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Romanzo famigliare: intrighi e sentimenti nella fiction di Francesca Archibugi

Forte del successo di film come “Mignon è partita”, “Il grande cocomero”, “Questioni di cuore “ e “Renzo e Lucia”, è pronta a ritornare sul piccolo schermo con una storia avvincente.

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Stiamo parlando della regista Francesca Archibugi che, insieme a Elena Bucaccio, ha scritto la sceneggiatura di "Romanzo famigliare", una fiction dal tono femminile e popolare, in onda, a ottobre su Rai1.

Il titolo è corretto, perché costituisce un omaggio a Lessico famigliare di Natalia Ginzburg.

Intorno a questa fiction si intersecano le vicende di una madre, interpretata da Vittoria Puccini, appartenente alla famiglia Liegi, che ha avuto una figlia a sedici anni, e la figlia (Fotinì Peluso) che alla stessa età scopre di essere incinta. Il tutto coadiuvato dai conflitti e dall’amore sconfinato che le lega: un padre roccioso (Guido Caprino), un nonno influente (Giancarlo Giannini) e una città, Livorno, in cui il destino sconvolgerà i piani della famiglia.

La regista, per raccontare questo romanzo famigliare, è partita «dal legame tra una madre e una figlia. La madre ha abbandonato una famiglia ebrea molto ricca, è rimasta incinta giovanissima, suo padre, uomo di potere abituato a risolvere i problemi, ha denunciato il compagno di lei, militare di carriera sempre in giro per l'Italia. Crescono sole, finché lui non torna a Livorno, all'Accademia navale. Livorno la amo per i film di Paolo Virzì e secondo me è una città inesplorata».

«Con Elena Bucaccio abbiamo fatto una scelta bizzarra rispetto alla saga tipica, non abbiamo seguito le generazioni: sono raccontate insieme. La storia è scandita dalla gravidanza e dalle ecografie: ogni mese è diverso dal precedente».

Secondo la regista «l'assenza di famiglia è la più grande infelicità della terra. Siamo costretti a stare insieme e a soffrire, una delle maledizioni lanciate sulla culla. La famiglia è il centro di qualsiasi narrazione classica, perché all'interno puoi scegliere tante storie, è un contenitore».

L’amicizia tra madre e figlia è «un legame intenso con livelli di confidenza differenti, si può arrivare a un'intimità, ma si resta sempre dentro una bolla che resta misteriosa. Il rapporto tra una madre e una figlia lo è, porta qualcosa di te da una parte e dall'altra. È il mistero del parto, come se imparassi a scrivere in cirillico», spiega Francesca Archibugi.

La regista tiene in particolare «al rapporto con gli attori. Per chi racconta storie come me, è fondamentale. Fotinì è un talento, Vittoria Puccini è stata bravissima. Il suo è un ruolo complesso, è una donna in bilico, nevrotica, con i difetti tipici da razza padrona. È viziata, sbadata, e la figlia la salva. Ho pensato a Vittoria mentre scrivevo, l'ho resa più normale e più bella, ha girato senza trucco. Caprino è un comandante perfetto, ha curato ogni dettaglio, anche la camminata. Giannini è il più grande attore italiano, pieno di fascino, ironia e sarcasmo».

La fiction lascia «più interrogativi, ci possiamo riconoscere sia per assimilazione che per contrasto, vorrei che gli spettatori s'interrogassero sulla propria vita: cos'è diventata e cosa si può fare? Abbiamo una cartuccia a disposizione».

I matrimoni dei nonni duravano una vita perché «non anelavano all'intimità, come noi. Cercare di non essere soli ti obbliga a uno squartamento. Ricorda l'incipit di Anna Karenina? "Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo". Mi permetto di dire che non sono d'accordo con Tolstoj. Per me ogni famiglia è felice a modo proprio, non c'è regola, tutto sta nella capacità d'instaurare rapporti profondi. Non esiste una grande felicità dove non ci sia stata infelicità. A stare bene con legami tenui sono capaci tutti», conclude la regista.

 

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