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Riforma dell’ordinamento penitenziario | Addio alle misure alternative al carcere?

Stanno discutendo della riforma dell’ordinamento penitenziario, un testo è sul tavolo del Consiglio dei ministri che dovranno presto deciderne la versione finale. Ma quello che colpisce è la natura carceraria di un ordinamento che dovrebbe anche dare forza, sostanza e credibilità alle misure alternative al carcere, non la cancellazione della pena ma la sua esecuzione al di fuori degli istituti penitenziari. Sono migliaia i\le detenuti\e per piccoli reati, per colpe che potrebbero essere espiate con gli arresti domiciliari, prestando lavoro a titolo gratuito o con il ricorso alle comunità.

 

Potrebbero esserci anche dei lavoratori socialmente utili destinati a disoccupati di lunghissimo corso, emarginati, ex detenuti ed ex tossici, lavori anche di poche ore alla settimana, per farlo sarebbe necessaria una volontà politica ben diversa da quella della Lega e del Mov 5 Stelle, le statistiche inducono a riflettere e parlano, in caso di lavoro, di ex detenuti che solo in minima parte tornano a delinquere.

Non è questione di sensibilità o umanità ma un calcolo meramente politico ed economico, nel Dlgs, sono scomparse le misure alternative alla pena perché si pensa di non investire più nel recupero degli emarginati, nel loro reintegro sociale. Le carceri italiane sono per lo piuù costituite da luoghi disumani e sovraffollati, carente e inadeguata è anche l’assistenza sanitaria dei detenuti, dentro e fuori il carcere.
La riforma in discussione è incentrata sugli istituti di pena, si rinuncia a costruire percorsi alternativi e al di fuori del carcere, si pensa a piani personalizzati di rieducazione del detenuto da cui poi dipenderanno anche eventuali permessi e la assegnazone a un istituto di pena piu’ vicino alla famiglia.

Tutto avverrà dentro i penitenziari, l’idea che si possa superare il carcere espiando altrove una pena non viene neppure concepito dall’attuale Governo, è questa la novità principale, siamo poi perplessi sulle misure che adotterano per favorire l’istruizione, l’affettività, la frequenza scolastica, imparare semplicemente un lavoro, socializzare con i detenuti facendo sport. Qualcuno obietterà che il carcere non è un albergo, ma la privazione della libertà non dovrebbe determinare l’ingresso in un girone infernale dentro la logica di Sorvegliare, punire e isolare. Non dovremmo precluderci l’idea che un detenuto possa cambiare vita, integrarsi e voglia farlo a partire da un istituto di pena umano e capace di gettare le basi di una nuova vita.

Ma se la riforma del Governo nasce e muore con gli istituti di pena, siamo in presenza di una sorta di ergastolo ostativo che non si traduce nella detenzione fino alla morte ma nella impossibilità di cambiare vita, di acquisire conoscenze, di attuare dei percorsi di recupero.

E gli istituti di pena, è bene ricordarlo, sono luoghi da sempre inadatti a immaginare un futuro diverso, disumanizzati, sovraffollati, luoghi di coercizione e di violenza che alimentano rabbia, disperazione e rassegnazione. L’esatto contrario di cio’ che serve per andare oltre alla necessità del carcere e per costruire percorsi reali di cambiamento e di integrazione.

Federico Giusti

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.49) 10 agosto 2018 17:56
    Ha perfettamente ragione, le carceri italiane non sono adeguate.
    Ma in questo paese, cosi come per i vaucher, anche dei percorsi alternativi al carcere si è largamente abusato. Con il risultato che anche chi aveva commesso crimini efferati ne ha beneficiato, magari continuando a delinquere.
    Ergo facciamo carceri dignitose ma poi, salvo casi rari, facciamo scontare una pena che , tra sconti, riduzioni e incompatibilità sanitarie sta diventando ridicola.

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