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Risparmi finanziari e tassazione. E la patrimoniale?

Ipotizzate di disporre di risparmi finanziari per 100.000 euro. Decidete di investire tale somma in un deposito vincolato ad un anno. Ebbene, al termine di questo periodo avrete avuto la lezione che meritate, sporchi rentier. E sappiate che ce n’est qu’un début, giusto per essere rivoluzionari sino in fondo.

Scorrendo le offerte delle banche italiane, scoprite che i depositi vincolati ad un anno oscillano oggi intorno al 2% di rendimento. Questo passa il convento, poco da fare e da dire. E va ancora bene che, al momento, si tratti di rendimento reale (cioè al netto dell’inflazione) ancora positivo. Va bene al risparmiatore, s’intende. Per il debitore il discorso è lievemente diverso. Ovviamente, inferire che il rendimento reale è positivo è un’ipotesi pure sbilenca, visto che non sappiamo a quanto ammonterà l’inflazione cumulata nei prossimi dodici mesi. E’ in effetti da strabici confrontare il tasso d’inflazione tendenziale (che misura l’inflazione degli ultimi 12 mesi), con l’interesse che ci sarà corrisposto un anno da oggi. Ma non sottilizziamo, le tradizioni serviranno pure a qualcosa, no?

Al termine dell’anno di durata del vostro investimento, l’interesse lordo sarà di 2.000 euro. A questa somma bisogna togliere l’imposta sostitutiva del 20%, e dovreste essere grati ai numi protettori dei rentier, visto che l’ipotesi di portare l’aliquota al 22% è nel frattempo stata accantonata da governo e parlamento. Quindi il vostro interesse monetario netto scende a 1.600 euro.

Ma anche no, visto che bisogna pagare la patrimonialina del 2 per mille sul valore del deposito. Sono altri 200 euro (sarebbero di più se l’interesse vi fosse stato immediatamente accreditato in conto, ma non sottilizziamo). Quindi, facendo i conti del salumiere (con rispetto parlando per i salumieri), scopriamo che il nostro interesse netto, al netto della patrimoniale, scende a 1.400 euro. Prima che qualche prestigioso accademico levi il ditino e vi faccia presente che non è correttissimo sommare un’imposizione patrimoniale (cioè sul capitale) a quella sui proventi del capitale, rispondete che si tratta comunque di soldi che vi verranno asportati dal conto al termine dell’anno di investimento.

Alla fine, sempre in modalità salumiere, scoprite che di quel 2% di interesse sul conto di deposito, vi è stato amputato il 30%. Trenta per cento. A questo punto, preso atto che siete a tutti gli effetti divenuti parte di quel “gruppo di pressione” che vive di rendite finanziarie e che ostruisce il raggiungimento della felicità dei poveri lavoratori (categoria alla quale appartenete anche voi, con alta probabilità, ma sono granelli di polvere nel Grande Fiume della Storia), dovreste comunque essere soddisfatti perché questa vostra esperienza vi titola implicitamente ad argomentare colpendo vigorosamente mediante suola delle calzature il posteriore del prossimo politico o sindacalista che dirà che “il lavoro è tassato come minimo al 23%, le rendite finanziarie al 20%, non è giusto”.

Potreste premettere che manco quello era vero, visto che la prima aliquota marginale Irpef (quella del 23%) implica un’aliquota media intorno al 17-18%, ma sono sottigliezze. Volendo, potreste pure argomentare che, giunti a questo punto, meglio sarebbe mettere i proventi delle attività finanziarie in dichiarazione dei redditi, tassati ad aliquota marginale dopo applicazione di una franchigia che tuteli i piccoli risparmiatori.

Comunque vogliate argomentare, cari rentier, sappiate che questo è solo l’inizio, per voi non ci sarà scampo. Trovata la via della tassazione del risparmio, in un paese come l’Italia, la strada è tutta in discesa. Come le consistenze del risparmio medesimo, in un paese sempre più vecchio ed in crisi esistenziale. E’ l’era della Grande Compensazione tra debito pubblico e ricchezza privata, bellezza, e tu non puoi farci niente. Niente.

Ed ora, accendete la televisione: c’è l’ultimo talk show politico, in cui l’anchor prende le misure al politico di turno con la domanda del sempreverde gioco di società italiano: “Ma lei, ad esempio, è favorevole ad una patrimoniale?".

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.3) 1 gennaio 2014 19:00

    Passi la tassazione sugli utili, alta o bassa che sia, almeno concettualmente può considerarsi accettabile. Ma qualcuno può spiegare e giustificare il motivo per il quale un qualunque investitore debba pagare un’imposta (per ora "solo" il 2 per mille) sul capitale investito che presumibilmente è costituito da un gruzzolo precedentemente ottenuto pagando tasse salate qualunque sia la sua provenienza (reddito dipendente, autonomo, pensione ecc.)?

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