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Sanremo 2010: Grande spettacolo (antiartistico) all’Ariston

L’orchestra strappa gli spartiti e li lancia, la massima espressione del malcontento dei veri professionisti, di fronte ad un festival che davvero conserva poco dell’idea di rappresentare la musica italiana.

Un solo grido si alza dall’orchestra di Sanremo: "buffoni, buffoni".

Partiamo da un presupposto. Un concorso musicale importante come Sanremo nasce allo scopo di preservare e incoraggiare lo sviluppo di una cultura musicale, in quanto la musica è una delle tante forme d’arte che attestano la salute di un popolo e la sua vivacità creativa.
 
Di qui, di fronte alla totale mancanza di rispetto per la loro arte, la risposta polemica e incredula dei professionisti dell’orchestra, che gettano via gli spartiti. Non è l’unica, né sarà certamente l’ultima ribellione, di fronte ad un processo che sta portando Sanremo verso una politica di vaquità, dove il vincitore tende ad essere quello che addormenta in facili buonismi, più che quello che si sforza di creare una canzone che possa durare nel tempo.
 
Come asserito da Simone Cristicchi, "la gente non ha voglia di pensare cose negative", così diamo il via ad una scialba passerella di canzoni in cui non serve pensare, ma solo alienarsi all’interno del flusso di parole comuni.
 
Così riappaiono Arisa e Mengoni, e addirittura Valerio Scanu vince. E intanto va avanti a fatica un festival a cui si può togliere l’audio e inserire come sottofondo la canzone "meno male" di Cristicchi, la denuncia dell’agonia dello stato italiano di cui Sanremo è l’emblema artistico.

L’Arte italiana è in stato d’assedio.

E, rubando ancora le parole a Cristicchi, "se sbaglio mi corriggerete!"

 

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