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Sacchetti a 2 cent. cadauno: 10 cose da sapere sulla questione dei bio shopper

In questi giorni se ne sono sentite di tutti i colori sulla questione dei sacchetti biodegradabili - alias i bio shopper - e la confusione è stata tanta. Le famiglie italiane non andranno al fallimento, non è una truffa governativa, ma nemmeno un'imposizione della tanto vituperata Europa e i boicottaggi lasciano il tempo che trovano.

Di seguito, dieci punti per schiarirsi le idee sulla questione che ha tenuto banco in questi giorni.

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1 - Ce lo chiede l’Europa?

Non è del tutto esatto: la direttiva europea in materia prevede (art. 1.2) che “Le misure adottate dagli Stati membri includono l’una o l’altra delle seguente opzioni o entrambe”, e una delle due misure adottabili è che “le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti, salvo che siano attuati altri strumenti di pari efficacia”.

Quindi, si possono attuare strumenti di pari efficacia e si può attuare l’altra opzione, cioè evitare “che il livello di utilizzo annuale non superi 90 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2019 e 40 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2025 o obiettivi equivalenti in peso”.

Va precisato che la direttiva specifica anche che gli Stati membri possono scegliere di esonerare le borse di plastica con uno spessore inferiore a 15 micron («borse di plastica in materiale ultraleggero») fornite come imballaggio primario per prodotti alimentari sfusi.

L'Italia non ha fatto altro che recepire la direttiva, operando una scelta tra le opzioni possibili, qua il Decreto Mezzoggiorno in versione pdf, onde evitare il procedimento di infrazione che era stato avviato proprio per il mancato recepimento della direttiva.

Si poteva fare diversamente? Forse. Ma dei provvedimenti erano necessari.

 

2 - Siamo gli unici che fanno così!

No: Paesi Bassi, Gran Bretagna e Croazia hanno adottato le nostre stesse misure, senza che la popolazione minacciasse la guerra civile per quattro spiccioli.

 

3 - Quanto deve costare la busta.

Cercando bene non mi pare di aver trovato alcun passaggio che dia limiti particolari. La media stimata è comunque tra 1 e 3 centesimi e il Fatto Alimentare riferisce che il prezzo medio rilevato nelle principali catene, comunque è di 2 centesimi.

 

4 - Sarà costosissimo!

No: a quanto pare, potreste cavarvela con pochi euro all'anno, a meno che non siate accumulatori seriali di sacchetti. Assobioplastiche ha stimato che una famiglia italiana potrebbe spendere non più di 12,5 euro all'anno, con una spesa media di 140 € (qua lo studio completo).

 

5 - Prima il costo non c’era.

No: veramente pensate che quei sacchetti simpatici fossero regalati dalle aziende produttrici ai supermercati? E veramente pensavate che i supermercati vi regalassero i sacchetti del reparto ortofrutte? La differenza è che prima il costo era invisibile, ora il costo è visibilissimo.

 

6 - Etichetto il prodotto senza sacchetto.

Non fate casini: come ci ricorda David Puente sul suo blog, il costo viene addebitato in automatico leggendo l’etichetta appiccicato sul singolo prodotto. Se appiccicate 10 etichette su 10 arance vi verranno addebitati 10 sacchetti, in modo tale che vi viene un colpo quando scoprirete che avrete speso ben 20 centesimi per risparmiarne 2.

In teoria potreste provare a farvi stornare alla cassa il costo dei sacchetti. Per ogni prodotto su cui avete fatto casino. All’ora di punta. Con la gente in fila che ce l’avrà con voi. Per 2 centesimi. Non so se ne vale la pena e soprattutto se riuscirete nell'intento.

 

7 - Mi porto il sacchetto da casa.

L'opzione di portare il sacchetto da casa pare di difficile applicazione, ma allo stato c'è un'apertura: il ministero dell'Ambiente, in una circolare del 4 gennaio 2018, specifica che il Ministero della Salute “è orientato a consentire l'utilizzo di sacchetti di plastica monouso, già in possesso della clientela, che però (...) dovranno risultare non utilizzati in precedenza e rispondenti a criteri igienici che gli esercizi commerciali potranno definire in apposita segnaletica e verificare (...)”.

Il problema, in questo caso, è comprare i sacchetti a tariffe più convenienti e senza utilizzare il mercato all'ingrosso che vi rifilerebbe stock da 500/1000 pezzi per volta.

 

8 - Catia Bastioli è un’amica di Renzi! COMPLOTTO!

Direi proprio di no. Catia Bastioli è a capo della Novamont, azienda produttrice dei famigerati sacchetti, e da anni si occupa di problemi di impatto ambientale, cosa di cui parlò anche nel 2011 alla Leopolda, sviluppando brevetti e tecnologie ecocompatibili, lavorando sodo e creando anche nuovi posti di lavoro.

Non risultano attività illecite o sospette che facciano pensare che la norma sia stata pensata su misura per Catia Bastioli e ogni sospetto mira a sminuire le capacità di chi ha ottenuto anche diversi prestigiosi riconoscimenti (cfr. Veronica Caciagli su Gli Stati Generali).

Capisco bene che Renzi non vi sia simpatico, ma mi guarderei bene dal considerare un pericoloso criminale chiunque parli alla Leopolda.

 

9 - Ma la Novamont è monopolista, è evidente che si voglia avvantaggiare solo una persona.

In economia il monopolio è consentito, ancorché con alcune specifiche condizioni da rispettare, e quindi il monopolista in sé non è un cialtrone di professione. Ma premesso ciò, va detto anche che Stefano Ciofani, DG di Legambiente, ha spiegato a Repubblica che la Novamont è la principale azienda del settore, ma non opera in condizione di monopolio.

 

10 - La norma quindi è perfetta così?

Ci sono diverse perplessità: Jacopo Giliberto, sul Sole 24 ore, spiega quattro possibili effetti negativi che possono scaturire dalla normativa, ancorché nata con le migliori intenzioni:

  1. “è necessario che la produzione sia adeguata alla domanda”;

  2. “con l’obbligo del monouso viene promosso l’uso di prodotti usa-e-getta e viene vietato l’uso di imballaggi riutilizzabili”, anche se Ciofani nella citata spiegazione a Repubblica ha ritenuto la questione pretestuosa;

  3. “molti consumatori abbandoneranno il prodotto sfuso e si rivolgeranno ai prodotti già confezionati” con la conseguenza che ci saranno più imballaggi in giro;

  4. “la convinzione che il prodotto biodegradabile non abbia impatto ambientale può dare ai maleducati una giustificazione per gettarlo nell’ambiente, affermando che tanto sparirà. Non è vero: il sacchetto biodegradabile sparisce in tempi brevi solamente nelle condizioni appropriate, come quelle degli impianti di compostaggio”.

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