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Quelli che si applicano con zelo nel non applicare la legge 194

Se in Spagna la possibilità di abortire è stata drasticamente ristretta dalla nuova legge voluta dal Partito Popolare, in Italia le cose vanno solo leggermente meglio. La legge ha compiuto 35 anni e li porta anche abbastanza bene, ha scritto Mariella Gramaglia: non solo gli aborti sono stati dimezzati, ma:

“Abbiamo il tasso di abortività fra le minorenni più basso del mondo sviluppato (4,5 per mille) e, cosa ancor più straordinaria, la grande maggioranza arriva in ospedale con il consenso dei genitori, senza passare per il giudice tutelare”

 

Tuttavia, i tentativi di svuotarla dei suoi contenuti e di non applicarla compiutamente proseguono incessanti. E cominciano a suscitare preoccupazione anche all’estero.

A sollevare l’attenzione internazionale sullo stato dell’accesso all’interruzione di gravidanza è stato l’accoglimento, con tredici voti favorevoli e uno solo contrario, da parte del Comitato europeo dei diritti sociali, organismo del Consiglio d’Europa, di un reclamo collettivo presentato dalla Laiga (Associazione italiana di ginecologi per la l’applicazione della legge 194) e da Ippf En (International Planned Parenthood Federation — European Network), seguite dalle avvocate Marilisa D’Amico e Benedetta Liberali. Il Comitato, proprio alla vigilia dell’otto marzo, ha accolto il reclamo dichiarando che l’Italia “non applica in modo soddisfacente l’articolo 11 della Carta Sociale Europea”, perché non è in grado di “garantire l’effettivo esercizio del diritto di accesso delle donne ai trattamenti interruttivi della gravidanza”:

“Le autorità competenti non assicurano il diritto delle donne di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, alle condizioni previste dalla legge n. 194, e ciò si traduce in una violazione del loro diritto alla salute garantito e tutelato dalla Carta Sociale Europea”

Troppi obiettori di coscienza, è il succo del discorso

Immaginabili le reazioni. Secondo il periodico integralista Tempi l’assunto del Consiglio d’Europa, che l’obiezione di coscienza non può impedire la corretta applicazione della norma, sarebbe “un concetto liberticida” (la libertà delle donne non è evidentemente presa in considerazione, da quelle parti). Il quotidiano dei vescovi Avvenire, più sobriamente, ha scritto che "L’Italia è nel mirino delle lobby abortiste", dando ampio spazio al più forte braccio politico del Vaticano, il Nuovo Centrodestra. L’ex Family Day Eugenia Roccella ha definito il Comitato “un oscuro organismo con nessun valore di rappresentanza politica e democratica”. Mentre il ministero della Salute, guidato dalla sua collega di partito Beatrice Lorenzin, ha diramato un comunicato in cui sostiene che “il carico di lavori per i ginecologi non obiettori si è dimezzato passando da 3,3 aborti a settimana nel 1983 agli attuali 1,7”.

Proprio quel ministero che, stando a quanto ha scritto il Comitato, non ha saputo fornire “alcun dato né depositato alcuna documentazione che dimostri l’infondatezza delle allegazioni”, né ha saputo “smentire le informazioni fornite” da Ippf En. I numeri dati del ministero sono peraltro stati smentiti dalla stessa Laiga, che li ha definiti “falsati”: “Non è vero che pratichiamo 1,7 Ivg alla settimana perché ne facciamo almeno 10”. Del resto, a supervisionare la raccolta di tali dati è Assuntina Morresi, editorialista di Avvenire e consulente del ministero. Due donne, Lorenzin e Morresi, che non agiscono negli interessi delle stesse donne e che occupavano già gli stessi posti nel governo Letta: la presunta rottamazione le ha guarda caso risparmiate, nel nome delle larghe intese contro l’aborto da noi già denunciate qualche mese fa.

Per una Toscana che fa meritoriamente da apripista al ricorso non solo ospedaliero alla Ru486, c’è una realtà fatta di numerose altre regioni dove la necessità di abortire trova soltanto ostacoli nelle strutture pubbliche. Di ieri è la notizia della drammatica odissea di Valentina, abbandonata in bagno ad abortire da medici e infermieri obiettori. Quanti episodi del genere accadono ogni giorno in Italia senza che siano denunciati?

Sia la Laiga, sia l’Uaar hanno sostenuto la campagna Il buon medico non obietta: una situazione come quella attuale non è più giustificabile. Dubitiamo però che l’attuale staff del ministero della Salute abbia una qualche larvata intenzione di affrontarla. Preferiscono che tanti altri orrori continuino a compiersi in corsia.

Foto: Antonella Beccaria/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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