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Referendum Trivelle: nessuno deve sapere?

Il 17 aprile saremo chiamati ad esprimerci su un referendum in merito ad un tema che riguarda il rapporto tra cittadini ed ambiente. Si tratta di porre un limite di tempo alle trivellazioni in mare, impedire cioè che le multinazionali possano estrarre idrocarburi all’infinito. Il referendum promosso dalle regioni come la Puglia, la Basilicata, la Calabria, che hanno deciso di puntare sulla salvaguardia dei mari e delle coste, sta passando in sordina e si ha la sensazione netta che lo si voglia invalidare puntando sull’astensionismo.

Non c’è stato fin’ora nessun dibattito per esprimere in modo chiaro le ragioni del  e del No. Si continua invece a fare terrorismo psicologico adducendo il pretesto che verranno meno i posti di lavoro, ed in questo momento di crisi nera, si tocca un nervo scoperto che riguarda quanti ogni giorno devono fare i conti con la mancanza di prospettive. Sfogliando i giornali invece si colgono bene le ragioni di un governo, entrato a gamba tesa sulle motivazioni del “No”. Lo si evince dando una scorsa ai giornali, dove Scaroni, sul Corriere della Sera, invita l’Italia in Libia, a puntare sulla Tripolitania. Sappiamo benissimo degli interessi dell’Eni sul territorio libico, e tale intimidazione la dice lunga su quali interessi ci siano in gioco.

Oggi le compagnie petrolifere con quegli aggeggi meccanici e quattro soldi di concessione pagata, vogliono depredare l’unica risorsa sulla quale il sud può puntare: il mare. Per difendere quindi le multinazionali si continuano ad adottare tecniche sorpassate, come trivellare i mari, invece di puntare sulle energie rinnovabili. Quanti nuovi posti ci sarebbero se si andasse in tale direzione? Nessuno che si pronunci, poiché il dibattito in merito a tali questioni non è mai nato. Dobbiamo accontentarci di pochi minuti nei TG, dove ci dicono in fretta e furia il perché del si e del no, evitando di spiegare come votare al referendum.

Il questito referendario recita testualmente: «Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?»

Voterà Si chi è d’accordo, No chi è a favore della proroga della concessione.

Non si ha neanche l’onestà intellettuale di rifarsi alla convenzione di Parigi sul clima, in cui gli stati di tutto il mondo si sono impegnati per ridurre le emissioni di anidride carbonica, a causa della quale il clima che sta subendo cambiamenti di natura epocale. Ovvio che per raffinare e trasportare gli idrocarburi l’inquinamento sale e con l’inquinamento anche il livello della temperatura, con tutto quello che ne consegue. Dei politici accorti dovrebbero capire che procedendo di questo passo, avranno determinato la ricchezza dei plutocrati a danno dell’esistenza sul pianeta, un pianeta divenuto un malato in coma. Sul clima da difendere si è pronunciato anche il Papa, ma a quanto pare le sue parole cadono nel vuoto difronte ad interessi che stritolano la vita delle persone, ed arricchiscono i forzieri degli sfruttatori all’assalto di territori di mari da impoverire. Mari che, da quando insistono le trivelle, condannao i pescatori a tirare i remi in barca. Tanto che importa se poi il pescato dobbiamo importarlo, ed arriva sulle nostre tavole imbalsamato? in questo caso non si tratta di posti di lavoro che si perdono e disoccupazione che cresce?

Antonella Policastrese

Questo articolo è stato pubblicato qui

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