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Rifugiato algerino espulso della Tunisia, subito imprigionato

Slimane Bouhafs (nella foto, proveniente da un archivio privato), un algerino di fede musulmana convertitosi al cristianesimo, è in carcere nel suo paese dopo che a fine agosto è stato espulso dalla Tunisianonostante lo status ufficiale di rifugiato conferitogli dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati nel 2020.

Bouhafs è stato espulso in modo del tutto illegale nonostante avesse ricevuto una condanna a tre anni di carcere, emessa il 6 settembre 2016, per “offesa al Profeta” e “denigrazione della fede e dei precetti dell’Islam”. A far scattare queste accuse, previse dall’articolo 144 bis del codice penale algerino, erano stati alcuni post pubblicati su Facebook.

Rilasciato nel 2018 a seguito di una grazia presidenziale, aveva cercato riparo in Tunisia. Invano, evidentemente.

Rapito da tre uomini in borghese il 25 agosto, di Bouhafs si è saputo qualcosa solo quattro giorni dopo quando i familiari, attraverso canali non ufficiali, hanno appreso che si trovava in stato di fermo in una stazione di polizia di Algeri. Il 1° settembre è comparso di fronte a un giudice che gli ha contestato sei capi d’accusa, al momento non resi noti, ed è stato trasferito in carcere.

Né le autorità tunisine né quelle algerine hanno emesso alcuna nota ufficiale sulla vicenda. Secondo la stampa di Algeri, Bouhafs sarebbe indagato per la presunta militanza nel Movimento per l’autodeterminazione della Cabilia (Mak), che il 18 maggio le autorità algerine hanno incluso nella lista dei gruppi terroristi.

Il 18 agosto l’Alto consiglio per la sicurezza nazionale, un organo consultivo della presidenza della repubblica algerina, ha ordinato l’arresto di tutti i membri del Mak e dell’organizzazione politica di opposizione “Rachad” che, secondo quanto dichiarato dalle autorità, sarebbero coinvolti negli incendi che lo scorso mese hanno devastato la Cabilia provocando decine di morti.

I familiari di Bouhafs hanno lanciato l’allarme, esprimendo il timore che l’uomo possa essere sottoposto a maltrattamenti e torture in prigione.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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