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Rien ne va plus. Il banco vince, lo Stato perde

di Nello BALZANO

In un articolo del 1 agosto del Fatto Quotidiano – un’interessante intervista sul tema delle slot machines – si diceva che nel gioco d’azzardo legalizzato, il banco vince sempre quindi lo Stato che lo organizza in tutte le sue sfaccettature è di conseguenza il vincitore.

Tutto ciò sarebbe vero se valesse di più il facile populismo di uno Stato che in un’autonomia dispotica decidesse le sorti di un popolo, piuttosto che l’affermazione – che sento mia – “lo Stato siamo noi”.

Perché se è più vera la seconda opzione, personalmente non mi sento vincitore di niente nel campo del gioco d’azzardo. Non certo perché frequenti quell’ambiente da giocatore, ma per i risvolti che esso comporta nella nostra società: miliardi di euro che ruotano nel sistema locali pubblici trasformati in piccoli CASINO’. Con un solo scopo: creare facili introiti per un pozzo senza fondo.

Tutti ricordiamo come venivano all’inizio utilizzate le infernali macchinette nei bar, ti giocavi l’equivalente di un caffè, per conquistare un buono per una colazione completa, da lì il passo per trasformare illecitamente la vincita in contanti è stato breve, la malavita organizzata aveva creato un’altra attività redditizia. In un Paese normale la reazione sarebbe dovuta essere stata quella di eliminare le infernali macchinette mangiasoldi, invece si è copiato il sistema e si è legalizzato.

Oggi è un metodo che con le percentuali fornite, permette ai gestori delle piccole attività di sbarcare il lunario, di attirare i clienti. E’ normale vedere il pensionato che cambia il suo misero reddito in monete da inserire nella slot ed in modo compulsivo giocarsi tutto, giornate ad inseguire dove può essere la macchinetta che ancora non ha dato la vincita, nella pia illusione di far crescere la misera somma che ha nel portafoglio. L’assurdo è che quel pensionato è lo stesso che si reca dai Servizi Sociali del suo comune per chiedere aiuto, è lo stesso che cerca di combattere la “ludopatia” nelle strutture pubbliche delle ASL, è lo stesso che distrugge la serenità di una vita familiare.

Verrebbe da dire: “il cane che si morde la coda”, ma non è così perché mentre gli amministratori locali denunciano questo problema, dall’altra parte lo Stato centrale taglia i fondi per il sociale: sembra quasi che non ci sia alternativa, che il danno sia fatto e che ormai bisogna rassegnarsi, pensare di fermare questa piaga, per qualcuno può rappresentare un grave danno economico, che non si può sostituire con altre ricette, insomma una sorta di tassa occulta che non può essere sostituita.

Ora la cosa più semplice da dire, che si dovrebbe immaginare, è che se venisse eliminato il gioco d’azzardo, i miliardi che ruotano nel suo interno e non solo, dovrebbero rientrare nel ciclo economico normale, in ciò che viene comunemente definito consumo interno, quindi ti dovresti aspettare che il sistema imprenditoriale italiano sollevi il problema e indichi rotte alternative, ma tutto ciò non può succedere perché tutte le aziende che ruotano nel gioco d’azzardo legalizzato, sono associati di Confindustria: quale associazione si permetterebbe di mettere in discussione uno dei suoi maggiori contribuenti?

Insomma: contraddizioni su contraddizioni, tutto creato ad arte per impedirne la modificazione e in tutto questo che ci rimette siamo noi, il famoso Stato al quale dovremmo sentirci orgogliosi di appartenere, ma che sentiamo distante che consideriamo altro rispetto alla nostra etica e moralità…

E allora: Rien ne va plus, les jeux sont faits! (nulla è più valido, i giochi sono ormai fatti!)

Questo articolo è stato pubblicato qui

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