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Salvabanche. Il mio dissesto è differente

La Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara, nei documenti depositati presso il Tar del Lazio, che dovrà decidere nel merito il prossimo 18 aprile, chiede l’annullamento del decreto Salvabanche, con la motivazione che il Fondo Interbancario di Tutela dei depositi (Fitd) era pronto al salvataggio, mettendo sul tavolo 300 milioni di euro. Se vi sentite confusi, vi facciamo volentieri compagnia.

Secondo la ricorrente Fondazione, il Fitd aveva in corso una interlocuzione con Bankitalia per il salvataggio. Quest’ultima scriveva al Fondo, a ottobre 2015, per indicare di aver avviato la procedura di autorizzazione al salvataggio:

«Si comunica che questo istituto ha avviato il procedimento in oggetto a decorrere dalla data odierna: il termine di conclusione è pari a 60 giorni lavorativi decorrenti dal 22 ottobre 2015. Entro il suddetto termine la Banca centrale europea adotta una decisione su proposta di Banca d’Italia ed in mancanza di espresso rigetto entro lo stesso termine, l’istanza è da intendersi accolta»

 

In pratica, secondo la Fondazione Carife, visto che il termine del 22 dicembre è giunto senza pronuncia della Bce, l’intervento del Fondo interbancario si deve intendere accolto per silenzio-assenso, e di conseguenza il Tar del Lazio deve far decadere il Salvabanche per Carife, per “sopravvenuto difetto di presupposto”. Il punto che sfugge alla Fondazione ferrarese, però, è che la Commissione Ue aveva già bloccato ogni ipotesi di intervento del Fitd sulle banche, considerandolo aiuto di stato illegittimo.

Non siamo esperti legali ma appare del tutto evidente che, dopo il veto della Commissione Ue all’utilizzo del Fondo Interbancario, il governo italiano non avesse margini di manovra, e sia stato costretto al Salvabanche, con tutte le conseguenze del caso. Dal momento di emissione di quel decreto, a lume di logica e di realtà, tutta la procedura avviata da Bankitalia era da intendersi decaduta. Il fatto che quest’ultima non abbia informato la Fondazione Carife dell’evento non rileva in modo sostanziale né formale. Invocare l’avvenuto silenzio-assenso dopo il decorso di 60 giorni dal 22 ottobre 2015 per fare uscire Carife dal raggio di azione del Salvabanche è al limite dello psichedelico.

Ma ci sono anche altre domande a cui occorre dare risposta: la Commissione Ue ha fatto trapelare la propria contrarietà al salvataggio di Tercas a mezzo del Fitd l’11 novembre scorso, cioè nelle more della “interlocuzione” tra Fitd medesimo e Bankitalia per il salvataggio di Carife, e ha poi sanzionato ufficialmente l’illegittimità dell’intervento del Fitd su Tercas il 23 dicembre, giorno successivo alla scadenza del silenzio-assenso per la cassa ferrarese. In pratica, invece, con il ricorso al Tar, la Fondazione Carife tenta di sovvertire la pronuncia della Commissione Ue che ha dato origine al Salvabanche. Tutto si può fare, per carità, ma di fatto aggrapparsi ad un silenzio-assenso formatosi in simili caotiche circostanze appare la reiterazione dell’antica vocazione italiana a fare l’azzeccagarbugli.

Poi, giusto per contestualizzare, è utile sapere che Carife era commissariata da Bankitalia dal 27 maggio 2013, quindi non da poche settimane, “a seguito delle sfavorevoli risultanze degli accertamenti ispettivi di vigilanza”, e che per quasi due anni e mezzo non si sono visti cavalieri bianchi all’orizzonte. Motivo per il quale si era materializzata l’ipotesi del Fondo Interbancario di tutela dei depositi, che la Commissione Ue ha bocciato. Se, in oltre due anni, una banca in dissesto non trova un compratore di mercato, ciò significa che il mercato per quella banca non c’è, o meglio non c’è se prima non si compiono alcuni atti, come la ristrutturazione di attivo e passivo di bilancio, che servono appunto a trovare acquirenti. Il Fondo Interbancario era quindi di fatto la longa manus dell’intervento pubblico, e come tale è stato stoppato. Poi, si può sempre ricorrere al Tar del Lazio invocando che il proprio dissesto è differente e che c’erano delle “promesse”, ma sarebbe anche utile evitare di produrre foglie di fico del tutto trasparenti.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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