonnellate, fino al 2035.

Questa filiera è la più conveniente per garantire la sicurezza ambientale e la salute dei cittadini.
Se nel frattempo saranno costruiti gli impianti previsti dalla legge 1/2011 accadrà che non potranno adeguatamente funzionare bruciando solo i rifiuti campani. Quindi, o si bruceranno in Campania rifiuti importati, o la raccolta differenziata e il riciclaggio verranno boicottati in Campania, altrimenti gli impianti non potranno funzionare a pieno regime causando perdite economiche notevoli per le imprese. Cosa mai vista!

Basta volerlo, si può finalmente uscire dalla crisi. Con la condivisione dei cittadini di tutte le province, cancellando i nefasti semi sparsi a mani piene di immondizia dai servitori delle lobby che hanno attuato i 17 anni di scandalo rifiuti.

Basta che i cittadini si attivino per mettere a punto un piano condiviso su scala pluridecennale da fare accettare a coloro che amministrano ricordando loro che sono stati eletti grazie ai loro voti e non per diritto ereditario loro concesso dalle lobby.

Lo stato maggiore ha trovato la soluzione che le altre regioni, visibilmente infastidite, vogliono per assicurare la loro comprensione momentanea: alcuni siti in cui costruire discariche nella Provincia di Napoli in cave abbandonate e a fossa. Lo Stato Maggiore, prima di dare il via "militare" deve delle spiegazioni ai cittadini: chi sono i tecnici che hanno convalidato le scelte, quali competenze hanno, quali sono le motivazioni che renderebbero sicura la realizzazione delle discariche nel territorio provinciale.

Se la scelta è stata fatta direttamente dallo Stato Maggiore indipendentemente dalle valutazioni ambientali possiamo chiudere tutti gli atenei della Campania dal momento che basta un laureato in giurisprudenza (senza approfondite conoscenze dell'ambiente fisico) per fare scelte delicate: tanto deve muoversi nel "sociale" e non in base alla buona scienza e alla buona tecnica.

Visti i gravi precedenti di proposte strane per smaltire i rifiuti in periodi di emergenza (ad esempio riaprire la discarica di Pianura che è stata sequestrata e poi inserita nei siti inquinati di interesse nazionale; la discarica di Chiaiano nel Parco Regionale e quella di Terzigno nel Parco nazionale e per di più Area SIC e ZPS) mettiamo a disposizione istituzionale, anche in questa fase dominata dal "sociale" un comitato di esperti multidisciplinari per verificare in brevissimo tempo le caratteristiche ambientali dei siti individuati dallo Stato Maggiore per dare buoni consigli, trasparenti a vantaggio dell'ambiente della salute dei cittadini di oggi e di domani.

Mentre risolviamo la fase incontrollabile del "sociale", pensiamo, finalmente, ad usare la buona scienza e la buona tecnica per mettere a punto un "piano rifiuti autoctono" condiviso che si ponga il primario obiettivo di salvaguardare la salute dei cittadini di oggi e di domani e le risorse naturali di importanza strategica.

Sarebbe una rivoluzione: non si è mai fatto nei 17 anni di scandalo rifiuti.
Molti sindaci di comuni campani di piccole e medie dimensioni hanno maturato ottimi risultati circa il ciclo dei rifiuti.

Credo si debba fare una riflessione per verificare se le esperienze amministrative possano fornire un aiuto a chi amministra una grande città indisciplinata e poco controllata dalle pubbliche istituzioni civili e militari come Napoli.
In base alle mie elaborazioni si evince che la garanzia più valida per la tutela della salute dei cittadini di oggi e di domani e per la salvaguardia delle risorse naturali di importanza strategica può essere fornita da una soluzione autoctona del problema rifiuti.
Sollecito un confronto su tesi "autoctone" elaborate da uomini liberi e non mercenari per un piano che preveda la risoluzione del ciclo dei rifiuti su scala pluridecennale.

Franco Ortolani
Ordinario di Geologia
Università di Napoli Federico II 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares