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Immigrato ucciso in Calabria: per gli inquirenti si tratta di furto, c’è chi parla, invece, di xenofobia #SackoSoumayla

L'uomo, 29 anni, originario del Mali, è stato ucciso da una fucilata alla testa. In Italia, nel 2018, il 2 giugno, la sera. Siamo a San Calogero, in provincia di Vibo Valentia, in Calabria: un territorio non distante da Rosarno, località nota per le condizioni di lavoro (leggi sfruttamento) e di vita di migranti, regolari e non. 

Sacko Soumali ( o Sacko Soumayla, secondo altre fonti o Soumajla secondo altre — perché non è possibile conoscere il nome di una persona correttamente?) si trovava con altri due connazzionali (Madiheri Drame, 30 anni, e Madoufoune Fofana, 27 anni), tutti con regolare permesso di soggiorno, in un baraccone per recuperare lamiere per la costruzione di abitazioni di fortuna nella tendopoli di San Ferdinando, dove i due ragazzi che accompagnava vivevano: il capannone, chiuso da oltre 10 anni, era sotto sequestro perché contiene materiali tossici nel sottosuolo. I tre erano arrivati (uno in bicicletta e gli altri due a piedi) da San Ferdinando, che dista una decina di chilometri. Alle 9 di sera circa i tre uomini sono entrati nel capanone. 

Secondo gli inquirenti l'uomo un uomo, sceso da una Panda bianca ha sparato, da una distanza di circa 70 metri (150 secondo altre fonti) usando una «lupara». "Un uomo è sceso da una macchina e ci ha sparato contro quattro volte", hanno raccontato i due sopravvisusti. Sacko Soumali è stato colpito alla testa, gli altri due sono rimasti lievementi feriti. 

Il movente

Riporta il Corriere: «Il killer — secondo la ricostruzione dei carabinieri — avrebbe deciso di punire i tre migranti e, dopo essersi armato, è ritornato sul posto aprendo il fuoco. «Siamo convinti che questa sia una ricostruzione molto attendibile e non parlerei di ipotesi xenofoba o razzista» — dice il maggiore dei carabinieri di Tropea Dario Solito. Anche se c’è chi avanza altre ipotesi. Don Pino De Masi, referente di Libera nella Piana di Gioia Tauro insiste sul movente razziale, così come i rappresentanti della Flai e Cgil calabrese che parlano di: «inesistente integrazione e mancata accoglienza degli immigrati nell’area di San Ferdinando». Di parere opposto Giuseppe Idà, sindaco di Rosarno, comune attaccato a San Ferdinando, che parla di «gesto isolato e che non si può consentire che si parli ancora una volta di Rosarno come una città xenofoba, quando sin dai primi anni Novanta è stata tra le prime comunità d’Italia ad accogliere e aiutare».»

Secondo il Fatto, che fa una ricostruzione piuttosto sommaria, nei giorni precendenti un gruppo di residenti avrebbe denunciato dei furti nella zona: «Ed è proprio da qui che sono partite le indagini coordinate dal sostituto procuratore Ciro Luca Lotoro. Una pista che potrebbe portare presto a una soluzione. E non si esclude che qualcuno si sia fatto giustizia da solo. “Stiamo lavorando – è l’unico commento del procuratore Giordano -. Abbiamo già acquisito una serie di elementi che probabilmente saranno significativi. Non posso dire di più”.»

Riporta La Stampa«Da alcuni giorni, si apprende da fonti investigative, erano arrivate segnalazioni per la continua presenza di migranti nell’ex stabilimento “La Fornace” di San Calogero. Dopo l’ultimo drammatico incendio nella tendopoli di San Ferdinando, costato la vita alla nigeriana Becky Moses, i migranti avevano iniziato a utilizzare quelle lamiere abbandonate per costruire le loro baracche. Un via vai che potrebbe aver “infastidito” qualcuno che la sera del 2 giugno ha deciso di dare una drammatica “lezione”. »

Sacko Soumali era un attivista dall'’Unione sindacalista di base (Usb): oggi uno sciopero dei braccianti agricoli e una manifestazione prevista, a Roma, per il 16 giugno. "La vittima era un attivista sindacale dell'Usb, un ragazzo da sempre in prima fila nelle lotte sindacali per difendere i diritti dei braccianti agricoli sfruttati nella Piana di Gioia Tauro e costretti a vivere in condizioni fatiscenti nella tendopoli di San Ferdinando", racconta Peppe Marra, rappresentante del sindacato Usb. 

L'Usb non parla di "furto" poiché, trattandosi di lamiere abbandonate, non esisterebbe alcun proprietario che possa rivendicare il reato. Per gli inquirenti il furto resta la pista privilegiata. 

Ancora, quindi non si sa chi ha sparato e le indagini sono in corso: il luogo dell'omicidio è una zona controllata dalla famiglia Mancuso di Limbadi, una delle ‘ndrine più temute in Calabria.

La tendopoli di San Ferndinando

Il luogo è noto per l'incendio che ha ucciso Becky Moses, 26 anni, lo scorso gennaio. La tendopoli è nata nel gennaio del 2010, dopo la rivolta dei migranti che avevano protestato dopo l'aggressione e il ferimento di una persona a cui qualcuno aveva sparato. La tendopoli doveva essere una soluzione temporanea e invece è ancora in piedi.

Ieri notte sono stati accesi roghi in segno di protesta e né la polizia né i vigili del fuoco sono stati fatti avvicinare. 

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