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Sanità: c’è sempre qualcuno più fuffaro di te

Sulla crisi della sanità pubblica, Meloni pare aver copiato ampie parti della proposta Schlein. La quale, tuttavia, è priva di coperture finanziarie reali. Ma tranquilli, ora arriva l'immaginario MES sanitario.

Alla fine, il governo ce l’ha fatta: nel senso che è riuscito a presentare un decreto legge sulla riduzione delle liste di attesa nella sanità prima dell’apertura delle urne per le elezioni europee. Nei giorni scorsi pareva infatti che, a causa della ormai tradizionale mancanza di materia prima, cioè i soldi, l’esecutivo si fosse rassegnato a un lento e compassato disegno di legge, di quelli del tipo campa cavallo che l’erba cresce muore.

Invece, con un colpo di reni, ecco il decreto legge, affiancato al disegno di legge. Il primo tende a essere presentato come la risposta immediata alle criticità del popolo stressato. Non è esattamente così ma tutto fa brodo e marketing politico.

IL DECRETO LEGGE MELONI

Il decreto legge prevede, a tambur battente,

L’istituzione, presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari (AGENAS), della Piattaforma nazionale delle liste di attesa, interoperabile con le piattaforme delle liste di ciascuna regione e provincia autonoma, in coerenza con l’obiettivo «Potenziamento del Portale della Trasparenza» previsto dal PNRR.

Quindi, ben venga, essendo previsto dal PNRR. Resta da capire perché un decreto legge, e perché solo ora, ma non siamo troppo schizzinosi. In conseguenza del passo di cui sopra, viene istituito

[…] l’Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria, con il compito di verificare il corretto funzionamento del sistema di gestione delle liste di attesa e dei relativi piani operativi per il recupero. L’Organismo, con il supporto dei Carabinieri per la tutela della salute, potrà accedere presso vari soggetti sanitari pubblici e privati accreditati per verificare e analizzare le disfunzioni delle agende di prenotazione su segnalazione dei cittadini, degli enti locali e delle associazioni di categoria degli utenti; inoltre, al fine di corrispondere a segnalazioni da parte di cittadini, potrà acquisire documentazione dalle regioni e dalle province autonome.

Sarà una sorta di “Mi manda Lubrano” che alle regioni e alla loro autonomia già non piace, perché

Gli esiti delle verifiche costituiscono elementi di valutazione ai fini dell’applicazione delle misure sanzionatorie e premiali nei confronti dei responsabili a livello regionale o aziendale, inclusa la revoca o il rinnovo dell’incarico.

Sempre nel decreto legge, inoltre, si prevede la centralizzazione delle strutture pubbliche e private nel centro unico prenotazioni, a livello regionale o infra-regionale, e il divieto di “chiudere le agende”, cioè sospendere le attività di prenotazione relative ai livelli essenziali di assistenza, condotta per la quale le sanzioni verranno raddoppiate.

Ancora, nel decreto legge si dispone che,

Nell’eventualità che i tempi previsti dalle classi di priorità indicate dal Piano Nazionale di Governo delle liste di attesa 2019-2021 non possano essere rispettati, le direzioni generali aziendali dovranno garantire l’erogazione delle prestazioni richieste attraverso l’utilizzo dell’attività libero-professionale intramuraria o del sistema privato accreditato, anche al di fuori degli accordi contrattuali vigenti, sulla base della tariffa nazionale vigente. I direttori generali delle aziende sanitarie dovranno vigilare sul rispetto di tale disposizione, anche ai fini dell’esercizio dell’azione disciplinare e di responsabilità erariale nei confronti dei soggetti ai quali sia imputabile la mancata erogazione della prestazione nei confronti dell’assistito.

Una misura che doveva essere assunta da tempo immemore. Se ci riuscirà questo governo, ne avrà merito.

GLI ONERI FINANZIARI

Parliamo di oneri? Di certo, le misure previste sopra ne produrranno. Ad essi si somma la tassazione ad aliquota agevolata del 15 per cento, in luogo di quella marginale, degli emolumenti percepiti dal personale sanitario per gli straordinari svolti nell’ambito dei piani di riduzione delle liste d’attesa a seguito dell’entrata in vigore del decreto.

Ricordo che, nelle scorse settimane, girava voce che il ministro della Salute, Orazio Schillaci, stesse per disporre una stretta sulle prescrizioni dei medici di medicina generale, che è l’antico strumento che già nella Prima Repubblica si usava per tentare vanamente di contenere la spesa sanitaria. Ora, questo provvedimento è stato spostato nel disegno di legge, descritto come “misure per garantire l’appropriatezza prescrittiva”. Quindi i relativi risparmi, ove mai si materializzassero, sarebbero molto differiti. Ma tranquilli, non si materializzeranno.

Inoltre, a fini di efficientamento della gestione dei tempi, il decreto legge dispone

[…] l’attivazione da parte del CUP di un sistema di disdetta delle prenotazioni per ricordare la data di erogazione della prestazione e l’attivazione di sistemi di ottimizzazione delle agende di prenotazione, secondo linee guida omogenee di livello nazionale.

Che è l’uovo di Colombo ma è anche un’attività molto time consuming, per il personale delle Asl che dovesse passare le giornate a contattare i pazienti per conferma. Alla fine, gli straordinari potrebbero aumentare anche per questo canale e il personale amministrativo coinvolto potrebbe chiedere a sua volta la flat tax su quella parte di retribuzione.

Quindi, per riassumere: il decreto legge contiene misure di razionalizzazione ed eliminazione dei colli di bottiglia del sistema, oltre a un tentativo di mettere paletti alla “dittatura dell’intramoenia”. Certo, parlando di vasi comunicanti, può sempre accadere che le Asl saranno effettivamente costrette a dilatare gli acquisti di prestazioni dal settore privato ma a tariffa nazionale. Questo farà innervosire il sopracitato settore privato ma siamo in una emergenza di quelle eterne.

La domanda è: serviva un decreto legge? Non necessariamente. O meglio, se si volevano effetti speciali e a sirena spiegata, forse serviva mesi addietro. Ma sarebbe stato lontano dalle elezioni, quindi sprecato. Alcune misure del decreto legge potevano peraltro essere appostate nel disegno di legge, e viceversa.

Quello che voglio dire è che, ammesso e non concesso che si trovino i soldi, non è che un decreto legge produca effetti organizzativi immediati. Ma non diciamolo agli elettori: molti di loro insistono a crederlo, soprattutto i tifosi. È il loro Babbo Natale. Se poi ve lo dice Bruno Vespa in tv all’ora di cena, la riuscita è garantita.

Vi ricordo che questo governo è quello che, prima delle elezioni, ha cercato di annunciare un bonus tredicesime, quindi con ampio preavviso, che si è dovuto rimangiare spostando l’esborso a gennaio 2025 per motivi di copertura annuale. Fate voi due conti e capirete di che parliamo. Però l’effetto annuncio è salvo.

LA COSIDDETTA “LEGGE SCHLEIN”

Ha ragione l’opposizione, quindi? Al tempo. Abbiamo visto la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, sentenziare che “il governo ci ha dato ragione”, oltre a definire “fuffa” i provvedimenti presi. Ricordiamo preliminarmente che Schlein è quella che ha firmato una proposta di legge assai facilona, che punta a portare nel 2028 al 7,5 per cento del Pil la spesa sanitaria, aumentandola di 0,21 per cento del Pil ogni anno per un quinquennio, partendo dal 2024. Ora, definire una policy esprimendola in termini di incidenza sul Pil è assai grossolano ma per ora ignoriamo questo pur rilevante punto.

Schlein ha ragione quando afferma che il governo ha copiato la sua proposta. In alcuni punti, peraltro, appare un vero e proprio copiaincolla. Il primo è la previsione di

[…] un sistema di prenotazione unico regionale o per aree infraregionali territorialmente omogenee da un punto di vista demografico e per il numero e la tipologia delle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate nonché delle agende delle prestazioni specialistiche e ambulatoriali erogate dalle strutture pubbliche e dalle strutture accreditate presenti nel proprio territorio;

Visto? Pressoché identico. Altra copia, la gestione dell’intramoenia. Prevedendo che le regioni,

[…] Verificata l’impossibilità di assicurare l’erogazione della prestazione prevista entro i tempi stabiliti dal PNGLA 20192021, garantiscono fino al 31 dicembre 2024 l’erogazione della medesima prestazione tramite l’attività libero-professionale intramuraria mantenendo a proprio carico la differenza tra il costo della prestazione resa e quello della medesima prestazione erogabile da parte del Servizio sanitario nazionale;

Inoltre, la proposta Schlein prevede che

All’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) è attribuito il compito di coadiuvare e di indirizzare le politiche regionali sull’abbattimento delle liste di attesa di cui al comma 1.

Qui più rispettoso dell’autonomia delle regioni, e senza minacciare sanzioni e carabinieri. Ma, come si nota, potremmo dire che Schlein ha buon gioco ad affermare che Meloni l’ha copiata. Su tutto, tranne che sulla copertura finanziaria. Nel senso che Meloni è consapevole che i soldi non ci sono, e quindi bisogna fare gli slogan e gli spin coi fichi secchi e al massimo con Vespa. Mentre Schlein pare essersi fidata troppo di qualche consigliere molto disinvolto e altrettanto ignorante di conti dello stato.

Perché? Prendete l’articolo della proposta di legge Schlein sulle coperture. Che sono molto impegnative, sia chiaro, perché gli oneri derivanti

[…] sono valutati in termini incrementali, rispetto al finanziamento 2024, in 4 miliardi di euro per l’anno 2024, in 8 miliardi di euro per l’anno 2025, in 12 miliardi di euro per l’anno 2026, in 16 miliardi di euro per l’anno 2027 e in 20 miliardi di euro annui a decorrere dall’anno 2028.

Impegnativo, vedete? E le coperture? Queste, articolo 4 punto 2 della proposta di legge:

Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge si provvede a valere sulle maggiori risorse derivanti dalla crescita economica prevista dai documenti di programmazione economica e finanziaria. Qualora la crescita programmatica prevista non garantisca le risorse necessarie alla copertura finanziaria della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, vengono individuati e resi operativi meccanismi e misure aggiuntive di contrasto dell’evasione ed elusione fiscale e contributiva.

ELLY E LE COPERTURE IMMAGINARIE

Repetita, a beneficio della segretaria Schlein e del suo lex writer distratto e con forte debito formativo. Le “maggiori risorse derivanti dalla crescita economica prevista dai documenti di programmazione economica e finanziaria” sono già allocate, non sono in attesa di destinazione. Quindi, non esistono. E pensare di coprire un provvedimento del genere a mezzo della leggendaria “lotta all’evasione ed elusione fiscale e contributiva” vuol dire aver assai poco rispetto della propria intelligenza, prima che di quella degli elettori.

Quindi, tutto molto bello, come avrebbe detto il padre telecronista di un esponente del Partito democratico, ma tutto fatto di rigorosa fuffa. Meloni copycat? Sì, in ampia misura. Ma costretta a fermarsi, a differenza di Schlein, davanti al muro della mancanza di soldi, o di sordi.

Schlein getti quindi il cuore oltre l’ostacolo: riscriva l’articolo 4 punto 2 della sua proposta di legge, e ci dica da quali capitoli reali di spesa o di entrate vuole estrarre questi soldi da qui al 2028. Spieghi, poi, se questa proposta implica l’aumento della pressione fiscale complessiva. Potrebbe benissimo essere così ma bisogna avere l’onestà intellettuale di dichiararlo programmaticamente. Senza questi dettagli “minori”, gridare che Meloni fa fuffa ricorda molto il bue che dice cornuto all’asino.

Per tutto il resto, ci sono i 37 immaginari miliardi del MES sanitario, con cui i due ex dioscuri, Matteo Renzi e Carlo Calenda, stanno facendo campagna per le europee. Fuffa, doppia fuffa e controfuffa. C’è sempre qualcuno più fuffaro di te che ti copre di fuffa.

  • Aggiornamento del 7 giugno: accortasi che le sue coperture semplicemente non sono tali, Schlein corregge il tiro in una intervista a La Stampa: ora ipotizza 4 miliardi annui dalla soppressione del primo modulo della riforma fiscale, quello che accorpa le due aliquote inferiori. Piaccia o meno, questo è un esempio concreto di copertura, anche se copre solo un quinto di quanto previsto.

Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay

Questo articolo è stato pubblicato qui

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