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Radici Fil di Pistoia: 137 cassintegrati nella seconda azienda di Prato

foto di Alessandro Pagni
 
Per arrivare alla Radici Fil Pistoia si attraversano campi seminati a striscioni. Fermiamo la macchina e continuiamo a piedi per quella che è una strada privata, la stessa che porta allo stabilimento. Una delle scritte che ci accolgono davanti allo stabile recita "E pensare che per uscire dalla crisi c’è chi dice che si deve lavorare di più!".

Siamo davanti allo stabile, ci presentiamo, e veniamo accolti calorosamente, da vera voglia di condividere e parlare. Capire e far capire. Davanti ai nostri occhi alcune delle 137 persone che hanno appena perso il lavoro, in virtù di una cassa integrazione prevista, e di una chiusura dell’azienda nemmeno sospettata.



"Il 27 di aprile ci hanno fatto vedere uno studio di settore, alcuni dati allarmanti sul bilancio dell’azienda in generale e sulle prospettive della produzione di questo tipo di filo. Sostengono che la produzione pistoiese è superiore alla domanda, al consumo, per cui risultava necessario chiudere il sito di Pistoia"

La Radici Fil Pistoia, che produce filo poliammide 66, aveva già preso accordi con i sindacati e con alcuni rappresentanti dei dipendenti, presso il Ministero del Lavoro, richiedendo una Cassa Integrazione Straordinaria per "crisi aziendale per evento improvviso ed imprevisto, a partire dal 1 marzo 2009 per 12 mesi" procedendo "alla collocazione dei lavoratori in CIGS secondo una rotazione programmata che riguarda tutto l’organico in forza". Le linee di intervento previste in tale accordo delineavano futuri interventi in ricerca e sviluppo, nuovi investimenti, diversificazione del personale tramite nuova formazione, riorganizzazione dell’area commerciale.

Ciò che è accaduto è ben differente.

"E’ stata confermata la Cassa Integrazione per crisi il gennaio scorso, tuttavia hanno rinnovato i contratti in scadenza a febbraio e ad aprile. Inoltre negli ultimi due anni sono stati acquistati materiali ed attrezzature per 4 milioni di euro."


Con tali presupposti difficile presagire una chiusura, anche perchè i dipendenti ci raccontano come fino a pochissimi giorni prima dell’annuncio il lavoro procedesse serrato, su quasi tutte le linee disponibili.

A marzo, dicono, è stato prodotto 1 milione di Kg di filo, ed è stato tutto venduto.
La produzione di Aprile giace in magazzino (si parla di circa 4 milioni di euro di materiale già ordinato e 350mila euro di materiale da imballare), ed alimenta forti dubbi.


Se la produzione è andata avanti, ci sarà stata una domanda, per cui risulta quantomeno difficile capire dove sia il plausibile motivo di una chiusura.


I dubbi aumentano quando osservando una comunicazione del 20 marzo 2009 apparsa sul sito della Radici Fil stessa, si parla di un notevole giro di affari (950 milioni di euro nel solo 2008), si elogia la produzione e l’importanza a livello nazionale ed internazionale del gruppo, presentando tutti gli stabilimenti ed omettendo il sito di Pistoia. Chiamare in causa il caso sarebbe offensivo.
Come se non bastasse i dati parlano chiaro, e nonostante la crisi, nonostante il gruppo Radici abbia data per scontata la morte economica del filo 66 (quello prodotto a Pistoia), la concorrenza investe milioni di euro sullo stesso tipo di produzione.

In molti si stanno interessando alla vicenda dei 137 lavoratori Radici Fil, tra di loro sono sfilati molti politici, Vannino Chiti e Dario Franceschini, ad esempio, si sono attivati per mettere il parlamento a conoscenza della situazione, tuttavia fino ad oggi rimane l’amarezza di una decisione presa sulle loro spalle, apparentemente senza motivo, e un dubbio che vale il resto della vita lavorativa.

Il reimpiego di questa manodopera, altamente qualificata ("siamo gli unici in Italia a produrre questo tipo di filo, il 66. Siamo tra i più avanzati anche a livello internazionale"), appare difficile, come ai loro occhi sembra improbabile un dietrofront del gruppo Radici.

La stessa azienda, nella riunione dell’annuncio di chiusura del 27 aprile scorso, comunicò gli sforzi di aver provato a vendere lo stabilimento con trattative di mesi, senza giungere, purtroppo, a una compravendita.

137 persone per alcuni di voi, che leggete, potranno sembrare poche.
Nel nord specialmente sono molte le industrie che possono contare questo numero di dipendenti.

A Pistoia no, la Radici Fil è la seconda azienda come numero di dipendenti.
Chiudere questo stabilimento significa togliere una fonte di reddito sicura a 137 famiglie, peggiorarne o azzerarne il reddito e la possibilità di spesa, danneggiando in maniera incontrovertibile tutta la popolazione cittadina. Se una persona non guadagna, deve rivedere il proprio stile di vita, ridimensionando la sua stessa spesa, andando così ad incidere inevitabilmente su altre persone, su altri lavoratori, che si parli di alimentari, edicolanti, negozi in generale o grandi distribuzioni.

La crisi, insegna la storia, si risolve dando alle persone la capacità di acquisto, non negandola.

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