Riforma costituzionale: cosa cambia? L’elezione del Presidente della Repubblica e dei giudici della Corte costituzionale
Oggi la Costituzione prevede che per l’elezione del Presidente della Repubblica sia sufficiente, dopo il terzo scrutinio, la maggioranza assoluta. La validità di questo quorum è stata in parte vanificata da molto tempo, a cominciare dalla adozione delle leggi prevalentemente maggioritarie del 1993.
La legge di revisione costituzionale, invece, alza il quorum necessario per l’elezione del Presidente della Repubblica: dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’Assemblea e dal settimo è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti. In quest’ultimo caso, si tratta quindi di un quorum non “strutturale”, ossia non riferito ai componenti, ma ai votanti. In tutte le elezioni presidenziali precedenti, comunque, i votanti sono stati mediamente il 96,8% degli aventi diritto, a conferma di una tendenziale coincidenza tra il numero dei votanti e il numero degli aventi diritto. Con la riforma costituzionale l’opposizione e le minoranze parlamentari, dunque, diventano determinanti per l’elezione presidenziale non facendo di fatto abbassare il quorum con la loro partecipazione, a meno che tale abbassamento non sia voluto dalle stesse (o almeno da una parte di queste) quale conseguenza di un accordo politico più ampio.
Ammesso e non concesso che rimanga l’Italicum, che assegna al vincitore il 54% dei seggi, cioè 340 deputati, per eleggere il Presidente della Repubblica dal settimo scrutinio in poi occorrerà, come si è detto, la maggioranza dei 3/5 dei votanti, aggiungendo a questi ultimi, stando larghi, 55 senatori (ottimisticamente tutti riconducibili al partito di maggioranza) si arriverebbe a 395 voti.
Anche in tal caso, dunque, la maggioranza (sempre che sia compatta nelle votazioni a scrutinio segreto) avrebbe molti meno voti dei 438 richiesti per eleggere il Presidente della Repubblica.
Il discorso non cambia per i giudici della Corte costituzionale di derivazione parlamentare (tre eletti dalla Camera dei deputati e due dal Senato). Per valorizzare la scelta dei giudici costituzionali da parte del nuovo Senato, nella legge di revisione costituzionale non si affida la loro elezione al Parlamento in seduta comune, perché, altrimenti, i cento voti dei senatori sarebbero annacquati dai 630 deputati. Per l’elezione dei cinque giudici la maggioranza richiesta è almeno del 60% dei componenti, cioè 378 alla Camera dei deputati e 60 al Senato.
Occorre, però, tenere presente che qualsiasi innalzamento dei quorum per l’elezione degli organi di garanzia costituzionale può essere vanificato, se si consente l’adozione di una legge elettorale (ordinaria) iper-maggioritaria, che assegna al vincitore il 60% dei seggi.
Per evitare che possa rimanere per quasi dieci anni in vigore una legge contenente norme incostituzionali (come il cosiddetto Porcellum), la riforma costituzionale – si vedano gli articoli 73, secondo comma, e 134, ultimo comma – prevede una nuova forma di controllo preventivo di costituzionalità sulle leggi elettorali da parte della Corte costituzionale, cioè prima della loro promulgazione. La richiesta alla Corte costituzionale può essere avanzata da una minoranza di parlamentari: un quarto dei deputati o un terzo dei senatori; e tale richiesta, se prevarranno i Sì alla riforma, sarà possibile anche nei confronti dell’Italicum. La riforma prevede che la Corte costituzionale si pronunci entro il termine di trenta giorni, e che la legge non possa essere promulgata in caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale.
Perché sull’importanza del controllo preventivo di costituzionalità delle leggi elettorali si dibatte poco? La risposta più plausibile è questa: si vuole concentrare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’inesistente “combinato disposto” tra legge di revisione costituzionale e legge elettorale, per non discutere in modo approfondito i contenuti della riforma costituzionale. Eppure, come si è detto, il controllo preventivo di costituzionalità sulle leggi elettorali, che non pregiudica ma si aggiunge a quello successivo sempre ad opera della Corte costituzionale, rafforza il sistema delle garanzie costituzionali e democratiche. E penso che questo interessi tutti i cittadini, indipendentemente dal loro orientamento politico.
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