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Quito: Rafael Correa riconfermato in Ecuador

Per il Presidente uscente è il terzo mandato. L'opposizione di centro-destra guidata dal banchiere Guillermo Lazo si ferma al 24%  

Ieri l’Ecuador ha scelto nel segno della continuità: chiamati alle urne per scegliere il nuovo Presidente della Repubblica, i cittadini elettori del paese sudamericano andino dal quale provengono molte badanti che in Italia si prendono cura dei nostri anziani, hanno riconfermato nella Suprema magistratura del Paese l’uscente Rafael Correa. Ben il 56% degli ecuadoregni hanno votato per lui. L’opposizione, già data per sfavorita, guidata dal banchiere Guillermo Lazo si è fermata al 24% dei suffragi e già in tarda serata lo sfidante del centro- destra ha riconosciuto la netta sconfitta.

In Ecuador, essendo quella Nazione una Repubblica Presidenziale, le Elezioni politiche generali e quelle Presidenziali coincidono. Rafael Correa, socialista, si è presentato a capo dell'Alleanza per la Pace, la Patria Attiva e Sovrana. Per la terza volta che l'economista laureatosi negli Stati Uniti d'America si trova a ricoprire la suprema carica ecuadoregna. Già gli ultimi sondaggi avevano dato la coalizione di cui Correa è il leader indiscusso nettamente in testa con il 49% dei favori, riservando poche "chance" all'opposizione di centro-destra guidata da Lazo. Il fatto è che, con Correa, l'Ecuador, terra di povertà ed emigrazione verso la più ricca Europa e verso gli Stati Uniti d'America, ha guadagnato una certa stabilità economica ed ha ripreso a crescere. Quando sette anni fa l'economista di formazione statunitense prese in mano la sua Patria la situazione era disastrosa: tra il 1995 ed il 2002 in Ecuador si moltiplicò per tre il numero dei poveri che da tre milioni passarono a nove; il Pil, invece, scadde addirittura del 31% pur essendo lo Stato sudamericano un grande esportatore di petrolio. Certamente in quegli anni anche fattori esterni contribuirono al collasso di quel Paese quali il crollo verticale del prezzo dell"Oro Nero" ma il ricorso incessante ai prestiti del Fondo Monetario Internazionale, che pretese politiche anti- sociali draconiane, portò l'Ecuador al default.

Correa riuscì a raddrizzare la barca anche sfidando apertamente, con le sue ricette socialiste, i grandi potentati economici. Quando si parla di grandi poteri in centro e sud America il pensiero non può non correre alle grandi multinazionali e finanziarie statunitensi che considerano il resto del "Nuovo Continente" un po' come il loro cortile di casa e riescono a determinare anche le politiche interne ed estere degli altri Stati grazie alla collaborazione di governi in buona parte corrotti. Correa ha avuto il grande merito agli occhi dei suoi connazionali di aver spezzato questa spirale mortale e di aver con forza, pur senza seguire sino in fondo le suggestioni rivoluzionarie del bolivariano Chavez del Venezuela o del comunista Fidel Castro di Cuba, proposto una via socialista allo sviluppo del suo Paese. Ha dato il la ad una profonda riforma dell'apparato statale e dell'economia ecuadoregna ispirata a criteri di maggior giustizia sociale. In pochi anni l'Ecuador è diventata la seconda economia più dinamica dell'America Latina dopo il Perù, mentre il Pil continua, sono dati del 2012, a crescere incessantemente. Per tutti questi motivi, considerato ormai che sia a Quito, l'incantevole capitale dall'architettura barocca coloniale, che a Guadalquivil si sta consolidando la crescita di una nuova e moderna borghesia ieri ben il 54% degli ecuadoregni non ha voluto cambiare assolutamente il timone della propria Nazione.

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