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Roma 2020: un Monti da medaglia. E tanti altri giù dal podio

Per Mario Monti firmare il documento che impegnava lo Stato a garantire la copertura finanziaria delle Olimpiadi di Roma 2020 sarebbe stata, di gran lunga, la cosa più semplice e, in termini di sostegno politico, più redditizia; lo avesse fatto, è facile immaginare che solo la Lega e, forse, qualcuno dei partiti minori della sinistra avrebbero avuto di che ridire.

Il PdL? Avrebbe applaudito a scena aperta, mentre sarebbero volati i tappi di champagne dei palazzinari d’ogni genere, entusiasti della “straordinaria opportunità”.

Il PD? Per ottenere da Lionheart Bersani un coraggiosissimo “rispettiamo la scelta del Governo”, a Monti sarebbe bastato motivare la propria decisione con un bel discorsetto, gonfio di retorica e di pata-economia, come quelli in cui si sono esibiti in occasioni analoghe tanti dei suoi predecessori.

Ha fatto, invece, l’esatto contrario: ha detto no al progetto del CONI e del comune di Roma per il semplice motivo che l’Italia, nella situazione in cui è, non può affrontare una simile spesa. Meglio ancora, ha dichiarato di non poter impegnare i propri successori (in fondo la patata bollente sarebbe finita nelle mani di altri; una ragione in più per firmare) e,  soprattutto, i cittadini ad accollarsi un altro debito, per di più di entità tutt’altro che certa.

Monti, che ha anche ricordato quanto poco sarebbe stata opportuna una simile occasione di spesa, mentre cerchiamo di convincere il mondo della serietà del nostro intento di risanare il bilancio, ha fatto ancora una volta quel che anche i suoi critici dovrebbero iniziare a riconoscergli: rinunciando al proprio quieto vivere, ha preso una decisione difficile, certo discutibile quanto ogni altra, tenendo in conto solo quello che pensa essere sia l’interesse dell’Italia.

Si è comportato, vale a dire, come dovrebbe sempre fare il serio e responsabile capo dell’esecutivo di un paese serio e responsabile.

Qualcosa di tanto nuovo, per la nostra malandata Repubblica, da provocare reazioni che ci svelano che idea di Italia abbiano in mente, invece, altri protagonisti della nostra politica; una greppia in cui sfamare gli appetiti propri e della mandria dei propri clientes.

Questa è l’unica ragione che può esservi dietro la stizza di tanti esponenti del PdL.

Non si può credere neppure un istante, escludendo una loro stupidità patologica, che non conoscano un modo migliore di investire gli 8,2 miliardi di denaro pubblico preventivati (e appunto del solo preventivo iniziale si trattava) per l’Olimpiade; che non possano capire come la stessa somma, destinata ad un programma  di infrastrutture sul territorio, in qualunque campo, dalla viabilità all’energia, produrrebbe perlomeno gli stessi benefici occupazionali immediati, ma con il risultato di lasciare al paese qualcosa di molto più utile che una serie di sovradimensionati impianti sportivi.

Un comportamento, quello dei Cicchitto e dei Matteoli, che, anche volendo pensare benissimo di loro, conferma la natura di partito della spesa che il PdL ha dimostrato in questi anni. Una irresponsabilità finanziaria, registrata fedelmente dall’andamento del nostro bilancio durante i vari governi Berlusconi, che dice più d’ogni altra cosa, al di là dei proclami di liberalesimo, come questo sia, tanto in progetti come quello del ponte sullo stretto quanto in molti suoi uomini, il continuatore del peggio del pentapartito.

Poco da dire invece sulle reazioni comprensibilmente deluse dei dirigenti sportivi; meno ancora, non si spara sulla croce rossa , sulla maschia, guerriera decisione del sindaco Alemanno che, a fronte della bocciatura incassata, ha tuonato: “Non mi dimetto”.

Bravo. Come la posta degli Stati Uniti e anche di più: né neve, né pioggia, né Olimpiadi.

Solo una cosa da dire a Pier Luigi Coeur de Lion (se qualche amico piddino volesse sussurrarglielo in un orecchio): stavolta, certo venendo meno al veltroniano ma-anchismo che sembra ancora dominare il suo partito, poteva anche spericolarsi: osare un semplicissimo “siamo d’accordo”.

Non avrebbe rischiato nulla. Credo che siano d’accordo con Monti , su questa specifica scelta, il 90% degli italiani o giù di lì.

Commenti all'articolo

  • Di Truman Burbank (---.---.---.251) 16 febbraio 2012 11:03
    Truman Burbank

    Dice Debora Billi sul Blog Petrolio:

    ... le Olimpiadi, pur evento di risonanza planetaria, rappresentano essenzialmente un’enorme erogazione di denaro pubblico ad imprenditori locali. I nostri soliti "prenditori", conosciamo i soggetti: quelli che ridono al pensiero dei terremoti, quelli che corrompono a suon di massaggiatrici e attici in centro, insomma quel sottobosco cafone che finora ha pasteggiato a soldi pubblici devastando in contemporanea questo disgraziato Paese.

    I soldi pubblici, ora, hanno altri scopi. E Monti ne è garante:

    non è quindi possibile consentire che i soldi faticosamente tolti ai cittadini finiscano in mani incerte. Hanno tutti già una destinazione, provalentemente bancaria o estera. Vogliamo darli invece agli Anemone? La padella mafioso-inciuciona-localistica dei furbetti del quartierino deve lasciar spazio a ben altra brace, e a ben altre tasche.

    Amici NoTAV mi fanno notare che le Olimpiadi costerebbero appena un quarto del TAV (sulla carta, ovviamente). Ma come, i soldi per le Olimpiadi non ci sono, e per il TAV invece sì?

    Trovo un paio di risposte a questa domanda. Il TAV è già un pezzo avanti, a differenza delle Olimpiadi che sono ancora nella fase "pio desiderio", e quindi è molto complicato fermarlo. Ma più di tutto, l’operazione TAV è garante dell’appoggio al governo, in quanto espressione di importanti interessi di una precisa parte politica che mantiene al potere Monti e i suoi tecnici. Insomma, dal loro punto di vista il TAV sono soldi pubblici ben spesi.

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