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Rai vs Sky: per il Tar la Rai non poteva oscurare i canali

La Rai non era legittimata a oscurare i canali

Dopo tre anni di attesa arriva la sentenza sulla delibera dell'Agcom che autorizzava la Rai a criptare alcuni dei proprio programmi alla tv satellitare. L'autorità per le comunicazioni aveva infatti ritenuto accettabile la decisione della tv pubblica a impedire la visione di parte del suo palinsesto agli utenti che ricevevano attraverso il decoder Sky.

Il tribunale amministrativo del Lazio ha sentenziato che l'attuazione di tale provvedimento non solo è lesiva del servizio pubblico violando il contratto che lo regola, ma crea anche una situazione di squilibrio di mercato avvantagiando attraverso finanziamenti statali un operatore rispetto agli altri "è destinata a risolversi in un vantaggio patrimoniale apprezzabile nei confronti non soltanto di Tivù… ma anche nei confronti degli operatori televisivi che l’hanno costituita insieme a Rai (Rti e Telecom Italia)".

La situazione paradossale che si era venuta a creare era, infatti, che l'unica piattaforma che era autorizzata a trasmettere in chiaro era TivùSat (società appunto di proprietà condivisa da Rai, Mediaset e in minor parte da Telecom), costringendo gli utenti che avevano già comprato un decoder Sky a raddoppiare la spesa e quindi a incrementare le entrate anche della diretta concorrente di viale Mazzini; inoltre nello stesso contratto la Rai era obbligata a favorire la diffusione di TivùSat, per tanto l'opinione dei giudici è stata che "costituisce un aiuto di Stato illegittimo… e integra un elemento di alterazione della parità di condizioni del mercato concorrenziale televisivo a favore di alcuni operatori privati attraverso l’impiego di risorse pubbliche, introducendo una misura che, benché inserita in un quadro di misure volte a garantire la piena fruibilità del servizio pubblico televisivo, favorisce anche attività commerciali private che nulla hanno a che vedere con il servizio pubblico".

E qui viene da chiedersi se non ci sia stato un forte conflitto di interessi, visto che al governo c'era il proprietario della società avvantagiata, tra l'atro inspiegabile l'operato di chi doveva garantire vigilanza e che si è girato dall'altra parte, mentre non solo venivano regalati i soldi e i contenuti della tv pubblica, ma venivano anche favoriti alcuni soggetti privati a scapito di altri.

Fortunatamente grazie alla denuncia congiunta e all'impugnazione della delibera da parte di Sky e di Altroconsumo, una delle associazioni consumatori più importanti in Italia, dopo "soli" tre anni si è ristabilita una situazione di legalità come ordinato:

"Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

-) accoglie il ricorso principale nei limiti e secondo quanto sopra indicato e, per l’effetto, annulla la delibera dell'AGCOM n. 732/09/CONS del 16.12.2009;

-) dichiara irricevibile il primo atto per motivi aggiunti;

-) accoglie in parte il secondo atto per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla l’art. 22 comma 3 del contratto di servizio 2010/2012 e, in parte qua, il relativo decreto ministeriale di approvazione.

Compensa spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Viene però da chiedersi chi pagherà i danni economici derivati da un'azione lesiva sia ai cittadini, sia alle società private, perpetrata tra l'altro da un ente pubblico sotto la supervisione di un ente di controllo che pare davvero troppo politicizzato.

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