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Rampini, la Cina globalizzata e la seconda guerra fredda

“La seconda guerra fredda” è l’ultimo saggio molto razionale, chiarificatore e densodi Federico Rampini, che analizza gli ultimi sviluppi delle relazioni economiche e politiche tra Stati Uniti e Cina, raccontando anche alcuni aneddoti molto gustosi e significativi (Mondadori, 224 pagine, euro 19).

 

Il famoso giornalista italo-americano esordisce affermando che la globalizzazione non è un fenomeno irreversibile: “Forse è più ragionevole dire che entriamo in un capitolo diverso della globalizzazione, con più barriere visibili o invisibili”. Indubbiamente i governanti cinesi “hanno sfoderato talento e determinazione, furbizia e cinismo; ci hanno battuti al nostro stesso gioco talvolta barando” (anche bloccando sul nascere colossi come Google, Amazon e Uber).

Anche i flussi turistici sono cambiati: “tra il 2017 e il 2018 il numero di visitatori cinesi negli Stati Uniti è sceso del 10 per cento, oltre duecentomila in meno. Calano anche le iscrizioni di studenti cinesi nelle università americane” (ci sono più difficoltà ad ottenere i visti). Gli amministratori delegati di molte multinazionali ora ammettono che essere andati in Cina è stata un’arma a doppio taglio: “con le leggi capestro imposte da Pechino (per esempio l’obbligo di prendere un socio locale), le multinazionali occidentali hanno “allevato” quelle concorrenti che in seguito hanno divorato quelle di mercato. Fino a qualche anno fa il gioco valeva la candela, perché il saccheggio di know how [tecnologie e brevetti] aveva come contropartita l’accesso a un miliardo di consumatori” (p. 21). Ma ora i prodotti locali sono diventati molto meno costosi e più appetibili.

L’attuale leader Xi Jinping, ha eliminato molti avversari con accuse e condanne per corruzione, ha fatto cambiare la Costituzione iscrivendoci il suo nome, e “ha fatto abrogare ogni limite al suo mandato” (p. 15). Comunque “la Cina è una specie di Israele al multiplo… videocamere e vigilanza 24 ore su 24. Un popolo intero, gli uiguri di religione islamica, è stata la cavia di un gigantesco esperimento di vigilanza digitale: passaporti sequestrati, Internet sigillato, mappatura biometrica e genetica su milioni di persone nella vastissima provincia turcomanna dello Xinjiang… Ma il Grande Fratello si estende ben oltre lo Xinjiang musulmano. Oltre al Tibet c’è pure la Mongolia interna, ultima entrata fra le regioni cui il giornalista o il diplomatico straniero non hanno accesso, salvo ottenere visti speciali. Un terzo del territorio cinese è off-limits per molti di noi” (p. 12).

Anche al giornalista americano Nicholas Kristof, del “New York Times”, è stato negato il visto dalla Cina, e “come lui, sono colpiti regolarmente tanti sinologi: o scrivono cose gradite a Pechino, oppure il regime gli nega l’accesso al paese” (p. 14). Alcuni diplomatici canadesi sono stati addirittura arrestati come forma di vendetta indiretta “legata al caso Huawei”.

Oramai risulta molto chiaro che il sovranismo cinese vuole allontanare gli Stati Uniti dall’Asia e dai mari intorno alla Cina, per trasformare tutta la zona nel “cortile di casa” e per avviare una nuova versione dell’Impero Celeste, appropriandosi della sfera di influenza sul continente economico più in crescita. Per Xi, gli Stati Uniti sono una potenza che sta vivendo una fase di declino inevitabile. I governanti americani dovrebbero prendere atto della situazione e rassegnarsi a lasciare lo spazio da co-protagonista alla Cina e al suo sovranismo cibernetico, anche perché il grande progresso di una nazione non porta per forza di cose al regresso a medio o a lungo termine delle altre nazioni.

 

Federico Rampini ha la doppia cittadinanza, opera come corrispondente della “Repubblica” da New York ed è membro del Council on Foreign Relations. Ha insegnato alle università di Berkeley, Shanghai e alla Sda-Bocconi. Ha scritto molti saggi (ad esempio: “La trappola dell’austerity”, 2014, http://www.agoravox.it/Rampini-e-la-trappola-dell.html; “Il tradimento. Globalizzazione e immigrazione”, Mondadori, 2016, http://www.agoravox.it/Rampini-estremo-Immigrazione.html).

 

Nota italiana e non solo italiana – In Italia i baroni universitari invidiano gli accademici italiani che hanno avuto successo all’estero e al loro rientro cercano di tenerli ai margini di tutto. Invece Pechino, ai cervelli di ritorno dagli Stati Uniti, offre molto denaro e molto potere e gli ex espatriati “hanno posti di comando alla guida di interi dipartimenti universitari e centri di ricerca” (p. 48). Quindi a livello scientifico la meritocrazia cinese potrebbe risultare pari, o forse superiore, anche alla meritocrazia esistente negli Stati Uniti e nel Regno Unito, più o meno condizionata dai finanziamenti privati, spesso limitati (Pechino ha assegnato finanziamenti pubblici ai laboratori e alle ricerche sull’Intelligenza Artificiale che ammontano a più di due miliardi di dollari, p. 77).

Nota americana e non solo americana – “Una grande forza dell’America è la rete di amicizie: ha 60 paesi alleati nel mondo, la Cina ha la Corea del Nord”. Non si può “agire da soli spaccando il fronte dei propri alleati” (Task Force Report, https://asiasociety.org/new-york, p. 25 e p. 26). La Cina non ha aperto le frontiere come era nei patti di ingresso nella World Trade Organization (WTO); ha imposto per prima dazi più alti di quelli varati da Trump; ha usato i sussidi pubblici in maniera massiccia; ha svalutato la propria moneta; ha disseminato il mondo di spie industriali e non (discorso di Mike Pence presso lo Hudson Institute; per info: https://www.hudson.org/events). 

Nota cinese e non solo cinese – I governanti cinese organizzano “una civiltà che antepone l’interesse collettivo, il bene della comunità, ai desideri degli individui” (p. 224). L’Europa, gli Stati Uniti e tutto l’Occidente hanno creato un clima forse più opprimente, fondato sull’individualismo troppo estremizzato. Comunque “lo stesso Dalai Lama ha riconosciuto i benefici del progresso materiale con cui i cinesi hanno sollevato il suo Tibet da una miseria medievale” (p. 16). In effetti come diceva un saggio cinese: “Il meglio del meglio non è vincere cento battaglie su cento, bensì sottomettere il nemico senza combattere” (Sun Tzu, L’arte della guerra, www.sunzi.it, p. 19).

Nota storica – Le antiche vie della seta terrestri e marittime arricchirono tutti i paesi coinvolti. Negli ultimi cinquecento anni, su 16 casi in cui “l’ascesa di una grande nazione ha minacciato la posizione della potenza dominante”, ben 12 si sono conclusi con una guerra (Graham Tillett Allison, politologo americano, citato a p. 30, https://twitter.com/grahamtallison). Tutti gli Stati hanno bisogno di tutto per far funzionare le loro aziende: le terre rare, il litio, il petrolio, ecc. Ma “se non si conoscono i piani dei signori vicini, non si possono stringere alleanze” (Sun Tzu, p. 93).

Nota mista – La Russia si sta avviando sulla stessa strada del sovranismo cibernetico della Cina. I governanti bancari dell’Europa e degli Stati Uniti hanno programmato uno strano suicidio finanziario occidentale a fuoco lento, poiché i loro tassi zero stanno convogliando quasi tutti i grandi capitali in Asia. Per chi volesse approfondire le varie questioni nei prossimi mesi può visionare anche questi due siti di carattere internazionale: https://www.notiziegeopolitiche.net, http://www.primo-itn.eu (Power and Region in a Multipolar Order). Per approfondire il punto di vista di uno studioso indipendente: http://www.agoravox.it/Fagan-l-Impero-Americano-e-il.html

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