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Recessione a nostra insaputa

Giorni addietro, quei cattivoni di JPMorgan hanno pubblicato le stime di crescita del Pil dei paesi di Eurolandia. Un caveat: non si tratta delle Tavole della Legge ma del risultato prodotto da un modello econometrico. I numeri indicati corrispondono inoltre allo scenario centrale, e l’incertezza ad essi associata cresce all’aumentare dell’orizzontetemporale coperto dalla previsione. Tutto ciò premesso (grassetto corsivo incluso), ad evitare che la crassa ignoranza in materia economica provochi levate di ditino indagatore e censore, proviamo a leggere quanto prevede la banca statunitense.

In primo luogo, balza all’occhio il profondo downgrade delle prospettive di crescita: nel 2012 Eurolandia è attesa contrarsi dello 0,5 per cento, a fronte di una precedente previsione di crescita dello 0,9 per cento. Le condizioni su cui è costruito questo scenario le conosciamo: brusca frenata congiunturale in giro per il mondo, esacerbata in Europa dalla stretta fiscale “necessaria” a conseguire il pareggio di bilancio. Una delle maggiori operazioni pro-cicliche che si ricorderanno nei libri di storia economica.

A livello di singoli paesi, balza all’occhio la profonda depressione della Grecia (meno 5,9 per cento di variazione del Pil nel 2012) e la contrazione del Portogallo. E pensate che, nella stima precedente, la Grecia nel 2012 era accreditata di una modesta crescita. Dopo questi due paesi, indovinate chi soffrirà di più il prossimo anno? E’ l’Italia, con meno 1,2 per cento di Pil. Il tutto in un contesto in cui la stessa Germania resterà inchiodata poco sopra lo zero.

Osservando poi le stime per singoli trimestri (pannello centrale della figura), balza all’occhio la miserrima condizione italiana: il nostro paese entrerà in recessione già nel terzo trimestre del 2011 (quello appena terminato), e continuerà ad inanellare dati deprimenti per i successivi quattro trimestri. Secondo convenzione americana, le variazioni di Pil sono espresse in termini di variazione trimestrale annualizzata, oltre che (ovviamente) destagionalizzata. Nel secondo trimestre 2012 dovremmo contrarci al passo annualizzato del 2,5 per cento.

Nel pannello in basso della figura è indicata la misura della stretta fiscale applicata da ogni paese, misurata in termini di variazione del saldo primario strutturale, cioè corretto per il ciclo economico. Il nostro paese è atteso correggere poco nel 2011, mentre la stretta maggiore arriverà nel 2012, pari a ben il 2,4 per cento di saldo primario. Il tutto in un anno in cui dovremmo vedere all’opera gli effetti del venir meno degli stimoli espansivi americani, oltre che della forte stretta fiscale attuata dagli europei. Di qui la natura perversamente ciclica di quanto sta accadendo in Europa, in termini di ferite auto-inflitte.

Quanto è la crescita potenziale di Pil del nostro paese? Alcuni analisti ipotizzano un intorno dell’1 per cento. Questo è (o dovrebbe essere) il passo di crescita che mantiene invariato il tasso di disoccupazione, ceteris paribus ed in primissima approssimazione. Domanda retorica: secondo voi, con una decrescita di Pil, l’occupazione come evolve? E soprattutto, pensate davvero che con una contrazione di Pil che dovrebbe protrarsi per quattro trimestri, il pareggio di bilancio verrà raggiunto? E che accadrà quando si apriranno nuovi buchi di bilancio? Alzeremo ancora l’Iva o taglieremo le agevolazioni fiscali oltre i tagli lineari attesi in caso di fallimento (altamente probabile) del ddl delega sul fisco?

Nelle prossime settimane avremo la pubblicazione delle previsioni aggiornate realizzate da OcseFMIBanca d’ItaliaConfindustria. Se la traiettoria è questa, la crescita da prefisso telefonico attesa per il 2012 diverrà una chimera. Buon ultimo, nell’adeguare le stime, verrà il nostro MEF ed il suo titolare. E’ auspicabile che, in quel momento, nessuno scriva che il nostro paese è entrato in recessione “a nostra insaputa”.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.168) 28 settembre 2011 14:07
    Damiano Mazzotti

    Questa è anche un conflitto finanziario che dipende dal potere mediatico anglosassone e delle grandi banche d’affari americane che finanziano i politici e i media...

    Stanno cercando di buttare in terra l’Europa, prima che cada l’America, ma non hanno capito che così cadranno entrambe e poi il potere sarà in mano alla Cina e l’India...

    Se Europa e America non troveranno il modo di portare avanti progetti comuni e di rifondare gli assetti finanziari, l’Occidente dovrà sopportare un breve ma massacrante nuovo medioevo..

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