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Ragazzi violenti: è solo bullismo?

Negli Stati Uniti da decenni è considerato “normale” detenere armi di vario tipo. Le più desiderate e richieste però, sono da sempre le pistole. In forma un po’ minore, i fucili. Fra senso amatoriale dell’oggetto e reminescenze da Far West, si calcola che un americano su due, detiene un’arma da sparo. Acquistarne una, risulta particolarmente semplice. Si entra in uno dei tanti negozi presenti negli States, si sceglie l’oggetto del desiderio, si paga, si esce dal negozio, punto.

Nessuna licenza viene richiesta. Età minima per l’acquisto: sedici anni. Ovvio che questa familiarità e possibilità a reperire un’arma anche in fasce d’età giovanissime, ha reso dilaganti eventi delittuosi che poi, per una strana contraddizione delle cose, fanno rigirare insonni nel letto persino gli stessi cittadini statunitensi. Insomma, se si volesse realisticamente arginare il fenomeno dei tanti omicidi, carneficine alla Colombine ed infanticidi da bullismo epocale, qualcosa si potrebbe fare. Magari iniziando a regolamentare l’acquisto delle armi. Ma non accade.

Forse perché in America rimane forte il senso della protezione della proprietà, che comunque va poi a debordare in una fitta rete di atti delinquenziali. In Italia, la situazione è totalmente opposta. Per poter detenere un’arma, è necessario sottoporre domanda di porto d’armi, che peraltro distingue tre tipologie differenti: porto d’armi per sport, uso venatorio e difesa personale. I primi due vengono rilasciati dalla Questura; l’ultimo, quello per difesa personale, solo ed esclusivamente, ed a discrezione della Prefettura, in caso si sia sottoposti a gravi minacce per motivi professionali i personali. Insomma, non è facile come bere un bicchiere d’acqua. Fortunatamente.

Ma siamo nell’epoca dello scontro, dell’autodifesa, della protezione fatta di ronde, che un po’, diciamolo, ricordano le bande di quartiere. Siamo il prodotto di abitudini statunitensi che a volte giungono a noi dopo un bel po’ di anni. Siamo gli spettatori, specialmente nell’ultima manciata di tempo, di film, telefilm e sequel, tutti incredibilmente ambientati fra gli ambienti polizieschi o, in netta contrapposizione, delle organizzazioni malavitose. I giovani osservano. Guardano. Seguono. Apprendono, a volte non esattamente la parte migliore di ciò che viene proposto a livello mediatico.

Ecco apparire anche in Italia, episodi di bullismo che rasentano sempre più spesso una tendenza ampiamente vicina all’aggressione delinquenziale. Lame di coltello prima celate alla vista, ora appese come orpello alla cinta dei pantaloni. In bella vista. Quasi un cartello a dichiarare: “Attenzione: qui può correre il sangue”.



Ed il sangue corre fra globuli troppo giovani forse, per comprendere il criterio fra il bene ed il male. Necessità di apparire o di esistere? Di prevaricare oppure omologarsi? Di imitare messaggi mal metabolizzati o tendenza tutta della nostra epoca, atta a creare nuovi mostri, perché di mostri sempre più è pieno il contenitore mediatico dei nostri giorni?

Comunque sia, a colpi di coltello, finiscono vite sul nascere. Per un’occhiata in più. Un berretto rubato. Un colore di pelle diverso. Ragioni inesistenti che mietono vittime. Sempre più giovani. Un turbinare di violenza contrabbandata per forza e mai percepita per ciò che è. Rimane nella realtà un’enorme fragilità e paura di esistere. A dodici anni è presto per morire e per uccidere. Ma i figli di questa epoca, stanno crescendo col mito dell’arroganza. Dell’omologazione ai grandi, che non sono rappresentati più da modelli coerenti alla decenza, bensì presi dagli armadi ove si celano scheletri sempre più reali. Delinquenti che divengono miti. Sicurezza sbandierata dietro la cortina della prevaricazione. Le piccole bande di un tempo, sparavano “bang” con la bocca.

Al più, pallini di plastica, che al massimo, facevano saltare e poi ridere. Oggi la realtà deve prendere il posto del gioco che diviene perverso quando ci si rende conto che i nostri giovani hanno l’animo ormai vecchio e stanco di chi ha vissuto già un’esistenza intera, e non ha più nulla da perdere. Negli States le statistiche della violenza minorile salgono quanto i nuovi baby-delinquenti Italiani. Si tende sempre a ricercare colpe. In seno alla famiglia. Alla Società. Agli ambienti frequentati. Ma a mio parere, quando un fenomeno diviene di massa, bisognerebbe scandagliare altre aree. Ad esempio i messaggi che sembrano creati per gli adulti, che nella realtà spesso non reagiscono coi fatti agli eventi ma che trovano pronte le orecchie e le menti di chi forse, con la mente più aperta e pronta ad assorbire, rischia di non essere poi in grado di metabolizzare per il giusto verso le immagini ricevute.

Il divieto si sa, fa scaturire il sottobosco. E nell’oscurità diviene più difficile controllare gli eventi. Ma trovare una soluzione a questa tendenza violenta dei nostri giovani è un dovere ed un diritto di tutti.

Pensiamoci. Prima che le nostre cronache siano inondate di stragi per mano di bambini votati alla violenza.

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