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 Home page > Attualità > Cultura > Ramzi Aburedwan. Note di pace a Napoli

Ramzi Aburedwan. Note di pace a Napoli

A Gaza si comincia a respirare. Dopo la fragile tregua dei giorni scorsi, la gente torna ad affacciarsi nelle strade, sempre con molta cautela, specie dopo le parole del premier israeliano Olmert che sottolineano come la tregua con Hamas sia molto fragile.
 
A Napoli però, stasera succede qualcosa di importante; un ambasciatore di pace è sbarcato nella città partenopea per portare note di pace.
 
Alle 21 (ingresso libero), Ramzi Aburedwan (bouzouki e viola) sarà alla Sala Newton di Città della Scienza, per un concerto in quartetto - organizzato da SudArte - oltre che per creare un punto di raccolta a Napoli di strumenti musicali da inviare alla sua scuola di Ramallah. Con lui sul palco, Edwin Burger (accordion), Maryoujeries Qumseya (percussioni) e il tunisino Ziad Benyoussef (oud). In scaletta, brani tradizionali palestinesi, classici della musica araba e estratti dei sui quattro album: "Si Seulement" (2008), "Oyoun Al Kalaam" (2007), "Nous aimons la vie" (2004) e "Dal’ouna" (2002).
 
Chi è Ramzi Aburedwan, chiederete voi? Ramzi è stato un’icona dell’Intifada, è il bambino della foto (1987), una foto che ha fatto il giro del mondo, e che è stata simbolo di una guerra che sembra non trovare mai fine. "All’età di otto anni, mentre rientravo da scuola, ho sentito uno sparo e ho visto un mio amico accasciarsi a terra. Istintivamente - continua Ramzi - ho raccolto una pietra da terra e l’ho scagliata contro il soldato israeliano che aveva sparato. Un fotografo che era presente ha ripreso quel gesto e la foto ha fatto il giro del mondo. Da quel momento ho lanciato pietre contro i soldati ogni volta che ne vedevo uno: questo era tutto ciò che potevo fare, non vedevo altre soluzioni. Quando avevo 11 anni mi hanno sparato ferendomi ad un braccio durante un’incursione militare nel campo profughi di Al Amari.."

 
Ma Ramzi ha scelto un’altra strada. Non quella della lotta cruenta, delle armi e delle pietre, non più, bensì quella della musica, del violino. Ma quando sei bambino queste cose non le sai: "Non è facile essere un bambino palestinese. L’infanzia e l’adolescenza ti vengono rubate, sei sottomesso alla violenza israeliana e sei immerso nel mondo brutale della guerra. Quando ero piccolo pensavo che vi fossero guerre in tutti i paesi, e che quella fosse la condizione di tutti i bambini del mondo. Poi ho conosciuto l’Europa e ho capito che dovevo diffondere lo studio della musica all’interno della nostra società, per dare ai nostri bambini nuovi strumenti espressivi. È importante dare l’opportunità ai bambini di prendere parte alla costruzione del futuro culturale della Palestina. È il miglior modo di conservare la nostra identità!"
 
Dopo l’adolescenza a Ramallah, nel campo profughi di Al Amari, grazie a un workshop finanziato dal consolato francese di Gerusalemme, si ritrova con la sua viola al conservatorio di Angers. Nel 1999 entra a far parte della West-Eastern Divan Orchestra fondata da Daniel Barenboim e Edward Said.
 
Oggi Ramzi è un musicista affermato ("La musica ha incrociato la mia vita per caso, mi ha permesso di evolveremi, insegnandomi il rigore e la perseveranza e stimolando la mia creatività") e apprezzato che ha fondato una scuola di musica nel centro storico di Ramallah e, con l’ensemble Dal’Ouna, porta in giro per il mondo la tradizione musicale araba. Inoltre, è il fondatore di Al Kamandjati, un’organizzazione no-profit franco-palestinese che si occupa della creazione e della gestione di scuole di musica per i bambini che vivono nei campi profughi.
 
Fino ad aprile, poi, sarà visitabile sempre a Città della Scienza (gratuitamente il giorno del concerto dalle 19.00 alle 20.30) la mostra "Il Violinista-Al Kamandjati", realizzata dall’Osservatorio Euromediterraneo e del Mar Nero, in collaborazione con l’assessorato alla Pace e Immigrazione della Provincia di Napoli

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