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Sahara Occidentale, un brutto processo alimenta la tensione

 

Un brutto processo, terminato domenica scorsa con nove condanne all’ergastolo e altre 14 a pene da 20 a 30 anni, sta producendo nuove tensioni nel Sahara Occidentale, la regione annessa dal Marocco nel 1975 e su cui il Fronte Polisario invoca da decenni l’indipendenza.

I condannati dal tribunale militare di Rabat - per appartenenza a un’organizzazione criminale, violenza contro pubblici ufficiali e vilipendio di cadavere - sono 23 sahrawi, tra i quali figurano esponenti della società civile e attivisti politici. Altri due imputati sono stati scarcerati, poiché avevano già trascorso in detenzione preventiva i due anni di pena loro inflitti.

Le condanne sono relative agli episodi di violenza verificatisi l’8 novembre 2010, quando le forze di sicurezza marocchine smantellarono il campo di protesta di Gdim Izik, nei pressi di Layoune, capoluogo del Sahara occidentale amministrato dal Marocco. In quell’occasione furono uccisi 11 membri delle forze di sicurezza e due sahrawi e vennero eseguiti circa 200 arresti. Altri sahrawi vennero arrestati due mesi dopo.

Il campo di Gdim Izik era stato allestito un mese prima, a ottobre, per rappresentare la protesta dei sahrawi contro la loro emarginazione e la richiesta di diritti, lavoro e alloggi adeguati. Contava 8000 tende per 20.000 persone.

Secondo Amnesty International, “il ricorso al tribunale militare, insieme al rifiuto d’indagare sulle denunce di tortura riferite dagli imputati, desta gravi dubbi sulle intenzioni delle autorità marocchine: se intendessero perseguire la giustizia o assicurarsi un verdetto di colpevolezza“. Occorre un nuovo processo, sostiene l’organizzazione per i diritti umani, in un tribunale civile, con giudici che non siano nominati dal ministro della Difesa.

Gli imputati hanno più volte fatto presente di essere stati sottoposti a maltrattamenti e torture e costretti a firmare confessioni. Amnesty International ha sollecitato l’avvio di un’indagine indipendente, sottolineando che ogni prova ottenuta mediante tortura o coercizione non dovrebbe essere ritenuta valida in un processo.

Intanto, la Missione Onu per il referendum nel Sahara Occidentale non riesce a trovare una soluzione, i negoziati tra le parti non vanno avanti ed è probabile che queste condanne li blocchino del tutto. Del resto, secondo gli attivisti sahrawi, lo sgombero cruento del campo di Gdim Izik aveva proprio quello scopo.

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