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Ricordare Borsellino, Falcone e gli agenti dello loro scorte

Manifestare, agire, raccontare sono momenti essenziali nei quali, oltre a ricordare, si pone la necessità di rivedere e riesaminare la storia contro la disciplina del silenzio o della dissimulazione.

A parte qualche slancio giornalistico, si veda ad esempio il caso di Repubblica sulla riapertura dell’indagine sulla strage di via D’Amelio, resta ancora profondo il silenzio sulle iniziative, che si registrano a Palermo ed in Sicilia, per ricordare l’opera e la figura dei due magistrati, uccisi dalla mafia nel 1992. Silenzi, ritardi, depistaggi forse, e questo è quanto sta appurando la Procura della Repubblica di Caltanissetta, vengono oggi evidenziati con forza dal fratello di Paolo Borsellino e da tutte quelle persone scese in piazza a manifestare e denunciare le discrasie di alcuni apparati dello Stato, che in quegli anni avrebbero delegittimato l’azione giudiziaria e le inchieste del pool antimafia palermitano. Adesso i giudici nisseni riaprono le indagini sulle stragi dell’autostrada Pa-Tp e di via D’Amelio, con le quali la mafia dilaniò il più efficiente pool investigativo antimafia d’Italia, massacrando le vite di uomini valorosi e fieri di essere rappresentanti e tutori di una Nazione orgogliosa della sua democrazia, anche se contaminata dal malaffare politico-economico imperante, contro cui proprio quei giudici e poliziotti coraggiosi stavano lottando.

 

Adesso non serve scrivere fiumi di parole su ciò che essi hanno fatto, rappresentato ed inciso nella storia contemporanea d’Italia, ma bastano poche righe per levare alto un sentimento di rispetto verso il ricordo di Falcone e Borsellino e gli uomini delle loro scorte e per chiedere con tutte le forze, che si ponga fine ai balletti sulle responsabilità e sugli esecutori, affinchè sia fatta piena luce sui veri mandanti di quelle stragi e su tutti coloro, che ancora nascondono la verità sullo stragismo e sulla strategia della tensione iniziata alla fine degli anni ’60 e mai, forse, terminata, consentendosi così di avviare un reale processo di liberazione dalle maglie dell’oppressione mafiosa.

E’ necessario liberarsi dai politici corrotti, dai dirigenti incancreniti dal denaro, dai funzionari contaminati e disonesti, dagli imbonitori mediatici che manipolano le verità e fanno falsa informazione.

La mafia è un sistema e come tale ha saputo rafforzarsi, insinuandosi non solo nei rapporti economici e politici, ma persino nei rapporti etico-culturali e nell’agire quotidiano del singolo e dei gruppi.

La mafia non è stata mai sconfitta e pertanto la battaglia deve continuare senza sosta, a qualunque livello della società e dei suoi organismi. Liberare lo Stato, le Regioni e gli Enti locali dalle sue tenaglie, liberare il lavoro dalle sue imposizioni, liberare l’uomo dai suoi condizionamenti. E’ un’operazione ardua, ma necessaria per riaffermare il Diritto, l’Equità, la Tolleranza, l’Uguaglianza del cittadino nel rapporto paritario con lo Stato, al quale egli deve potere dare una forma attuale e funzionale, senza essere travolto dal "sistema".

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